Salute e sicurezza in fabbrica e sul campo

Salute e sicurezza in fabbrica e sul campo

Le tavole rotonde di Data Manager inaugurano un nuovo filone di discussione con un primo, appassionante dialogo sulle tecnologie e le sfide implementative e culturali tra addetti ai lavori in ambito Health, Safety and Environment. Ne parliamo con Edison, Enel, Liquigas, Nozomi Networks, Orange Business Services Pirelli e Prysmian Group

VISUALIZZA LA REGISTRAZIONE DELLA TAVOLA ROTONDA

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Mentre sensori, intelligenza embedded, soluzioni cablate e wireless trasformano, attraverso i macchinari intelligenti e l’IoT, tutti i luoghi di produzione portando più efficienza, qualità e predittività nella produzione e favorendo approcci innovativi a problematiche come la manutenzione degli impianti, c’è un ambito spesso trascurato dalla pubblicistica dove le tecnologie hanno un ruolo non meno determinante. Parliamo della relazione tra l’operatore umano e il suo ambiente di lavoro, popolato da strumentazioni sempre più intelligenti e caratterizzato a volte da condizioni di rischio legate all’uso di sostanze pericolose, alla manovra di oggetti pesanti e voluminosi, o anche a condizioni geografiche e ambientali particolarmente estreme. Da un lato la tecnologia può aiutare con interfacce utente intuitive e in grado di dare un controllo assoluto sull’operatività degli impianti e dei singoli macchinari produttivi. Dall’altro fabbriche, acciaierie, cantieri, bacini di estrazione in territori desertici e oceanici, aeroporti e più in generale tutti i contesti a forte rischio lavorativo, oggi possono avvalersi di soluzioni software e hardware che aumentano la resilienza e la sicurezza degli impianti, consentendo al tempo stesso di gestire in modo smart l’organizzazione degli staff e monitorare lo stato di salute di chi opera in determinati ambienti o con determinati strumenti.

PROTEZIONE OPERATIVA

Tutto il comparto Health and Safety sta diventando un elemento essenziale nelle strategie delle aziende i cui livelli di produttività dipendono sia dal buon funzionamento di un sistema informatico o di un macchinario industriale, ma ancora di più dalla buona salute e dalla tutela dell’operatività del personale. Persino a livello regolamentare, normative come la nuova direttiva europea sulle macchine industriali connesse prescrivono opportuni approcci sia per quanto riguarda gli aspetti della “industrial confidentiality” sia per quanto riguarda la “safety” degli impianti.

La nostra tavola rotonda vuole mettere a confronto il mondo della domanda e dell’offerta delle soluzioni che aiutano a gestire l’operatività in chiave di protezione della salute delle persone coinvolte, curando per esempio aspetti come il distanziamento o la prossimità a punti di maggior rischio; utilizzando tecniche di monitoraggio remoto per misurare in qualsiasi momento la corretta postura e i parametri vitali di chi esegue lavori ad alto rischio; o fornendo agli operatori – tramite l’applicazione di concetti come la realtà virtuale o aumentata – costanti flussi informativi che aiutano a intervenire in modo più puntuale, evitando manovre sbagliate. Le statistiche degli incidenti sul lavoro in Italia rivelano una forte carenza culturale e forse anche una mancata attenzione a certe tematiche. La speranza è che da queste discussioni si possano trarre lezioni importanti, proprio a livello di specifici interventi e di soluzioni che attraverso la digitalizzazione e l’automazione aiutino a colmare certi gap. Anche in questa occasione, la discussione si è svolta in due momenti, con una prima fase più generale dedicata alla progettualità e all’organizzazione degli interventi in ambito Health & Safety. Quali situazioni di rischio vengono normalmente affrontate nei rispettivi luoghi di produzione o intervento? Quali sono le tecnologie adottate e con quali finalità? Nella seconda parte della tavola rotonda, gli interlocutori hanno affrontato le dinamiche dell’integrazione e implementazione di queste tecnologie, anche da un punto di vista del coordinamento e dell’organizzazione dei progetti e del rispetto delle normative vigenti.

