Il viaggio di Rai verso la data-driven company inizia dieci anni fa con la direzione generale di Luigi Gubitosi e continua fino alla virtualizzazione dell’operatività durante il lockdown. La crisi è stato un formidabile acceleratore.
«Nel primo periodo della digitalizzazione, efficienza e dematerializzazione erano le priorità» – spiega Massimo Rosso, direttore ICT di Rai radiotelevisione italiana. «Un’epoca che sembra lontana, dove bisognava creare la necessità secondo la logica, ancora più lontana nel tempo, di Carosello. Abbiamo completamente voltato pagina. Oggi, la supremazia è nelle mani di chi governa le piattaforme.
Ci rendiamo conto che gli algoritmi di queste piattaforme sociali sono sviluppati per costruire un racconto confermativo delle necessità di ciascuno. Se guardo un genere di film me ne verranno proposti altri simili e così via. Anche nel mondo delle idee, vale la stessa dinamica. È chiaro che questo meccanismo genera polarizzazione che si riflette anche nella società. Le “monadi” che non comunicano sono un problema sociale di cui dobbiamo occuparci. Sono convinto che la gestione del dato ci deve aiutare a generare una nuova idea di servizio pubblico, per rompere queste monadi».
«Per il futuro serve una nuova assunzione di responsabilità da parte degli uomini e delle donne dell’IT»
Il futuro deve essere costruito
«Lavorare sui dati è importantissimo, ma bisogna farlo con una logica nuova». Massimo Rosso fa riferimento a due esperienze che riguardano l’uso dell’intelligenza artificiale. «Il primo è il progetto AI to fight disinformation per costruire algoritmi in grado di favorire la coesione e non la frammentazione. Il secondo è il motore emozionale avanzato. «Da tempo facciamo sentiment analysis classica, mettendo in correlazione le conversazioni crossmediali degli italiani rispetto all’evento televisivo, scomponendole e analizzando i picchi negati e positivi. Oggi, stiamo andando oltre, per entrare nello stato d’animo dello spettatore che interagisce attraverso le piattaforme social».
Ci troviamo in un momento di transizione. «Non c’è nulla di prevedibile» – avverte Rosso. «Come nella lezione di Popper, il futuro deve essere costruito. Su cosa costruire e su come farlo, c’è ancora molto da discutere. La tecnologia non è mai neutra e porta sempre in maniera intrinseca gli obiettivi strategici di chi l’ha sviluppata. Se fin qui, abbiamo parlato dell’importanza dell’innovazione, credo che da oggi dovremo parlare dell’importanza della governance. Se non definiamo l‘obiettivo da raggiungere e soprattutto se non guidiamo anche il percorso, rischiamo di riempire le nostre aziende di tecnologia ma senza contribuire a migliorarle veramente. Dobbiamo partire dalle domande giuste e non dalle risposte. Governance significa direzione e controllo. Come CIO, siamo stati i garanti della continuità operativa delle nostre aziende durante la pandemia. Adesso, dobbiamo parlare di risultati e di KPI per misurarli, altrimenti sprecheremo energie e risorse senza la garanzia di aver contribuito a costruire un mondo migliore. E questo richiede anche una nuova assunzione di responsabilità da parte degli uomini e delle donne dell’IT».