L’area dei sistemi di pagamento digitali è in piena trasformazione per offrire, a costi competitivi, servizi in linea con la nuova operatività. Condivisione delle informazioni e fiducia per creare vantaggi diffusi in un ecosistema sempre più aperto. E mentre cresce il successo delle criptovalute, le banche centrali progettano il futuro delle valute digitali

A seguito della diffusione sostenuta dell’ecommerce si è generata una richiesta di pagamenti digitali sempre più performanti, sicuri ed efficaci. Secondo l’ultima edizione dell’Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2020, nonostante un calo generalizzato dei consumi di oltre il 13%, gli epayment hanno raggiunto 5,2 miliardi di transazioni, passando dal 29% al 33% del valore totale dei pagamenti in Italia con 268 miliardi di € (-0,7% rispetto al 2019), aumentando la penetrazione rispetto al contante: che rimane, però, ancora il mezzo di gran lunga più utilizzato. A maggio 2021, secondo i dati della Banca d’Italia, il valore delle banconote in circolazione è cresciuto del 12% rispetto a un anno prima. Il segmento epayment è per definizione globale e soggetto a continue innovazioni che si adattano e superano anche le crisi più profonde. Nuovi circuiti e schemi di pagamento, open banking, monete virtuali, pagamenti c-less, digital wallet, instant payment fanno ormai parte del nostro quotidiano. A crescere sono stati soprattutto i pagamenti tramite contactless (+29%, a quota 81,5 miliardi di euro) e, ancor più, quelli tramite smartphone e wearable (+80%, oltre 3,4 miliardi).

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Inoltre, anche gli epayment “in-store” sono cambiati: l’epidemia ha convinto molti utenti a evitare il contatto fisico con il merchant e si è registrato un significativo aumento sia dei pagamenti contactless, effettuati con carta o direttamente con smartphone, sia di acquisti in modalità self-service tramite chioschi, vending machine e locker. Inoltre, gli epayment stanno evolvendo anche con altre soluzioni innovative come, per esempio, l’introduzione di schemi di pagamento basati su QRcode, la diffusione di wallet che favoriscono lo scambio person2person (P2P) di piccole somme, la diffusione di soluzioni di sicurezza ‘”strong customer authentication” che, basate sul riconoscimento biometrico, sono già realtà. Di tutto questo, si discute il 3, 4 e 5 novembre nell’ambito del “Salone dei Pagamenti organizzato da ABIServizi, la società di servizi dell’Associazione Bancaria Italiana. Un evento diventato il punto di riferimento autorevole e riconosciuto per le voci e le esperienze dei principali stakeholder e che vede la partecipazione di esperti nazionali e internazionali.

PAGAMENTI COME RELAZIONE

La direttiva PSD2 ha aperto il mercato dei pagamenti con una particolare attenzione al tema della sicurezza: l’obiettivo è permettere al consumatore finale, sempre più omnicanale e digitale, di sfruttare al massimo i nuovi servizi e applicazioni in modo completamente sicuro. L’utilizzo degli epayment poi è anche fortemente sostenuto dai governi che negli ultimi anni hanno approvato una serie di iniziative per la promozione di questi strumenti e la riduzione del contante. Parallelamente, è anche cresciuta la culturale specifica sia dal lato della domanda che dell’offerta. Tutti gli attori del mercato stanno investendo per trasformare i pagamenti da commodity a elemento distintivo della relazione con il cliente. L’ingresso di nuovi player nel mercato favorisce certamente la creazione di servizi di eccellenza. Sempre più frequenti sono le collaborazioni con fintech e corporate che puntano a offrire esperienze di pagamento semplici, integrate e capaci di portare nuovo valore all’utente finale. In sostanza, i tre maggiori trend per il futuro dei pagamenti digitali sembrano essere: 1) l’istantaneità del pagamento; 2) la multicanalità con la possibilità di effettuare il pagamento da qualsiasi canale o dispositivo; 3) il pagamento perfettamente immerso e integrato nei processi e negli oggetti.