PERSONE E IMPIANTI

Dal punto di vista di Orange Business Services il portafoglio di soluzioni H&S è ormai completamente inserito nell’offerta per l’Industria 4.0. Secondo Pier Giuseppe Dal Farra, IoT industry business expert, è naturale che sia così perché la trasformazione digitale impatta anche la funzione legata alla sicurezza delle persone e degli impianti. «Salute e sicurezza sul lavoro abbracciano ormai un ambito molto vasto, dove le strategie si declinano in presenza di materiali o attività di produzione pericolose, per esempio, quelle individuate dalla cosiddetta direttiva macchine» – spiega Dal Farra. «Ogni trasformazione porta con sé nuove opportunità e tante sfide da affrontare».

Dal Farra, che in una precedente esperienza ha rivestito il ruolo di chief operating officer di una multinazionale della robotica, sembra voler inquadrare il discorso nel contesto evolutivo della relazione uomo-macchina, in cui l’attenzione alla sicurezza cambia anche in funzione del diverso ruolo delle macchine. «In passato, il robot veniva in pratica segregato dall’operatore umano, con una sensoristica che ne bloccava il funzionamento quando l’essere umano superava la distanza di sicurezza». Oggi, si parla di cobot, robot collaborativi, che si muovono a fianco dell’operatore, con necessità completamente diverse. A queste sfide – secondo Dal Farra – si risponde con approcci e tecnologie di nuova generazione. «Là dove si tratta di supportare i lavoratori in zone geografiche remote o in ambienti di fabbrica isolati, la connettività wireless offre molte soluzioni, insieme agli algoritmi di tracciamento delle persone, visti ovviamente non in ottica di controllo. Realtà virtuale e realtà aumentata sono un altro importante veicolo di informazione sia a fini formativi o di supporto tecnico sia per il segnalamento di situazioni pericolose. Infine, la computer vision, che attraverso il riconoscimento di oggetti e schemi può aiutare a tenere sotto controllo situazioni che possono svilupparsi in modo pericoloso e agire quindi in chiave preventiva. Tutto questo – conclude Dal Farra – deve sempre essere inquadrato all’interno dei sistemi di regole adottate a livello nazionale e internazionale».

SICUREZZA PREVENTIVA

Marcello Butera, responsabile Health & Safety di Enel dichiara di ritrovarsi molto nelle linee introduttive tracciate dall’esperto IoT di Orange Business Services. «Enel è fortemente integrata in tutto il mondo e deve erogare servizi H&S molto omogenei a livello geografico e perfettamente integrati nella catena del valore. In molti casi, dobbiamo affrontare grandi interventi, per esempio di distruzione e riconversione, su siti non necessariamente estesi che coinvolgono centinaia di persone. All’estremo opposto, ci troviamo a intervenire in geografie remote, con pochi operatori che non possono accedere a una linea telefonica, in situazioni impervie che richiedono profili tecnologici importanti». Enel – come spiega Butera – a livello di supporto lavora molto con la realtà aumentata, una tematica ormai scontata in molti ambienti di produzione, ma per nulla banale nelle zone in cui si scontra con le questioni della connettività. «Ma esistono anche anime molto diversificate» – sottolinea Butera. «Si è parlato di robot collaborativi. La questione dell’incolumità è centrale in Enel. Una questione che si porta dietro immensi aspetti comportamentali e su cui siamo molto impegnati per costruire una cultura del lavoro che in Italia deve però ancora maturare. Attualmente, stiamo ragionando molto sui robot in quelle attività apparentemente povere, come la potatura del verde intorno ai tralicci dell’alta tensione».

