Metodologie mirate, esperienza di settore, tecnologie ed interpretazione intelligente delle regolamentazioni per accompagnare la digitalizzazione del Life Science. Come migliorare i processi, portare innovazione e garantire la compliance in un settore critico, perché alla fine della catena del valore c’è un paziente
Abbracciare la trasformazione digitale è come scalare una montagna. Ne vale, e molto la pena, ma serve preparazione metodologica, tecnica, culturale e conoscenza dei rischi. Questo è ancora più veritiero se la digital transformation coinvolge le aziende del Life Science – come spiega Teresa Minero, founder & CEO di LifeBee – Digitalizing Life Sciences. «Il Life Science ha una peculiarità: in fondo alla catena del valore c’è un paziente che non può scegliere cosa acquistare, come in altri settori, ma deve poter accedere a quanto è necessario, per il proprio benessere e per la propria salute. Per questo, il farmaco, o lo strumento medicale, deve essere di qualità, efficace, sicuro e disponibile al momento giusto, a costi sostenibili». Anche se il Life Science ha molte delle caratteristiche comuni ad altri settori, esistono differenze determinate da leggi stringenti, pensate per tutelare il paziente. «Ci sono due tipi di approcci al fine di garantire la salute del paziente» – spiega Minero. «Il primo di tipo ispettivo è tipico del settore farmaceutico ed è sottoposto alla gestione da parte delle Agenzie Regolatorie, che analizzano e ispezionano ricerca, produzione e distribuzione dei farmaci. Il secondo è di tipo certificativo. Esistono standard ai quali le aziende devono adeguare i propri processi ed ai quali organismi terzi notificati forniscono attestazioni di rispondenza. Alcuni prodotti sono classificati sia come strumenti medicali sia come farmaci e devono sottostare a un approccio ispettivo e certificativo insieme. E ciò rende il tutto più complicato».
In aggiunta troviamo anche importanti differenze in termini di regolamentazioni per aree geografiche. Svolgere attività di ricerca, sviluppo, produzione e distribuzione, che coinvolgano diversi paesi, può risultare estremamente complesso. «Secondo i dati Farmindustria 2021, riferiti al 2020, l’Italia è leader in EU per la produzione di farmaci, con circa 34 miliardi di euro di produzione e un export pari a circa l’85%» – continua il CEO di LifeBee. «Normative non armonizzate a livello globale sono una delle complessità di un comparto che esporta in modo rilevante. Si pensi al requisito legato alla Serializzazione, ambito che conosciamo bene e nel quale siamo particolarmente attivi, e alle difficoltà generate da leggi diverse a cui sottostare per ogni paese, o quasi, verso il quale si esporta.
Modello sempre più pervasivo
Nel Life Science, come in molti altri settori, il 4.0 è partito dallo stabilimento. «In seguito – dichiara Teresa Minero – il 4.0 si è poi diffuso dalla ricerca alla distribuzione. Si pensi a quanto è stata fondamentale la digitalizzazione per lo sviluppo dei vaccini Covid-19. Una montagna scalata in tempi brevissimi, rispetto ai ‘classici’ 10-15 anni. «Dall’identificazione del virus alla prima vaccinazione di massa sono passati meno di 12 mesi» – puntualizza Minero. «Questo è avvenuto grazie soprattutto a ingenti investimenti che hanno permesso di svolgere le attività di ricerca e sviluppo in parallelo, ma anche grazie alla digitalizzazione. Enti regolatori, aziende e fornitori hanno collaborato per arrivare il prima possibile, ma la digitalizzazione è stata l’elemento chiave. Il digitale ha infatti permesso a centinaia di laboratori nel mondo di collaborare, creare modelli di virus e vaccini, grazie a intelligenza artificiale e machine learning, senza usare materiale biologico. Nella fase preclinica, le tecnologie abilitanti del 4.0 hanno consentito la realizzazione di modelli digitali che hanno permesso di predire l’efficacia dei vaccini, ancora in fase di sviluppo precoce. Digital Twin e Industrial IoT hanno fatto sì che stabilimenti in Europa e USA collaborassero e imparassero gli uni dagli altri, come mai prima era accaduto».