«In questa ondata di innovazione, i POS intelligenti giocano un ruolo fondamentale e permettono di pagare in autonomia attraverso applicazioni integrate o tramite personalissimi wallet digitali» – spiega Lorenzo Rossi, BU digital manager di SCAI Solution Group – SSG. In questo momento il trend relativo alle nuove modalità di pagamento digitale vede protagonisti molteplici applicazioni e strumenti tecnologici come i pagamenti biometrici (face ID), i pagamenti IoT, quelli NFC e quelli wearable. «Il mercato epayment cambia radicalmente il paradigma della relazione tra esercente e consumatore» – prosegue Rossi. «Entrambi finiscono per godere di una serie di vantaggi. Il primo può fornire ai propri clienti una varietà di processi attraverso un unico dispositivo, integrato, customizzato, collegato in rete e protetto da potenti sistemi di sicurezza, riducendo drasticamente i problemi legati all’hardware e conseguentemente i costi di consumabili e risorse. Mentre il consumatore ha ora la possibilità di accedere a una user experience immediata e dinamica, creata ad hoc per soddisfarne le esigenze, grazie a interfacce più smart e customizzate».

Il nuovo contesto di innovazione ha portato le aziende a sviluppare soluzioni interconnesse, user friendly e sempre più accattivanti che portano il segno della profonda trasformazione dell’esperienza del cliente finale. «La crescita di SPID, che ha raggiunto l’importante traguardo di 23 milioni di credenziali rilasciate ai cittadini (+200 % nel 2020), apre a nuove opportunità di semplificazione dei processi di digital onboarding di istituti di pagamento e istituti di moneta elettronica» – afferma Denny Bellotto, technical account manager di InfoCert. L’utilizzo di SPID permette, infatti, di semplificare, in tutta sicurezza, le procedure di identificazione della nuova clientela e la sottoscrizione della documentazione contrattuale che avviene in modalità completamente paperless e con pieno valore legale grazie alla firma digitale. «I prestatori di servizi di pagamento – continua Bellotto – possono offrire tale vantaggiosa opportunità ai propri clienti prospect senza dover effettuare alcuna procedura di accreditamento per diventare service provider privati». InfoCert, in qualità di service provider del sistema SPID e al contempo certification authority, si serve dell’autenticazione SPID per l’identificazione degli utenti online e il rilascio di un certificato di firma con cui si può sottoscrivere la richiesta di un nuovo prodotto o servizio. Grazie al certificato di firma digitale qualificata, il prestatore di servizi di pagamento in questo modo avrà a sua volta certezza dell’identificazione del cliente finale per le proprie finalità, in conformità alla normativa vigente in materia di antiriciclaggio e di adeguata verifica della clientela.

RIPENSARE LA BLOCKCHAIN

La crescente consapevolezza e gradimento delle criptovalute, come Bitcoin, Ethereum, Cardano – e la promettente Algorand di Silvio Micali, docente al MIT e unico Italiano vincitore dell’Alan Turing Award – ha spinto soprattutto le grandi società di piattaforme digitali e fornitori di servizi di pagamento a lanciare molti progetti di criptovaluta, ciascuno con caratteristiche peculiari, alcuni di successo e altri non pienamente operativi. Tra questi ha grande risalto il progetto Diem Coin (ex Libra), promosso dalla Diem Association che, consapevole dei limiti, prevalentemente dovuti alla speculazione, vuole introdurre una “stable digital coin”, al fine di migliorare le transazioni di pagamento e promuovere l’inclusione finanziaria: due obiettivi cruciali per ogni sistema di pagamento. Le iniziative del settore privato hanno dato impulso alle banche centrali di molti paesi per studiare l’opportunità di emettere una propria valuta digitale: Central Bank Digital Currency (CBDC). In effetti, la Banca dei regolamenti internazionali (BRI – www.bis.org) riferisce che più di sessanta banche centrali in tutto il mondo stanno lavorando a diverse ipotesi e sette grandi, la Federal Reserve statunitense, la Bank of Canada, la Banca Centrale Europea – BCE, la Bank of England, la Banca Nazionale di Svezia, la Banca Nazionale Svizzera e la Bank of Japan, nel 2020 hanno delineato tre principi fondamentali: 1) non compromettere la moneta e stabilità finanziaria; 2) integrare le forme di denaro esistenti; 3) sostenere l’innovazione e l’efficienza.

