L’innovazione tecnologica delle università italiane, grazie al cloud e alle sue tecnologie abilitanti, deve aiutarle a diventare sempre più attori protagonisti dello sviluppo del Paese, modernizzandosi e facendo crescere al suo interno competenze e risorse
Quando, pensando alla crisi sanitaria e alla digitalizzazione si pensa alla scuola, viene facile abbinare le due cose con l’attivazione della didattica online. Ma questa è solo una parte del grande lavoro fatto dalle Università. Le conseguenze del periodo passato sono state un’attivazione, in tutti gli atenei, della didattica ibrida e degli strumenti tecnologici a supporto delle lezioni e degli esami. Oggi però, grazie alle tecnologie avanzate – il cloud come abilitatore delle applicazioni di intelligenza artificiale e del machine learning – le università possono compiere una potente accelerazione per trasformare digitalmente anche i loro servizi amministrativi.
Per riuscirci con efficacia però servono sia le tecnologie, sia le competenze. Ben inteso, non soltanto informatiche ma soprattutto quelle che permettono la giusta ed efficace sinergia tra tecnici e amministratori, per trovare le giuste soluzioni ai problemi attuali. Che sono quelli legati a uno snellimento dei lavori di routine all’interno delle università, a una maggiore trasparenza delle comunicazioni e a un’analisi dei dati e degli insight che permettano quei miglioramenti continui di cui ogni ente – il mondo accademico in particolare – ha così bisogno.
Il succo della discussione su L’accelerazione digitale dell’Università Italiana, chiave di volta per la ripresa del Paese, organizzato da Oracle coinvolgendo l’Università di Salerno e l’Università Roma Tre, è proprio la convinzione che il futuro dell’università italiana nascerà da un intreccio tra competenze e tecnologie e da una stretta collaborazione tra pubblico e privato, per dare una risposta alle esigenze concrete della macchina operativa accademica con soluzioni innovative, capaci di rendere gli atenei più efficienti e più attrattivi per gli studenti italiani e stranieri, oltre che pronti a sfruttare al meglio le opportunità del rilancio legate al Pnrr.
Per Vincenzo Loia, Magnifico Rettore dell’Università di Salerno, “è stato necessario affrontare e spesso inventare soluzioni per eventi non previsti: abbiamo così portato tutti i nostri corsi online – oltre 1.200 – e gestito più di 350.000 esami. Sono numeri che hanno fatto emergere la necessità di non fermarsi e vivere di emergenza, ma pianificare la nostra crescita digitale”.
Così l’università campana ha analizzato e identificato percorsi per un approfondimento strategico della piattaforma informatica, per programmare l’innovazione e la crescita, con un irrobustimento delle soluzioni tecnologiche a supporto di tutto l’ateneo.
La cosa incredibile, continua il rettore, è che “è successo in pochi mesi quello che normalmente si faceva in anni; ora le nostre priorità per il futuro sono dirette alla gestione delle iniziative che ruotano intorno al Pnrr”.
Per Paolo Atzeni, Prorettore dell’Università di Roma Tre, tuttavia, oltre al fattore tecnologico ce n’è un altro da considerare ed è quello che nasce dall’intreccio di competenze ed esigenze peculiari del settore universitario. “Necessario integrare le risorse informatiche e le risorse umane: mettere intorno a un tavolo gli utenti dei diversi servizi e uffici di ateneo, gli esperti IT interni e i fornitori per comporre insieme, con il contributo delle diverse competenze, la soluzione più corretta” commenta Atzeni.
Non basta per fare innovazione nelle università, semplicemente, affidarsi alla competenza del partner tecnologico o alle soluzioni del vendor; invece, è fondamentale chiedere al fornitore di dare un contributo di vera innovazione, che faccia crescere anche le competenze interne.