Ma non tutti i progetti sono paragonabili al vaccino per il Covid e non sono certo sempre disponibili tali investimenti. «Ogni azienda deve prima di tutto identificare l’obiettivo 4.0 da raggiungere (la propria vetta) più adatto alla propria realtà, in base a disponibilità economiche ed esigenze di business» – dichiara Minero. «La nostra metodologia, che permette di disegnare la roadmap di trasformazione digitale più adatta per ogni azienda, si basa su più direttrici. L’adeguatezza dell’infrastruttura digitale e applicativa aziendale è senz’altro la prima direttrice da analizzare. La seconda però considera anche i flussi informativi, quanto sono cartacei o digitali e “lean”. Segue poi l’eccellenza operativa che verifica la ‘bontà’ dei processi. La valutazione di quanto le nuove tecnologie abilitanti del 4.0 (cloud, realtà virtuale, advanced robotics, Iot, etc.) siano state adottate, per portare valore a ogni processo specifico, è chiave. L’ultima nella lista, ma fondamentale per il nostro settore, è la compliance regolatoria. Mandatorio individuare le giuste priorità e la giusta sequenza, considerando risorse disponibili, competenze, necessità di ottimizzare e migliorare processi operativi, manageriali e di conformità. Raggiunta con soddisfazione la prima vetta, proprio come uno scalatore giunto in cima a una montagna sente il desiderio di scalare una vetta ancora più alta, si avverte la necessità di andare oltre. E’ il miglioramento continuo. E si riparte».
Affiancare i clienti
«Quando interveniamo presso un cliente, iniziamo spesso da una prima fase consulenziale, che si concretizza nel disegno di una roadmap di digitalizzazione, sia essa strategica e pluriennale, o più concentrata in una area specifica (studio di fattibilità), se siamo chiamati a risolvere un problema più specifico» – spiega Teresa Minero. «In seguito, ed è questo uno dei nostri grandi valori aggiunti, siamo in grado di affiancare i clienti nell’esecuzione della trasformazione digitale. Scegliamo insieme con il cliente i migliori software disponibili sul mercato e innestiamo sulla sua infrastruttura progetti di digitalizzazione che portino valore». Per LifeBee, in aggiunta ai canonici servizi legati alla gestione di progetti digitali, fondamentali sono la cura nella migrazione e gestione dei dati, l’impatto sulle procedure operative e l’adeguata formazione degli utenti. «I processi – aggiunge Minero – devono risultare snelli, efficaci, efficienti. E soprattutto dobbiamo aiutare l’utente finale a continuare ad adattarli alle nuove esigenze. Il tutto in un graduale accompagnamento dell’utente verso la vetta finale. Vetta dalla quale può ricominciare a scalare verso la prossima meta». Il suggerimento di Minero è comunque quello di procedere a piccoli passi, portando in ogni fase del progetto, se possibile in settimane, e non mesi e anni, evidenza dei benefici. «Agiamo come una boutique che punta su qualità, attenzione al cliente e personalizzazione dei servizi» – dichiara Teresa Minero. «Oggi, sono più di 70 i nostri clienti, lavoriamo per multinazionali, ma anche per PMI attive in Italia e nel mondo. Ci occupiamo di digital transformation, con una costante tensione verso l’eccellenza operativa e la compliance e lo facciamo da 18 anni solo per il Life Science. Ci distinguiamo per passione, determinazione e attenzione al lato umano». In quanto parte del board direttivo globale e del comitato guida del Pharma 4.0 di ISPE, Teresa Minero ha anticipato che l’edizione 2021 della survey che analizza lo stato dell’arte della digitalizzazione e del 4.0 nel Pharma a livello globale si è appena conclusa.
Dall’edizione precedente della survey del 2020, che aveva ottenuto oltre 400 risposte a livello globale, era emerso come il Covid avesse accelerato in modo rilevante il processo di digitalizzazione. Molte, infatti, le iniziative 4.0 in fase di avvio (il 37%, in crescita dal 26% del 2019). Accanto a tutto questo, tante realtà con progetti pilota in corso (28%), ma altre che devono ancora partire e ancora meno (17%) con una azione sistematica verso il 4.0. A indicare come, non solo in Italia, si sia solo all’inizio del processo di trasformazione digitale verso il 4.0, almeno in questo settore, pur così determinante per la salute dei pazienti di tutto il mondo.