Secondo Butera queste aree di intervento a bassa incidenza tecnologica sono paradossalmente quelle dove il confine tra un “near miss” e un evento fatale è ancora più labile, e la robotizzazione potrebbe essere la risposta più indicata. «Sugli impianti – continua il responsabile della Safety dell’operatore energetico – si deve ragionare in termini di sicurezza intrinseca, che lascia sempre una zona oscura di esposizione all’errore. Ma una cosa è la sicurezza intrinseca di una pompa ad alta pressione, tutt’altra quella di una rete di due milioni di chilometri da sorvegliare per i guasti». Butera conclude il suo primo intervento con un rimando a un tema particolarmente seguito dalle tavole rotonde di Data Manager. «La digitalizzazione porta con sé un tema che dovrebbe giocare un ruolo molto più importante. Le tecnologie oggi generano enormi volumi di dati che dovremmo studiare e utilizzare in ottica di sicurezza preventiva. In Enel, si parla di 430 milioni di ore di lavoro all’anno, con tutti gli elementi di variabilità che servirebbero per creare data lake sicuramente in grado di guidare le scelte in materia».

INTEGRAZIONE E ORGANIZZAZIONE

Se in Pirelli cambiano certe situazioni produttive, i canali di intervento sono molto simili a quelli discussi in questo primo giro di interventi. «Quello della predittività basata sui dati è un tema su cui stiamo ragionando molto – afferma Alberto Schiavon, che in Pirelli riveste il ruolo di Group Health and Safety manager. «La sicurezza per Pirelli è un valore immutabile, che va oltre qualsiasi priorità». Le azioni finalizzate a questo obiettivo – come spiega Schiavon – si muovono su tre direttrici. La prima, che maggiormente afferisce all’ambito delle nuove tecnologie, è il fattore umano, dove tutto l’aspetto dell’interazione uomo macchina è fondamentale. «Uno dei sottotemi che si innestano più frequentemente riguarda la percezione del rischio e la consapevolezza delle situazioni che richiedono che il rischio deve essere correttamente interpretato». La seconda direttrice riguarda le attuali logiche di integrazione e i nuovi rischi che ne possono derivare. «Sono appena uscito da una riunione dedicata proprio ai nuovi robot collaborativi, che sicuramente rientrano in questo discorso e per noi assumono una notevole valenza tecnica perché Pirelli costruisce da sola le macchine che producono pneumatici».

La terza direttrice di intervento è orientata sul piano organizzativo, verso il quale è facile ricondurre il tema dell’analisi procedurale e dei dati. «Pirelli – continua Schiavon – raccoglie qualcosa come 40mila segnalazioni H&S all’anno, considerando solo il puro evento e non tutte le condizioni al contorno. La gestione di queste informazioni sta mettendo a dura prova i manager H&S di sito e il passo successivo più naturale è l’adozione di algoritmi di intelligenza artificiaIe. Non bisogna mai dimenticare che quei 40mila eventi sono le lacrime e il sangue delle persone». Esistono evidentemente aspetti di compliance e occasioni di scontro con risvolti giuslavoristici e di privacy, che insieme possono mettere in forse certe tecnologie. E poi c’è la questione non trascurabile delle certificazioni. Ma determinate evoluzioni sono ormai considerate un ausilio indispensabile per gli attuali sistemi di sicurezza e devono rimanere in campo.

Leggi anche:  Business real-time, il dato entra in fabbrica

IL FATTORE UMANO

Antonio Traversi, corporate HSE & Real Estate director di Prysmian Group esordisce in modo provocatorio. «Consentitemi di cominciare dicendo che la tecnologia non serve. Sembra un controsenso: la tecnologia non serve se dietro non c’è un uomo che la utilizza. Noi crediamo che il grosso del lavoro ripetitivo possa essere fatto da un robot, da una macchina, ma è solo l’uomo che ne ha coscienza». La visione umanistica di Traversi si estende al problema della raccolta dei dati, che presume un intervento di tipo analitico governato dall’uomo. Il fattore umano però può essere anche perturbante. «Il collega di Pirelli parlava di percezione del rischio, tema tra i più rognosi» – commenta Traversi. «Tutti sappiamo che la legge ci dice di non correre in autostrada perché è pericoloso, ma la nostra percezione ci spinge a esagerare. Curare questo aspetto in una realtà multinazionale è un enorme problema perché i contesti normativi cambiano ma il rischio è sempre lo stesso». Secondo Traversi, più che inseguire le tecnologie più avanzate – cosa che peraltro Prysmian non smette di fare – il vero obiettivo è quindi usare la tecnologia per fornire alle persone un mezzo che rafforzi la singola percezione del rischio. «Possiamo dotare una macchina di un sistema a prova di stupido, ma ci sarà sempre chi cercherà di aggirarlo nella convinzione di poter lavorare meglio». Dal punto di vista strategico, l’H&S di Prysmian cerca di dare priorità a questo aspetto con tool di realtà aumentata, training e strumenti visuali e persino psicologici che aiutano le persone a essere sempre presenti a se stesse e a non trascurare il pericolo. Traversi esorta infine a non trascurare le strategie di sostenibilità ambientale, un altro aspetto difficile da definire che richiede grossi sforzi sul piano delle tecnologie e dei miglioramenti, sempre sotto il pieno controllo dell’uomo.

