Fare innovazione oggi non significa inventare qualcosa che non esiste, ma sfruttare bene e velocemente i building block che già ci sono: puntando su piattaforme open, tecnologie, competenze e modelli di identità digitali che permettano processi di onboarding evoluti
Intesa, società del Gruppo IBM, ha voluto affrontare nel corso dell’evento IntrustDay il tema dell’innovazione digitale da un punto di vista diverso: quello della openness delle piattaforme e della collaborazione tra aziende, ma anche facendo un punto sulle tecnologie abilitanti – come l’identità digitale – per un onboarding sempre più evoluto e a misura di cliente.
Un’ottica certamente diversa dal solito, più focalizzata e “competente”, come d’altra parte deve essere la vision per superare un periodo di doppia disruption, tecnologica e sanitaria.
Focalizzata perché oggi fare innovazione non significa inventare qualcosa che non esiste, ma sfruttare bene e velocemente i building block che già ci sono. Per Stefano Denicolai, professore in Innovation Management dell’Università di Pavia, “le aziende sono innovative se riescono, per davvero, a creare valore per qualcuno che sa apprezzarlo; inoltre, quelle che capiscono il processo di trasformazione, poi sono velocissime, agile e system integration by design”.
Non c’è nulla di male, infatti, a fare trasformazione digitale senza innovare, perché è la precondizione per sedersi al tavolo della competitività e giocarsi la partita. Certo, poi ci sono le aziende che giocano un ruolo da protagonista perché sanno gestire bene i tre pilastri dell’innovazione.
Che per Denicolai sono il digital data streams, ovvero la gestione del fiume di dati continuo, il pivoting around data, che significa modificare l’azienda facendo leva su questo flusso ininterrotto di informazioni, e la algorithm economy che costruisce il vantaggio competitivo attraverso la valorizzazione dei dati.
Per andare veloci, però, servono piattaforme aperte, tecnologie e collaborazione tra aziende – partner certamente ma anche competitor che però, in ambiti particolari si trasformano in “copetitor”, come rimarca Pietro Lanza, presidente di Intesa.
Alla base di tutto c’è il trust che, oltre a contraddistinguere il rapporto di collaborazione tra aziende, deve soprattutto distinguere i dati e le piattaforme che li trasportano; perché, spiega Andrea Paliani di EY, “piattaforme e dati cambiano le aziende: è un tema di costruzione di servizi e di business nuovi, alla cui base ci sono i dati. Ma serve un uso corretto ed etico del dato: nasce da qui il digital trust, che pone un problema di accountability di coloro che usano i dati, richiede un sistema trasparente per la loro gestione e necessita di sicurezza per i canali dove viaggiano le informazioni”.
Lo conferma Lanza che continua: “pur continuando a investire sulle sue piattaforme proprietarie, Intesa si è aperta alle piattaforme open; tre anni fa ci siamo chiesti quali fossero i macrotrend più rilevanti: quelli delle open platform sono diventati parte della nostra nuova strategia e del nostro posizionamento”.
“Abbiamo ridisegnato i nostri servizi in forma di platform, portato nuove funzionalità che mettono a disposizione dei clienti nuovi modi di fruire dei nostri servizi e l’apertura delle nostre piattaforme ha riguardato anche i nostri partner”.
Questo, secondo quanto racconta il manager di Intesa, ha permesso all’azienda di erogare più servizi, spesso end to end, che derivano da tecnologie in house o da servizi di terzi; ma in questo scenario, i clienti di Intesa, oltre a fruire delle piattaforme ne sono diventati parte, consentendo di trasformare i servizi erogati per loro in servizi erogati anche per altri clienti.
Un trasferimento di valore che però non è soltanto merito della tecnologia ma deve molto alle competenze professionali messe in campo; sempre Lanza, infatti, conferma che Intesa “ha investito molto in competenze che ci consentono di avere un maggior coinvolgimento nelle nostre iniziative dei clienti e delle aziende partner. Questo ci consente di sviluppare nuove tecnologie e nuovi skill – come il design thinking – per creare innovazione e portare in modo rapido le nuove idee in produzione”.
In questo processo di innovazione, un ruolo chiave lo avranno le tecnologie a supporto dei modelli di identità digitale che abiliteranno forme di onboarding ancora più evolute e tagliate sulle dirette esigenze dei clienti, sfruttando tecnologie esponenziali quali l’intelligenza artificiale, il machine learning e la blockchain.