L’AI svela la nuova mappa della materia oscura

L’AI svela la nuova mappa della materia oscura

La rete neurale, addestrata dai fisici e gli ingegneri informatici dell’ETH di Zurigo, permette di estrarre parametri cosmologici da immagini reali del cielo notturno, svelando la distribuzione della materia oscura nell’Universo

Eravamo soli e al buio. E non avevamo paura. Io in quei casi non ho mai paura. Ma stupore. Curiosità. E sogno. Quante volte ci siamo fermati a osservare un cielo stellato? E in una delle zone più selvagge della Sardegna, quanto può essere luminoso? Ecco. Eravamo proprio lì. E nel mentre discutevamo sulle equazioni che avevano – e continuavano a dare – vita a quella meraviglia, io mi fermavo a riflettere su tutto ciò che non riuscivamo – e non saremmo riusciti – ad afferrare neppure con il più grande telescopio del mondo. Perché? Siamo in grado di vedere solo una minima parte dell’Universo. E no. Non parlo di pattern microscopici o altro. La verità è che nella prima metà del Novecento si credeva che le stelle costituissero quasi la totalità della massa dell’Universo. Oggi, sappiamo che queste rappresentano soltanto una percentuale irrisoria della materia cosmica (circa il 4%). La restante parte della massa dell’Universo non è visibile e a tale massa mancante si dà appunto il nome di materia oscura.

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COSA È LA MATERIA OSCURA?

La domanda è d’obbligo. La natura della materia oscura è ancora sconosciuta e si ritiene sia composta da particelle che non fanno parte del Modello Standard della fisica delle particelle elementari. Ma se non si vede, come facciamo a capire che esiste? Studiandone gli effetti. Per esempio, un modo per gli astronomi di vedere l’effetto della materia oscura è studiare la curvatura della luce che passa da oggetti massicci. La materia oscura può influenzare la luce proveniente da oggetti distanti, piegandola come una lente. Esaminando questo effetto, gli astronomi sono in grado di creare mappe della materia oscura all’interno di oggetti massicci come gli ammassi di galassie. In estrema sintesi, la gravità della materia oscura presente nella galassia o nell’ammasso fa piegare la luce.

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COME SI STUDIANO GLI EFFETTI?

Grazie a una potenza computazionale molto importante e ultimamente grazie all’aiuto di sistemi guidati da intelligenza artificiale e machine learning. Ma andiamo con ordine. I fisici e gli ingegneri informatici dell’ETH di Zurigo stanno utilizzando sistemi guidati dall’intelligenza artificiale per perfezionare le mappe della materia oscura. Si tratta di un’applicazione di AI simile a quella che ci consente di riconoscere il viso di una persona o le sue caratteristiche fisiche, coadiuvata da un sistema di machine learning in grado di individuare modelli significativi di materia oscura all’interno delle mappe dell’Universo. Come il Governo cinese utilizzava questi sistemi di machine learning per vedere se qualcuno usciva durante il coprifuoco, gli scienziati di Zurigo li usano per cercare i segni rivelatori della materia oscura. Ed è il computer, in maniera autonoma – e non gli scienziati – a creare e ricreare una nuova mappa dell’Universo continuamente. Come primo passo, il team ha addestrato una rete neurale convoluzionale (CNN) sui dati generati dal computer che simulano l’universo conosciuto. Allenandosi e formandosi sui dati simulati, i ricercatori conoscevano la risposta corretta per diversi parametri cosmologici, come il rapporto tra la quantità totale di materia oscura e l’energia oscura. Durante questa fase, il modello ha analizzato le simulazioni della materia oscura fino al punto dove ha imparato a riconoscere le caratteristiche che hanno migliorato l’accuratezza del modello. Alla fine del processo di addestramento il team ha analizzato le mappe reali della materia oscura, che include le forme di circa 15 milioni di galassie.

Janis Fluri, Ph.D. studente all’ETH e autore principale dello studio, ha affermato che questa è la prima volta che tali strumenti di apprendimento automatico vengono utilizzati in questo contesto. «Abbiamo scoperto che la rete neurale artificiale profonda ci consente di estrarre più informazioni dai dati rispetto agli approcci precedenti. Riteniamo che questo utilizzo del machine learning in cosmologia avrà molte applicazioni future». Una volta che la rete neurale è stata addestrata, infatti, può essere utilizzata per estrarre parametri cosmologici da immagini reali del cielo notturno. Il team afferma che i loro risultati non sarebbero stati possibili senza strategie di addestramento parallelizzate su più macchine.

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GRADO DI ATTENDIBILITÀ

Le reti neurali, costruite fino ad oggi dagli scienziati dell’ETH, hanno dato il 30% in più di accuratezza rispetto a quelli ottenuti dalle statistiche derivate dall’uomo. Grazie all’intelligenza artificiale, riusciremo così a mappare in maniera più approfondita la natura dell’Universo che non conosciamo e la sua evoluzione. Infatti, sono estremamente utili le simulazioni al computer dell’evoluzione delle galassie e di come sono distribuite nell’universo che conosciamo. Nelle simulazioni, la distribuzione della materia oscura può variare e i risultati possono essere confrontati con ciò che osserviamo, in altre parole, come la distribuzione delle galassie nell’universo. Un paper diffuso recentemente da The Astrophisical Journal, una delle più importanti pubblicazioni scientifiche specializzate nel campo dell’astronomia e dell’astrofisica, parla proprio di questo e di come le simulazioni al computer confrontate con l’effettiva distribuzione delle galassie, mostrano sottili “filamenti” di materia oscura tra le galassie, che finora non erano stati scoperti. La presenza di questi filamenti potrebbe determinare come si evolveranno la nostra galassia e Andromeda in futuro. Ma per comprendere meglio la distribuzione della materia oscura e l’esistenza di questi filamenti tra le galassie, sono necessarie nuove osservazioni astronomiche, soprattutto attraverso lo studio e l’analisi delle galassie molto molto piccole. Ed è proprio in questi casi che le macchine e modelli di deep learning sembrano dare il loro meglio.

NUOVE DOMANDE

Perché ho voluto scrivere un intero articolo su questo tema? E proprio sull’evoluzione della materia oscura? È di qualche giorno fa la notizia che un team di scienziati si è speso per creare la mappa più grande e dettagliata mai fatta sulla distribuzione della materia oscura nell’universo. E i risultati che ne hanno tratto sono stati davvero sorprendenti, soprattutto perché in parte sconfesserebbero quello che aveva previsto Albert Einstein. O, per meglio dire, potrebbero ampliare la sua teoria. Come dicevamo prima, la materia oscura permea l’intero Universo e rappresenterebbe, come detto, la maggior parte della materia dell’Universo. Attraverso i risultati di questa nuova mappa gli astronomi sono stati in grado di capire come è diffusa perché distorce la luce delle stelle più lontane. Quindi maggiore è la distorsione, maggiore è la concentrazione di materia oscura. «Se questa disparità è vera, allora forse Einstein si sbagliava» – ha affermato Niall Jeffrey, ricercatore dell’École Normale Supérieure a BBC News. Questa nuova mappa mostra come la materia oscura sembra diffondersi nell’universo. Le aree nere sono vaste aree di nulla, chiamate vuoti, dove le leggi della fisica sembrerebbero essere diverse. Non me ne vogliano gli amici fisici, ma se fosse proprio un algoritmo ad aiutarci ad aprirci nuove porte? Non tanto per riscrivere ma per ampliare alcune leggi della fisica.

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