DIALOGO TRA IT E OT

In ottica rigorosamente 4.0, Nozomi Networks, con il suo country manager Sergio Leoni, riporta la discussione sul piano dell’integrazione tra cybersecurity e sicurezza di macchine e persone. Un dialogo – come sottolinea Leoni – che a volte risulta molto complesso per le differenze culturali tra responsabili IT e responsabili delle infrastrutture OT. «Nozomi Networks cerca di colmare questa lacuna dando visibilità a quello che succede dentro un impianto complesso, spesso multibrand. Senza questa percezione, non possiamo sapere quanto siamo esposti». La questione si complica quando i manager della sicurezza hanno a che fare con impianti di vecchia generazione e protocolli di comunicazione seriale. Leoni suggerisce di riportare il discorso al valore economico della continuità di un impianto industriale e ai costi enormi che anche un semplice blocco può comportare. «La tecnica può aiutarci – conclude l’esperto di Nozomi Networks – ma non dobbiamo trascurare l’aspetto organizzativo perché un evento di cybersecurity comporta un intervento immediato sulle macchine, ma nel mondo OT bisogna organizzare intere squadre di persone e i blocchi durano a lungo».

In una azienda come Liquigas – osserva subito Simone Cascioli, che nel suo ruolo di “guardiano” della sicurezza fisica riunisce anche gli aspetti della sostenibilità e dell’innovazione, la sfera del controllo si estende ben oltre i confini dei luoghi di produzione, abbracciando anche la profonda relazione con un mercato retail.  «Tra i clienti Liquigas – afferma infatti l’head of HSE Sustainability Innovation – c’è chi non è connesso alle reti del metano e chi non è dotato di riscaldamento elettrico e deve accedere ad altre forme di energia. Con la distribuzione di gas GPL e GNL arriviamo nelle case, con le autobotti che servono a riempire piccoli serbatoi o attraverso un patrimonio di 5 milioni di bombole tradizionali. Sicurezza e sostenibilità devono essere integrate nella strategia dell’azienda, perché proprio la conoscenza dei rischi – non solo nei nostri dipendenti, ma anche nei clienti finali – rappresenta un problema serio». Conscia dei pericoli di esplosione e crollo che un errato collegamento della risorsa energetica ai sistemi di alimentazione degli edifici può comportare, Liquigas concentra parte delle sue strategie nella ricerca di soluzioni, anche molto innovative, per integrare la sicurezza lungo tutta la filiera di imbottigliamento e distribuzione del gas. «Facciamo leva sull’innovazione dell’IoT per portare a bordo della sicurezza uno strumento tradizionale come la bombola, rendendola meglio identificabile e tracciabile» – spiega Cascioli. Utilizzando tag RFID e altri sistemi, Liquigas affronta anche la questione collaterale del ricorso a fornitori abusivi, un fenomeno che oltre a comportare un cospicuo danno economico, aumenta a dismisura i rischi di incidente. Un progetto di open innovation, condotto in collaborazione con un’università italiana, ha portato alla creazione di una speciale chiusura gestibile tramite app esclusivamente da operatori regolarmente abilitati. Questo innovativo tappo verrà applicato ai serbatoi dei clienti Liquigas che in tal modo non potranno più rivolgersi a “riempitori” abusivi.