Leggi anche:  Gli italiani continuano a preferire il contante: più di un terzo lo usa per i pagamenti

Secondo le banche centrali e gli organismi internazionali competenti, tra cui l’International Accounting Standards Board – IASB e il Comitato di Basilea, infatti, la “cripto-attività”, così come implementata oggi (per esempio, Bitcoin), non rientra nelle categorie di moneta e di strumento finanziario. La natura economica di questi “gettoni digitali” ne influenzano i trattamenti contabili e prudenziali e, quindi, appartengono alla classe dei digital tokens privati, senza diritti incorporati, non convertibili, a prezzo estremamente variabile. Inoltre, sempre secondo le banche centrali, a fronte degli svantaggi citati, le “cripto-attività” non presentano chiari benefici economici o sociali, limitandosi a soddisfare le esigenze di alcuni agenti economici. Inoltre, i soggetti offerenti dovrebbero essere registrati e presidiati per i profili di antiriciclaggio, contrasto al finanziamento del terrorismo e criminalità e per i diritti di convertibilità e tutela del consumatore. A tale proposito, ha suscitato grande perplessità, tra gli esperti e le autorità internazionali, la recente decisione del governo di El Salvador di adottare bitcoin come valuta a corso legale.

IL FUTURO DIGITALE DELL’EURO

Per le ragioni evidenziate, la Banca Centrale Europea ha annunciato la nuova valuta elettronica denominata digital euro per garantire transazioni semplici, rapide e sicure a tutti i cittadini e alle imprese. Lo stesso hanno fatto la Federal Reserve con il digital dollar e la Bank of China con il digital yuan. Si tratterebbe quindi, non di una opaca e speculativa criptovaluta, ma di una vera e propria moneta digitale, emessa da una banca centrale e concepita non per sostituire il contante ma per affiancarlo, con il fine di rendere le transazioni più rapide e sicure e promuovere l’innovazione, la fiducia e la sicurezza nei pagamenti. «Il consiglio direttivo della BCE ha avviato la fase istruttoria dell’euro digitale per 24 mesi che mirerà ad affrontare le questioni chiave riguardanti la progettazione e la distribuzione» – informa Fabio Panetta, membro del consiglio direttivo BCE. «Un euro digitale deve essere in grado di soddisfare le esigenze degli europei e allo stesso tempo aiutare a prevenire attività illecite ed evitare qualsiasi impatto indesiderato sulla stabilità finanziaria e sulla politica monetaria». La decisione – secondo Panetta – non condizionerebbe la futura emissione effettiva dell’euro digitale, che arriverà solo in seguito. In ogni caso, un euro digitale andrebbe a integrare il contante e non a sostituirlo. Inoltre, la nuova valuta digitale incoraggerebbe l’innovazione e stimolerebbe la concorrenza, consentendo agli intermediari di migliorare la propria offerta di servizi, fornendo prodotti che includano l’accesso. Mentre molti stanno ancora studiando, la Cina va avanti spedita. Il digital yuan è già in fase di sperimentazione in molte città cinesi e molti paesi potrebbero scoprire questa nuova moneta non ancorata a un conto bancario ma che, semplicemente, risiede in un wallet dello smart device personale. Il digital yuan sarà, infatti, la valuta dei prossimi Giochi Olimpici Invernali cinesi e potrebbe essere una rivoluzione per i sistemi di pagamento internazionali.

IL PUNTO DI VISTA ITALIANO

«In questi mesi, i clienti hanno ridotto l’utilizzo del contante, imparando a usare i pagamenti digitali, e hanno modificato i rapporti con le banche, rivolgendosi a nuovi player del mercato» – spiega Liliana Fratini Passi, direttore generale di CBI. «Le istituzioni europee sembrano aver colto l’evoluzione in atto nei mercati finanziari, promuovendo diversi report in maniera simultanea. Mi riferisco in particolar modo al pacchetto sulla finanza digitale, pubblicato dalla Commissione europea il 24 settembre 2020. Quest’ultimo non solo comprende le strategie sulla finanza digitale e sui pagamenti al dettaglio, ma anche tre proposte di regolamento in ambito: resilienza operativa digitale per il settore finanziario (DORA); mercato delle criptovalute (MiCA); il regime pilota per le infrastrutture di mercato basate su tecnologia DLT». Le misure adottate dalla Commissione ambiscono a rimuovere la frammentazione del mercato unico digitale dei servizi finanziari, facilitare l’innovazione tramite l’utilizzo di tecnologie innovative come la blockchain, promuovere uno spazio europeo comune di dati finanziari e migliorare la gestione dei rischi.

