IoT e digital twin nella nuova era del product lifecycle management
La gestione del ciclo di vita del prodotto è un approccio strategico che, nel tempo, si è adattato a tecnologie e innovazioni tecniche. Lungi dal dipendere da una sola applicazione informatica, ciò che lo sottende è piuttosto il voler adottare una metodologia integrata, che sappia ottimizzare i flussi che interessano l’ideazione di un prodotto, per proseguire poi con il suo sviluppo, il lancio sul mercato e le fasi di postvendita.
In molti associano il PLM con il più classico PDM, il Product Data Management, ovvero la gestione dei dati di prodotto, uno strumento capace di raccogliere le informazioni relative ad un prodotto. «Pel capire in cosa consiste il passaggio tra un sistema PLM ad un PDM è necessario partire dalla definizione stessa dei due ambiti» ci dice Massimiliano Oddi, Partner di Hermes Reply. «Un sistema PDM è uno strumento che supporta determinate fasi di sviluppo di un prodotto, che si integra con i sistemi CAD, e quindi con il sistema di computer aided design utilizzati in un’azienda; è principalmente orientato alla gestione della documentazione tecnica, intesa come disegni, codici di anagrafica, distinte tecniche, e si inserisce in un ambito che è quello della progettazione di prodotto sviluppo commessa. Un sistema PLM, invece, è uno strumento di collaborazione, che consente di gestire l’intero ciclo di vita del prodotto anche in un’ottica di sostenibilità e di manifattura circolare, visto che queste sono le tendenze che ci accompagneranno per i prossimi anni, secondo anche le indicazioni del PNRR».
Il PLM utilizza un approccio olistico che attiva il coinvolgimento di tutte le funzioni aziendali. La sua parola chiave è “automazione di processi”. Quest’ultima, parte dalla fase di ideazione, passa attraverso la progettazione di un prodotto, la produzione e poi tutto quello che è la relativa manutenzione. «Si può prevedere il passaggio da un sistema PDM ad un sistema PLM quando è necessario implementare questo approccio olistico, qualcosa che di norma si vede nei progetti di trasformazione digitale con i nostri clienti».
Ma che tipologia di informazioni può dare un prodotto connesso, perché possono essere utili all’ottimizzazione sul ciclo di vita? «Il focus è sull’approccio end-to-end – prosegue Oddi. «Mi riferisco al poter trarre il massimo beneficio della connettività dei prodotti, da mettere a disposizione attraverso l’uso di abilitatori digitali, quale l’IoT, quindi l’Internet of things e quelle che sono le relative piattaforme di collezionamento dei dati». Ovviamente la composizione di tali dati è molteplice e variegata. Si tratta di informazioni che possono servire alle aziende che usano i sistemi PLM e che PLM vogliono estrarre da questi delle informazioni per compiere delle analisi. «Le analisi possono essere corroborate dagli algoritmi di machine learning e di artificial intelligence, anche se molto dipende dall’ambito di impiego di questi dispositivi. Si va dalla smart home per la domotica, agli smart building, gestione della robotica, automotive ma anche sanità e sorveglianza di sicurezza. Gli scenari di intervento sono davvero tanti. Basti pensare al mondo del food, dove le confezioni dei prodotti alimentari possono trasferire importanti informazioni sulla qualità del cibo e su tutti gli attori della filiera che hanno partecipato alla sua produzione.
L’integrazione di processo
L’integrazione ulteriore tra IoT e PLM è possibile attraverso un corretto disegno del landscape applicativo dell’azienda. Da questo vengono poi sottese le varie attività di implementazione di una soluzione di PLM che consente la circolarizzazione del flusso dei dati dell’ecosistema dell’azienda, che deve essere inteso comunque end-to-end.
«Per trarre il beneficio migliore dall’impiego di una piattaforma PLM è necessario cambiare anche l’approccio alla progettazione dei prodotti, ad esempio con l’uso di metodologie che fanno riferimento alla manifattura circolare e all’ingegneria dei sistemi, che se usate consentono di raggiungere davvero un alto grado di standardizzazione» prosegue Oddi.