Nella strategia, rientrano anche le pratiche legate all’erogazione di un servizio puntuale e di qualità, per esempio, attraverso l’uso di soluzioni di telemetria e smart metering. Durante i mesi di lockdown, Liquigas ha protetto gli addetti al trasporto del gas o delle bombole, incentivando nei clienti l’uso del pagamento elettronico per ridurre le occasioni di contatto. «Anche nella nostra organizzazione e nella popolazione dei clienti, le tematiche di sicurezza sono soprattutto tematiche culturali» – conclude Cascioli. «Oltre a migliorare i servizi e le attività operative, dobbiamo arrivare alle case dei dipendenti, dei clienti, degli appaltatori e portarli a condividere una certa consapevolezza».

INNOVAZIONE E SUPERVISIONE

Il primo giro di interventi si chiude con Maurizio Agosta, HR & ICT DivisionEnvironmental, Health & Safety, Quality manager di Edison che subito si rifà al provocatorio richiamo umanistico di Antonio TraversI di Prysmian. «Edison è molto cambiata. Non siamo più chimici ma elettrici, con una notevole componente di servizio di facility management erogata soprattutto verso clienti industriali e della pubblica amministrazione, tipicamente gli ospedali» – spiega Agosta. «C’è stata dunque la necessità di assorbire molte cose nuove, insieme agli strumenti digitali già in essere. E se sulla parte ambientale abbiamo fatto moltissimo, per salute e sicurezza c’è ancora molto lavoro. È vero – continua Agosta – che quello della consapevolezza del rischio è un mantra su cui stanno agendo tutte le organizzazioni importanti. Tuttavia, anche noi come manager ed esperti di H&SE dobbiamo entrare in una logica di pensiero ancora più innovativa. Partendo da una cultura industriale concreta e pragmatica, dobbiamo aprirci a un’innovazione più radicale non solo in termini di soluzioni e device, ma sul piano gestionale».

Leggi anche:  Storie di Cybersecurity

Facendo leva su una nuova struttura aziendale già destinata all’innovazione, Agosta ha coinvolto questo team nello studio di soluzioni in sette diversi ambiti d’azione per costruire una roadmap triennale di digitalizzazione legata alla sicurezza fisica. Agosta tocca poi un tema rimasto fino a questo momento un po’ sottotraccia. «Spesso deleghiamo certi aspetti ad aziende esterne, a persone che non dipendono direttamente da noi, e a cui affidiamo i rischi maggiori. Il tema è complesso perché comporta normative, difficoltà e vincoli difficili da superare». Senza contare la lotta contro una serie di tradizioni tecniche e normative da cui apparentemente non riusciamo a liberarci. «In Italia – esemplifica Agosta – esiste ancora la figura del “guardiano-diga”, un chiaro retaggio di incidenti molto gravi, che non ha più senso nell’attuale contesto tecnologico. Al tempo stesso, se il custode della diga oggi ci appare come una figura anacronistica, la sicurezza non può mai prescindere dall’uomo come supervisore ultimo».

RIUSO DELLE TECNOLOGIE

Il testimone passa nuovamente a Pier Giuseppe Dal Farra di Orange Business Services per la discussione sugli aspetti implementativi delle strategie finora delineate dai nostri interlocutori. Ci sono tre aspetti da prendere in considerazione, sempre con un occhio alle sinergie con altre implementazioni. «Il primo è la specificità dell’azienda stessa rispetto al settore di industria. Il secondo non può prescindere dall’area geografica, perché l’H&S si muove in un intreccio di leggi che fuori dall’UE possono essere disomogenee. Il terzo punto riguarda viceversa un approccio multinazionale che porti i proof of concept proposti a poter essere replicati a livello mondiale». In ambito IoT – sottolinea Dal Farra attraverso una serie di esempi – è importante fare leva sulle possibilità di riuso delle tecnologie già sperimentate in contesti diversi. «La realtà aumentata, utilizzata a supporto delle attività di manutenzione degli impianti, può essere facilmente ricalibrata per venire incontro alle esigenze della salute degli operatori. Lo stesso vale per il tracking, la computer vision, il condition-based monitoring applicato ai macchinari in fabbrica. Sorvegliare un motore mettendo in luce le condizioni che possono preludere un’avaria è importante anche dal punto di vista della sicurezza». Pur essendo generalmente d’accordo sull’importanza del fattore umano – secondo Dal Farra – le moderne applicazioni analitiche non possono trascurare la dimensione assunta dai data lake, che devono per forza far leva su strumenti di machine learning per generare vero valore.

