L’introduzione del diritto alla disconnessione come tutela del work-life balance, che potrebbe essere minato dall’essere “sempre connessi” con potenziali responsabilità da parte dei datori di lavoro
La Legge n. 61 del 6 maggio 2021 di conversione del Decreto Legge n. 30 del 2021 ha espressamente riconosciuto per il lavoratore in “smart working” e genitore di figli minori di sedici anni, uno specifico diritto a disconnettersi dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche nel rispetto di eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati.
Il legislatore ha esplicitamente previsto che l’esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi. Per la prima volta, seppure nell’ambito della normativa emergenziale, è stato introdotto così uno specifico diritto alla disconnessione per il lavoratore agile. Nessuna analoga previsione è, infatti, contenuta nella Legge 81/2017 che regolamenta il lavoro agile e che, in materia di disconnessione, prevede più genericamente che l’accordo che disciplina lo smart working determini i tempi di riposo del lavoratore, nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.
Il diritto alla disconnessione introdotto dalla Legge 61/2021, seppure previsto dalla normativa emergenziale, potrà avere impatto sugli accordi individuali di smart working necessari per regolare e disciplinare il lavoro agile nel periodo post pandemia da parte dei datori di lavoro. Se, infatti, nel corso della pandemia il datore di lavoro ha potuto ricorrere alla procedura semplificata di comunicazione del lavoro agile, procedura prorogata sino al 31 dicembre 2021 con la Legge n. 87 del 17 giugno 2021 di conversione del D.L. 22 aprile 2021 n. 52 (Decreto Riaperture), nel post pandemia sarà necessario l’accordo tra le parti.
Nell’accordo le parti potranno individuare, facendo tesoro delle modalità in cui si è svolto il lavoro agile negli ultimi mesi, delle fasce di reperibilità all’interno delle quali il lavoratore si impegna a essere connesso o collegato e a rispondere all’email e/o al telefono, il divieto generale per i responsabili e/o colleghi a inviare comunicazioni o effettuare telefonate al di fuori di determinati orari (fatte ovviamente salve esigenze tecnico-produttive o esigenze di reperibilità), la possibilità per il lavoratore, al di fuori delle fasce di reperibilità, di organizzare la propria attività lavorativa, conciliando, secondo le proprie esigenze, i tempi di vita e di lavoro.
Le strumentazioni con le quali il lavoratore presta l’attività in modalità agile consentono, infatti, una reperibilità e una connessione costante e continua, che potrebbe minare lo scopo per il quale era stato introdotto il lavoro agile, ossia incrementare la competitività e agevolare il work-life balance che potrebbe essere minato dall’essere “sempre connessi” alle strumentazioni aziendali da parte dei lavoratori e dalla difficoltà di separare i tempi di vita con quelli di lavoro, con conseguenze anche sul piano psicofisico e potenziali responsabilità dei datori di lavoro.
Avv.ti Andrea Savoia partner e Silvia Fumagalli senior associate
UNIOLEX Stucchi & Partners www.uniolex.com