Nessuno vuole tornare al vapore. Nessuno vuole sventolare bandiere. Dobbiamo proteggere il futuro dal passato, non il contrario. Il nemico non è fuori, ma dentro di noi. Cambiare abitudini è sempre una scocciatura. L’abitudine ci frega sempre e ci impedisce di cogliere nuove opportunità. Nessuna trasformazione è a costo zero. Nessuno squilibrio dura per sempre. Tutto il resto dipende da noi.
Leggere il cambiamento come declino è un errore comune. Perché la crisi è sempre un momento di passaggio. Anche i conflitti aiutano a cambiare prospettiva su noi stessi e il mondo. Vale per chi governa, per chi lavora e per chi fa impresa. La parola chiave è cooperazione. Nel ribilanciamento di poteri, le democrazie più mature, anche se con qualche punto di PIL in meno, dovranno superare i particolarismi e costruire nuovi valori con una rinnovata attenzione all’utilizzo delle risorse fisiche e immateriali, come i dati che raccontano chi siamo e come gli algoritmi in grado di condizionare quello che facciamo.
Le previsioni di crescita da parte di analisti, FMI e OCSE promuovono l’Italia ma al tempo stesso ci inchiodano alla responsabilità delle scelte che faremo o non faremo. Per la prima volta, l’Italia non avrà più l’alibi di essere l’ultima della classe. L’Europa però deve recuperare la dimensione politica, perché la pura competizione non può essere il solo principio fondante di una comunità. Se lasciamo le cose così come sono, saremo destinati a commettere gli stessi errori. Non siamo alla fine della storia, ma all’inizio di un altro capitolo in cui la tecnologia disegnerà nuovi equilibri. ll 24 novembre 2021, il Governo italiano ha adottato il Programma Strategico Intelligenza Artificiale 2022-2024, elaborato congiuntamente dal Ministero dell’Università e della Ricerca, il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale. Il piano delinea la roadmap per promuovere la competitività del Paese tramite il rafforzamento a livello nazionale di competenze professionali e di ricerca nel campo dell’intelligenza artificiale. L’ecosistema italiano dell’AI è caratterizzato da quattro categorie di attori: la comunità scientifica, i centri di trasferimento tecnologico, i fornitori di tecnologie e soluzioni, gli utenti pubblici e privati come organizzazioni e aziende. Il comparto della ricerca italiana sull’AI registra però quattro punti di debolezza, che la strategia di Governo punta a mitigare: la frammentarietà del sistema della ricerca, la scarsa capacità di attrarre e trattenere i talenti, il divario significativo di genere e la limitata capacità brevettuale.
Secondo i dati dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, il mercato privato dell’intelligenza artificiale in Italia vale 300 milioni di euro, con un aumento del 15% rispetto al 2019 ma pari a circa solamente il 3% del mercato europeo. All’interno del mercato italiano, un controvalore di 230 milioni di euro (77%) è fornito ad aziende italiane, mentre i restanti 70 milioni di euro (23%) sono esportati verso aziende estere. Il mercato italiano delle soluzioni AI è ancora limitato e riflette il ritardo delle aziende nel processo di trasformazione digitale. I settori che mostrano la maggiore diffusione di progetti pienamente operativi sono il manifatturiero (22% del totale dei progetti avviati), il finance (16%) e le assicurazioni (10%). Tuttavia, il tasso di adozione di soluzioni AI da parte delle imprese italiane (35%) è inferiore rispetto alla media UE (43%). Gli alti costi di adozione e l’assenza di finanziamenti pubblici sono indicati come la principale barriera. E poiché l’AI è un fattore abilitante della crescita della produttività, questo ritardo potrebbe ripercuotersi negativamente sul PIL nel medio-lungo termine. L’Italia deve puntare sul rafforzamento della ricerca, migliorando il processo di trasferimento tecnologico e favorendo la creazione di imprese innovative. Ma senza ritorni al passato.