REGOLE DI SICUREZZA

Chiamato in causa sulla questione del primato umano rispetto al dominio tecnologico, Antonio Traversi di Prysmian Group ribadisce anche nel contesto analitico la necessità di un’azione combinata che vede l’esperto umano incaricato di guidare gli strumenti artificiali verso le informazioni che contano. E Marcello Butera di Enel sembra concordare su questo punto. «L’esperto umano deve assumere una posizione diversa nella catena del valore. Forse, non saremo più alla base dei flussi, ma chi ha competenze di H&S e maintenance, chi ha la possibilità di capire quali tra migliaia di unità operative hanno un grado di rischio maggiore, grado che non si misura dal numero di incidenti, deve avere una funzione decisionale. In passato, avremmo chiesto all’esperto di controllare i risultati delle ispezioni. Oggi, questo esperto avrà una funzione, ma in posizione diversa».

In Enel, l’azione H&S subisce la tensione dovuta allo scontro tra esigenze e aspetti strategici ed è condizionata dalla ricerca di proof of concept capaci di corroborare la funzionalità anche delle soluzioni più innovative. «Siamo divisi perché potremmo decidere di sperimentare POC che hanno profili meno compatibili con le normative europee, ma di cui potremmo avere forte necessità in contesti come l’India o il Sud America, nelle zone meno metropolitane». Un altro elemento di tensione riguarda la voglia di sperimentare il più possibile e l’esigenza di rispettare gli obiettivi di un team votato in modo specifico a garantire la salute del lavoratore. «Non sono un uomo di innovazione, io sono contento solo se le persone si fanno meno male» – ribadisce Butera. «Sperimentare va benissimo, fa parte della crescita, ma di per sé non tutela la persona». L’esperimento che entra in rotta di collisione con il quadro normativo vigente in Europa – conclude Butera – finisce in genere per essere bloccato. «Possiamo rinunciare al principio della scalabilità a livello di Gruppo solo in casi puntuali o di particolare gravità. In Brasile, per esempio, dove la media degli infortuni è elevata e le normative consentono un certo grado di libertà, utilizziamo tecniche di computer vision e AI, tra l’altro – e qui torna un tema fondamentale – per proteggere personale reclutato per la maggior parte in outsourcing». Il vincolo normativo è del resto diventato un fattore molto condizionante dal punto di vista tecnologico. Secondo Butera, diventa complesso installare sulle linee i segnalatori di tensione che l’operatore tende a ignorare, perché la direttiva macchine vieta molti tipi di modifiche. «Quando mi confronto con i provider tecnologici, mi piace ricordare che noi siamo il loro primo bacino di intervento. Lo siamo anche nei confronti dei costruttori di macchine che possono e devono essere progettate in modo intrinsecamente sicuro» – conclude il responsabile Health & Safety di Enel.

LOGICHE DI SPERIMENTAZIONE

Anche Alberto Schiavon di Pirelli ritiene che la questione normativa rappresenti una sfida da affrontare in modo coordinato dagli utilizzatori e dai costruttori di macchine, ma avverte che queste alleanze richiedono molto tempo. «Pochi giorni fa – spiega Alberto Schiavon – mi sono trovato a discutere di computer vision associata ai comportamenti delle persone di fronte a una macchina. Attualmente, non esiste un concetto di sicurezza certificata su determinati sistemi». Sul piano delle strategie implementative – prosegue Schiavon – anche Pirelli agisce secondo logiche di sperimentazione di tecniche di controllo associate ad automazione. «Dal punto di vista del controllo del perimetro, ci sono situazioni critiche dove un controllo operativo esiste già. Penso però a spazi confinati dove le logiche di allertamento su determinate condizioni sarebbero una utile evoluzione del concetto di “man down”. Sulla tematica del tracking con il Covid ci siano confrontati spesso sul distanziamento, ma abbiamo trovato normative molto diverse». A proposito di normative, Antonio Traversi di Prysmian Group esprime di nuovo un parere controcorrente. «Prysmian ha 130 stabilimenti in 50 paesi del mondo. Le legislazioni si somigliano, ci sono quelle più o meno avanzate, quelle scopiazzate, quelle più severe da primi della classe, ma sono sempre meno le nazioni tolleranti o non allineate col resto del mondo. Il 95% dei Paesi in cui siamo presenti hanno direttive macchine e leggi sulle emissioni. Il problema sono i controlli e come interpretare queste leggi, ancora una volta, l’uomo è al centro».

