Il lavoro ibrido, da remoto e nomade, spinge le aziende ad adattarsi. La piattaforma Neuros è la proposta del vendor per supportarle
La pandemia ha cambiato le nostre vite. Sia nella sfera privata che in quella lavorativa. Perdita del posto di lavoro, riduzioni dello stipendio, dell’orario o delle responsabilità. Sono una minoranza i lavoratori usciti indenni dai contraccolpi professionali provocati dall’emergenza sanitaria. Ma anche tra questi una buona parte ha sperimentato e continua a praticare il lavoro da remoto. Un fenomeno sul quale continua a concentrarsi lo sforzo di buona parte dei vendor per cercare di leggere e interpretarne le implicazioni. La lente di Ivanti in particolare si posa sui cambiamenti nella domanda di servizi e di sicurezza da parte di lavoratori e IT alle prese con uno scenario in buona parte inedito.
I dati dello studio
Secondo quanto emerge dal sondaggio che ha coinvolto oltre 6000 esperti in nove paesi, Italia esclusa, sul tema “Il futuro del lavoro“ l’Everywhere Workplace – la domanda unita alla necessità di abilitare i propri collaboratori a operare da qualsiasi luogo in qualsiasi momento con qualsiasi device – è qui per rimanere. Il 42% degli intervistati dichiara di preferire un modello di lavoro ibrido e il 44% si considera un nomade digitale. Sette intervistati su dieci addirittura non baratterebbero la possibilità di lavorare con queste modalità neppure con una promozione. Con il 24% dei dipendenti intervistati che si dichiara pronto a dimettersi qualora fosse costretto a rientrare in ufficio, alimentando la Great Resignation dei mesi scorsi. Non c’è tuttavia chi non lamenti gli effetti negativi di questa cesura. Ad esempio sull’efficienza, erosa dalla mancanza di interazione con i colleghi. Il 70% delle donne operanti nell’IT – secondo quanto emerge dalla survey – lamenta effetti psicologici negativi. Molto più degli uomini, tra i quali solo il 30% lamenta ripercussioni. Per il 58% dei partecipanti tuttavia il lavoro da remoto ha impattato positivamente sul morale.
Fluidità della domanda
L’impatto del lavoro da remoto si fa sentire anche sulla domanda da parte dei collaboratori di servizi più adeguati alla mutata situazione di lavoro. Il 26% dei dipendenti richiede una modernizzazione del service desk. Di questi, il 32% degli intervistati fa parte del team IT. In prima linea ad affrontare le complessità introdotte dal lavoro ibrido per dare supporto agli utenti. «Sempre più il collaboratore, lavorando remotamente e/o con dinamiche di completa mobilità, non è più tanto disponibile all’attesa» osserva Marco Mozzi, EXM Sales Specialist per l’area Mediterranea di Ivanti. «Immaginate una persona a casa che riscontra un problema di connessione o che ha bisogno di un nuovo servizio – per esempio l’accesso a risorse condivise – o l’installazione di nuovo software. Le sue aspettative sono di formulare la richiesta e di ottenere immediatamente un risultato: problema risolto o richiesta presa in carico ed evasa. Aspettativa che ovviamente è propria anche dell’azienda. Fare in modo cioè – continua Mozzi – che i propri collaboratori godano di tutti gli strumenti utili alla loro produttività e che questo paradigma sia costantemente garantito nel tempo. «Ivanti indirizza queste tematiche attraverso Neurons, la nostra piattaforma in cloud che integra moduli e soluzioni per la gestione, la sicurezza e il coordinamento del servizio IT». IT, alleggerita da task spesso ripetitivi. «Si guadagna tempo, cresce in termini di efficacia il servizio e tutte le risorse IT possono essere meglio impiegate per la gestione di progetti evolutivi, sempre più orientati alla Digital Transformation e al supporto del business aziendale».