Leggi anche:  Servizi finanziari: come l’intelligenza artificiale può aiutare a ridurre i costi

«Oltre alla necessità di garantire un approccio comune per lo sviluppo di soluzioni finanziarie basate su tecnologie innovative – continua Fratini Passi – sarà di fondamentale importanza l’opera di revisione della direttiva PSD2, che la Commissione vuole intraprendere a partire dalla fine del 2021. Non sarà solo rilevante comprendere come le istituzioni dell’UE vorranno delineare un quadro omogeneo tra i servizi previsti dalla PSD2 e dalla direttiva emoney, ma diventerà di notevole interesse capire l’evoluzione del quadro sui servizi di finanza digitale con la proposta di regolamento in ambito “open finance” che la Commissione ambisce a pubblicare nel 2022». Tenuto conto delle differenti proposte di regolamentazione attualmente sul tavolo, l’auspicio del direttore generale di CBI è quello che – l’evoluzione del quadro normativo europeo nell’ambito dei servizi finanziari – «riesca a garantire un level playing field tra banche tradizionali, fintech e bigtech, al fine di promuovere una reciprocità nella condivisione delle informazioni a maggior tutela del consumatore».

Alla luce del nuovo scenario di mercato, gli incumbent stanno creando nuove modalità di collaborazione e partnership in un mercato sempre più aperto per la creazione di prodotti innovativi in grado di migliorare la user experience richiesta dalla clientela e per mantenere il presidio della relazione. Tale approccio nasce anche dal fatto che il modo di fare innovazione è cambiato, essendosi accorciati i tempi di R&D e industrializzazione dei nuovi servizi. «Seguire la strada dell’investimento in innovazione e in competenze digitali rappresenta la chiave di volta per competere nello scenario internazionale – afferma Liliana Fratini Passi. «Le banche italiane, seppur con modalità e tempi diversi, si stanno da tempo organizzando in questo nuovo scenario, anche inserendo nuove competenze». Da una ricerca del Sole-24 Ore emerge, infatti, che nei piani industriali dei dieci tra i maggiori istituti di credito è prevista l’assunzione entro il 2023 di oltre diecimila risorse con una riduzione dei laureati in economia (50%) a favore di una forte crescita (fino al 30%) dei laureati in discipline STEM (sciences, technology, engineering, mathematics). Queste percentuali sono destinate a salire se, oltre alle banche tradizionali, nel conteggio si inseriscono anche le “banche specialiste” del risparmi e le neobanks/challenger banks. «Tale approccio risulta vincente – continua Fratini Passi – soprattutto per quelle banche che saranno disposte a passare da un approccio attendista, in cui accontentarsi di soddisfare i requisiti normativi della PSD2, a un approccio attivo, con una strategia customer-centric consapevole che l’open data crea i presupposti per ampliare i servizi informativi da fornire al mercato, secondo nuove linee di redditività attraverso la data monetization, ovvero la remunerazione delle informazioni». In tal senso, si assisterà sempre più al disegno di nuovi servizi a valore aggiunto, da comporre in maniera modulare a seconda delle esigenze della clientela, e che andranno oltre quanto sviluppato nel perimetro della PSD2 per concentrarsi maggiormente sul miglioramento dello stile di vita dei clienti, puntando a includere tutti i servizi finanziari e non. Tra questi – come spiega Fratini Passi – ci sono servizi come il check IBAN, che consente la verifica online della corretta associazione tra codice IBAN e codice fiscale/partita IVA forniti da un utente finale a una corporate/pubblica amministrazione; l’aggregazione di conti internazionali; il servizio di smart onboarding, che semplifica la vita al cittadino, quando deve dare le proprie informazioni a una azienda per accedere a un servizio; e molteplici altri servizi beyond banking.