Leggi anche:  Sviluppare un’efficace data governance nel settore manifatturiero

Secondo Traversi, Prysmian ha scelto di implementare strumenti in grado di indirizzare il personale verso il rispetto dei regolamenti di sicurezza, registrando una forte accelerazione in coincidenza con l’esplodere della pandemia. «Ci serviamo di soluzioni di realtà aumentata, facendo indossare i caschi a chi fa auditing insieme ai tecnici H&S che sono dall’altra parte del mondo. Poi utilizziamo sistemi esterni alle macchine, con sensori e altri componenti in grado di segnalare, bloccare e allertare le persone. Inoltre abbiamo cominciato a installare sensori e strumenti di metering capaci di fornire dati omogenei, soprattutto dove l’auditing richiede una certa uniformità: la speranza è riuscire a evitare errori di rilevazione e automatizzare i rilevamenti». Prysmian ha inoltre incrementato l’uso di tecnologie in ausilio al training e al lavoro di squadra, potenziando le tecnologie di videoconferenza già utilizzate con soluzioni visivamente più realistiche. «Abbiamo insomma cercato di dare socialità surrogata, che ci ha permesso di fare più cose e ottenere risultati più rapidamente. Il Covid e la nostra propensione al cambiamento hanno aiutato ad accelerare questa tendenza, che punta comunque tutto sul fattore umano» – conclude Traversi.

SICUREZZA E SOSTENIBILITÀ

Nell’esperienza di Nozomi Networks – come spiega Sergio Leoni – il fattore umano conta sempre molto, ma la tecnologia può dare una grossa mano proprio nella fase di implementazione dei progetti. L’attività commerciale di Nozomi Networks passa soprattutto attraverso la realizzazione di proof of concept che creano sempre un grande effetto sorpresa, rivelando ai clienti dettagli procedurali e aspetti del tutto ignoti.

«Le nostre valutazioni partono sempre da un accurato studio delle situazioni presenti e in questo senso l’emergenza Covid e la remotizzazione del lavoro hanno dato a tutti l’opportunità di avvicinarsi a impianti che in condizioni normali non possono essere visitati facilmente. Oggi, possiamo scaricare virtualmente sui nostri computer in Italia i dati generati da un impianto in Brasile» – sottolinea Leoni. «Dal punto di vista delle disponibilità e la distribuzione delle informazioni, la pandemia ha fatto da acceleratore». Questo può giocare un ruolo importante nella comprensione di certe problematiche perché ai fini della sicurezza l’integrazione dei dati relativi ai vari eventi e la possibilità di avere una vista unificata, sono fondamentali. Nel mondo industriale, la tendenza a utilizzare una varietà di fornitori tecnologici esterni complica parecchio il quadro della situazione. Riuscire a imporre la giusta attenzione sui temi della sicurezza OT comporterà un grande sforzo di natura culturale.

Anche Liquigas – interviene Simone Cascioli – si sta focalizzando su spazi di innovazione che superano la naturale attenzione al tema delle fonti rinnovabili. «La sicurezza insieme alla smart logistic rappresenta uno di questi spazi» – afferma Cascioli. «Ci serviamo di strumenti come Microsoft AIP per raccogliere suggerimenti sulle possibili azioni di sicurezza, organizziamo in quest’ambito dei contest di idee». Da qui, per esempio, è arrivato lo spunto di un intervento che aiutasse a limitare i contatti interpersonali tra addetti e clienti finali, incentivando l’uso di strumenti di pagamento alternativi al contante.