Dal punto di vista tecnologico, l’integrazione sistemica più agevole possibile si esegue scegliendo una piattaforma di digital manufacturing a scaffale, che dispone dell’interfacciamento nativo con i vari asset core del landscape applicativo dell’azienda. In questo caso, Hermes Reply tramite la collaborazione con Dassault Systèmes, impiega la piattaforma 3D Experience, che consente l’integrazione nativa del PLM Enovia con i sistemi CAD dello stesso fornitore quale CATIA o Solidworks ed il sistema MES Delmia Apriso. Un concetto molto interessante è oggi quello di digital twin, che nel contesto del PLM assume un valore ancora maggiore. «Il gemello digitale è una replica di risorse fisiche rappresentate in uno spazio virtuale. Queste risorse possono essere di differenti tipologie: impianti, prodotti, processi, dispositivi. O anche persone e infrastrutture. I gemelli digitali vengono impiegati per differenti scopi. Nell’ambito manufacturing, ad esempio, per la simulazione di impianti o di linee di produzione e per la manutenzione predittiva. I digital twins, è bene ricordarlo, sono abilitatori digitali di industria 4.0, e insieme all’integrazione di altri abilitatori, quali la artificial intelligence, il machine learning, i big data, forniscono un grosso potenziale per le aziende che vogliono implementare un sistema PLM».
Come conferma Oddi, i gemelli digitali possono essere di due tipi. Il digital twins instance e il digital twins prototype. Questi sono gestiti attraverso un mezzo di ambiente denominato digital twins environment. Quindi chi si approccia alla volontà di costruire gemelli digitali, deve comunque considerare queste due tipologie di gemelli digitali e l’ambiente di gestione affinché l’abilitazione avvenga con successo.
Simulare il virtuale
Il digital twin non interessa solo lo sviluppo di prodotti, ma anche i processi produttivi. Ad esempio, la simulazione consente di ottimizzare i costi associati alle varie fasi di processo di manodopera, gestirne il disegno e programmare virtualmente le automazioni, nel caso in cui la linea ne abbia. «Ma si può andare oltre, simulando e ottimizzando l’ergonomia del posto di lavoro per gli operatori». Quindi le linee, gli impianti, gli asset e, nel tempo, anche i processi stessi di produzione hanno ricorsivamente aggiornamenti applicati che, se simulati con i digital twin, possono usufruire della possibilità di fare simulazione a costo zero, senza andare sul campo a fare layout fisici e impiegare risorse fisiche per le trials.
Non solo tecnologia ma persone. Quello che Oddi tiene a precisare è che «la tecnologia è abilitante, ma non è la soluzione. Le persone sono comunque l’asset più importante delle aziende. Quello che vediamo dal mercato, con le nostre esperienze diffuse di progetti e consulenza, è che molte aziende ci chiamano per fare revamp, quindi per ribaltare progetti di trasformazione digitale in ambito PLM. Questo avviene perché sono presenti nel personale, a differenti livelli organizzativi, delle resistenze nell’uso dello strumento. Spesso infatti si trascurano i temi dell’organization change management, ossia, non si abilita un pilastro dello sviluppo del personale che considera l’evoluzione dell’organizzazione, il coinvolgimento del personale, l’introduzione di nuovi ruoli, di nuove competenze, i piani di comunicazione interni ed esterni, efficaci. Quello che poi viene chiamato ingaggio, che è il fine per incentivare e responsabilizzare le persone». Ciò di cui c’è bisogno, per il Partner di Hermes Reply, è pensare all’introduzione di altre tipologie di competenze in azienda, affinché il combinato disposto funzioni correttamente. «Parliamo delle figure dei data scientist, che collaborano con gli esperti di prodotto per generare modelli di estrazione del valore dai dati collezionati per le aziende. Grazie alla nostra esperienza, noi di Hermes Reply possiamo supportare le aziende che vogliono intraprendere un percorso di gestione del ciclo di vita del prodotto, declinato anche in ambito manifattura circolare».
Il ruolo di Hermes Reply
Nel campo del PLM, Hermes Reply ha una value proposition che si articola in una soluzione end-to-end per il cliente. «C’è la possibilità di accompagnarlo dalla fase di assesment, all’implementazione, con persone, sistemi, strutture e processi per poter disegnare soluzioni funzionali a soddisfare le sue esigenze. E questo indipendentemente alla tipologia di industry alla quale appartiene. Nel caso dei sistemi PLM, ad esempio come accade per la piattaforma di Dassault Systèmes Enovia, possiamo fornire, nella fase di implementazione della tecnologia a valle della definizione di una business blue print, tutto quello che è il supporto sulla delivery tecnologica, per implementare il sistema in modo efficace ed efficiente all’interno delle aziende. E qui ci occupiamo dello sviluppo delle attività sulle quattro dimensioni, quindi organization change management, sviluppo del personale, ridefinizione e reingegnerizzazione dei processi, connettività con i sistemi e le infrastrutture dell’azienda. C’è poi un terzo blocco, che prevede il supporto alla manutenzione del sistema, quella che viene chiamata AMS, application maintanence system, con cui mettiamo a disposizione dei clienti il supporto e la manutenzione di prodotto al fine di garantire una continuità di esercizio in ottica di miglioramento continuo».