Leggi anche:  Criptovalute, Bitcoin supera la soglia dei 100mila dollari

«In questo contesto – dichiara Fratini Passi – CBI supporta l’innovazione collaborativa per la propria clientela, banche e altri intermediari, affinché essi possano a loro volta offrire servizi a valore aggiunto ai loro clienti corporate, retail e PA». Del resto, nel nuovo scenario – continua il direttore generale di CBI – «la competizione si sposta da un contesto domestico a un contesto internazionale, favorendo la nascita di nuovi attori di mercato, nonché grandi player, fintech e aziende di altre industry che stanno iniziando a offrire sistemi di pagamento e altri servizi bancari». La sfida – secondo Fratini Passi – sarà quella di far dialogare i vari soggetti di mercato – «e sarà fondamentale il lavoro di squadra garantito dal patrimonio esperienziale di CBI, basato sulla collaborazione per una migliore competizione, che consente la modellazione del “fare banca” altamente innovativo, caratterizzato da elevati livelli di customer experience».

Ciò consentirà alle banche di competere su un livello di gioco paritetico con gli operatori non bancari, soprattutto nell’offerta al mondo corporate, su cui le banche subiscono una competizione maggiore da parte degli over the top e dei grandi player dato che costituisce il segmento di mercato che tradizionalmente ha una maggiore redditività». In questo contesto CBI sta lavorando su più direttrici. In ambito open finance, sta ampliando il numero di aderenti alla funzionalità attiva di CBI Globe, con l’obiettivo di far giocare alla banca un ruolo attivo e non attendista, che gli consenta di sviluppare servizi in logica di terza parte e mantenere al centro la relazione con la propria clientela. Inoltre, CBI sta lavorando alla modellazione di nuovi servizi a valore aggiunto in logica open data, ampliando il numero di informazioni da mettere a disposizione dei soggetti richiedenti. E dopo aver lanciato il servizio check IBAN anche per i privati, raggiungendo circa l’80% dell’industria bancaria italiana, sono in cantiere diverse partnership di valore, anche a livello internazionale. Per esempio, recentemente CBI ha stipulato un accordo con CRIF per consentire alle banche di offrire una più ampia scelta di servizi altamente innovativi finanziari e non.

«In particolare, grazie a questa partnership – spiega Fratini Passi – i prestatori di servizi di pagamento potranno offrire soluzioni di instant lending integrate con la valutazione online del profilo creditizio di un utente in ambito open banking; servizi di supporto ai processi di vendita online in grado di integrare canali digitali e reti fisiche; e servizi di personal financial management e business financial management, che consentono a utenti retail e corporate di avere una vista unica dei propri conti, ottimizzando la gestione delle proprie finanze». Attualmente sono in corso da parte di CBI attività volte a finalizzare ulteriori partnership per abilitare la connettività a livello internazionale dei servizi attualmente offerti e di nuovi servizi a valore aggiunto per aumentare il perimetro della reciprocità e della standardizzazione abilitando una operatività dei clienti delle banche a livello cross border. «In tema di epayment – conclude Fratini Passi – CBI sta rafforzando l’operatività del servizio CBILL, che consente la consultazione e il pagamento online di bollettini emessi da soggetti fatturatori nonché gli avvisi di pagamento pagoPA». Il servizio è già stato utilizzato da circa 8 milioni di cittadini per pagare oltre 70 milioni di bollettini. Nelle previsioni di CBI il servizio crescerà ancora in vista dell’attivazione da parte di altri soggetti della pubblica amministrazione e dell’ampliamento dell’utilizzo dei canali online per i pagamenti.

CONCLUSIONI

Serve, quindi, una seria politica industriale specifica per il settore che consideri la stretta correlazione matematica inversa tra l’uso dei pagamenti e delle valute digitali e il contante che alimenta l’economia sommersa. Con l’uso allargato degli epayment si avrebbe un risparmio annuo di decine di miliardi di cui godrebbero anche i consumatori. Oltre alla sicurezza, servono standard condivisi per garantire maggiore interoperabilità e concorrenza. Occorre, poi, una massiccia campagna di comunicazione, informazione e formazione, accompagnata dalla riduzione dei costi e delle commissioni e dalla individuazione di opportuni incentivi resi ben evidenti ai consumatori. In tal modo, i consumatori utilizzerebbero sicuramente i pagamenti digitali. Insomma, tutto ciò significa che bisogna costruire un ecosistema diffuso dei pagamenti con una politica industriale seria e mirata. Solo così si può fare la “guerra al contante” e far diventare i pagamenti digitali una vera grande opportunità.