«Ci sono poi altri esempi legati al tema della cultura e della sostenibilità. Come possiamo convincere il nostro autista che trasporta gas liquefatto a rispettare il codice e a guidare in sicurezza e con meno consumi? Esistono infinite soluzioni tecnologiche, come le scatole nere che permettono di registrare gli eventi durante la guida, o i wearables che forniscono un quadro sullo stato di salute dell’autista. Ma anche strumenti banali come il gaming, che ci ha spinto a istituire il premio per il miglior autista del mese» – conclude Cascioli. Spesso certe iniziative entrano in conflitto con regolamenti che sono anche di tipo sindacale, ma se i nodi da sciogliere restano ancora numerosi, le esperienze su cui confrontarsi non mancano.

LA FORZA CONDIVISA DEI DATI

L’intervento conclusivo di Maurizio Agosta di Edison mette sul tavolo un’altra questione di grande importanza: gli aspetti collaborativi della sicurezza. «Diversi colleghi hanno fatto riferimento a un corretto workflow scheduling, all’analisi predittiva degli incidenti» – ricorda Agosta. «A mio parere, è fondamentale, proprio in ottica predittiva, la possibilità di mettere a fattor comune certe informazioni. Uno strumento come il permesso di lavoro digitale, per esempio, può essere un forte punto di correlazione tra aziende e imprese fornitrici esterne, poiché impone di concordare azioni comuni, segnando l’inizio di collaborazione». Anche certe soluzioni tecnologiche hanno un valore collaborativo. Con la realtà aumentata, per esempio, le attività di addestramento o gli interventi sul campo non avvengono più in piena solitudine. «Quando un tecnico deve intervenire per i servizi di facility management all’interno di un ospedale, per esempio, è molto facile incontrare situazioni del tutto fuori standard. In questo caso, la realtà aumentata può essere un grande vantaggio». Agosta tocca un altro aspetto della progettualità di Edison in materia di H&S, riportando l’iniziativa, condotta al momento su base volontaria, per il monitoraggio digitale dello stato di affaticamento dei tecnici chiamati a intervenire su torri eoliche alte 120 metri e non sempre dotate di ascensore.

«Il collega Cascioli di Liquigas si è già espresso molto bene sulla necessità di superare certe problematiche» – dichiara Agosta. «Discussioni come queste possono fornire utili elementi anche sul ruolo delle autorità di controllo, penso in particolare a INAIL, oppure per spingere ad adottare nuovi obblighi e normative». Le parole conclusive di Maurizio Agosta e i suoi rimandi a un approccio più collaborativo, in materia di analisi dei dati e condivisione delle esperienze, consentono di lanciare un messaggio rivolto a tutto l’ambito H&SE, ancora caratterizzato da carenze in materia di linee guida, definizioni e associazionismo. Antonio Traversi di Prysmian sottolinea come la figura degli H&SE manager non sia sufficientemente riconosciuta anche livello europeo. «In Italia, c’è poi una certa confusione tra i ruoli del manager H&SE e del responsabile del servizio di protezione e prevenzione definito dal Testo Unico sulla sicurezza del lavoro». Il problema – sostiene Traversi – può essere legato alla grande trasversalità di una funzione aziendale che finisce per toccare molti aspetti, anche intimi, della produzione. Oggi però, il primato della salute e del benessere del lavoratore deve essere motivo sufficiente per introdurre uno spirito di azione comune basato sulla forza condivisa dei dati digitali. È auspicabile che occasioni di incontro come questa inducano tanti altri responsabili Health and Safety a raccogliere la sfida.

VISUALIZZA LA REGISTRAZIONE DELLA TAVOLA ROTONDA


Point of view

Intervista a Sergio Leoni, country manager di Nozomi Networks: Conosci il tuo impianto

Intervista a Pier Giuseppe Dal Farra, IoT industry business expert di Orange Business Services: Che l’IoT ti protegga