Investimenti sostenibili. Verso la nuova economia

Investimenti sostenibili. Verso la nuova economia

Utopia o bolla? Oppure riflesso del nuovo modello di economia circolare? Tra gli investitori europei, i fondi sostenibili si confermano più popolari di quelli tradizionali. Ecco come l’intelligenza artificiale ci darà una mano a cambiare il vecchio paradigma finanziario

Avevo quasi 24 anni quando avevo cominciato a scrivere “Visioni e illusioni di una nuova economia globale” e il mondo stava precipitando in una delle più grandi crisi finanziarie della storia. Ero molto ingenuo e fin troppo ottimista ma continuavo a immaginare un nuovo paradigma finanziario, trainato dalle cosiddette energie pulite e soprattutto sostenibile. Lo stesso Vittorino Andreoli nelle sue conclusioni, apprezzava la mia opera ma – ahimè – era “piena di utopie”. E come non dargli torto? In quegli anni, a parte lo studio delle materie finanziarie ed economiche, seguivo i corsi di Limes di geopolitica e geoeconomia. Perché? Non si parlava altro che di petrolio. E non di Cina o di tecnologia. Non ancora. Si diceva che i pozzi petroliferi stavano per finire e che dovevano essere tagliati con acqua. E infatti, il 3 luglio del 2008, il prezzo dell’oro nero toccava i 145 dollari al barile. Bisognava trovare un’alternativa e così scrissi un intero capitolo su questo argomento. Per anni, me ne ero dimenticato – o quasi – e quelle che erano state le mie riflessioni “puerili” ora sembrano tornare in voga.

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ANALISTI ARTIFICIALI, PREGIUDIZI UMANI

Lo scorso anno, durante la pandemia, il prezzo dell’oro nero ha toccato valori negativi e alla Future Investment Initiative – la famosa conferenza che si tiene in Arabia Saudita – si cominciava a parlare di sostenibilità e di investimenti sempre più “green”. È vero che per anni ci siamo illusi che qualcosa davvero potesse cambiare, ma questa probabilmente è l’occasione giusta, ex post crisi pandemica. Come? Grazie alle regole stringenti sugli investimenti ESG – dovute anche al fatto che la pandemia ci ha dato modo di percepire l’importanza relativa a queste tematiche – e all’uso di modelli guidati da intelligenza artificiale. Va ricordato che oltre il 90% delle aziende dell’indice più importante globale (S&P 500) pubblica rapporti ambientali, sociali e di governance, inoltre, più di 600 agenzie di rating ne analizzano i risultati. Nonostante la mole di dati e di ricerche, i risultati rimangono contrastanti sul fatto che gli obiettivi ESG producano rendimenti superiori. Sempre più società stanno applicando metodi di apprendimento automatico e intelligenza artificiale per valutare quali obiettivi ESG delle aziende portano a risultati concreti e quali, invece sono dei semplici “specchietti per le allodole”. E mentre prima, questo lavoro veniva fatto da analisti, un processo che lasciava spazio sia a intuizioni meramente soggettive che a pregiudizi – oggi – lo si sta delegando sempre più ad “analisti artificiali”. In che modo? I recenti progressi nel Deep Learning sono passati dalla computer vision, all’elaborazione delle immagini passando poi per il campo della comprensione del linguaggio (Natural language processing).

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L’identificazione e l’estrazione dei nomi delle entità (come le organizzazioni societarie) e della terminologia relativa ai fattori ESG sono diventate notevolmente più accurate. Inoltre, la disponibilità di tanti dati che coprono tale campo, nonché termini, ci porta a creare un’intelligenza artificiale in grado di leggere milioni di documenti, estrarre concetti rilevanti, sintetizzare e poi dar loro un significato. Gli “analisti artificiali” raccolgono, elaborano e analizzano i dati relativi a cambiamenti climatici, condizioni di sicurezza, diritti umani, corruzione, conformità e così via. Sono oramai tante le società statunitensi che sfruttano l’intelligenza artificiale per ottimizzare le analisi ESG. Perché? Negli eventi a cui partecipano si soffermano sul fatto che le macchine e gli algoritmi riducono i pregiudizi intrinsechi degli analisti umani. E che proprio questi “bias” hanno alimentato la produzione di report scadenti e troppo legati alle scelte aziendali del passato. La soggettività, infatti, può distorcere i risultati e produrre dati meno coerenti rispetto a un approccio guidato da intelligenza artificiale. Ma è davvero tutto oro quello che luccica?

Anche le AI sembrano avere problemi di questo tipo. E infatti, spesso le architetture riflettono in qualche modo la direzione societaria. Quindi, secondo le ultime ricerche, la soluzione migliore sembrerebbe quella di far lavorare algoritmi e analisi umane insieme. L’intelligenza artificiale ha una capacità di gran lunga superiore di estrarre dati non strutturati. Per esempio, alcune aziende possono fornire analisi basate esclusivamente su informazioni fornite internamente, mentre altre includono dati non strutturati, ovvero, gruppi di informazioni estratte dall’intelligenza artificiale da fonti esterne all’azienda, come i social media, siti web governativi e così via. L’integrazione dell’uso di dati non strutturati nei report di sostenibilità aziendale offre un’opportunità per una maggiore trasparenza, meno pregiudizi e standard più coerenti.

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Gli algoritmi guidati da AI di analisi qualitativa cercano di decifrare anche il tono di un post sui social media. E possono fare un’analisi molto più rapida rispetto a quella di un essere umano. Questi algoritmi possono inoltre aiutare a valutare (e rafforzare) la responsabilità sociale di un’azienda e l’impatto sui clienti. I progressi nell’analisi del “sentiment”, consentono alle aziende di comprendere, analizzare e clusterizzare il tono e le emozioni espresse da una parte dei clienti per descrivere la società. Questi data set, fino a qualche anno fa, sarebbero stati troppo grandi da poter essere analizzati da un team di ricercatori. Ma adesso, grazie all’enorme potenza computazionale che abbiamo a disposizione, possono essere studiati in pochissimi minuti.

STRATEGIE ATTENTE AI FATTORI ESG

Sì. Prima sarebbe stata un’utopia come i desideri che manifestavo nel mio libro. Sarebbe stata un’utopia anche quella che vedeva i gestori dei fondi dare un’importanza rilevante a questi temi. E invece, nel primo trimestre 2021, il 51% dei flussi verso i fondi comuni di investimento e gli ETF europei si è riversato nelle strategie attente ai fattori ambientali, sociali e di governance (ESG). Si tratta, in termini assoluti, di 120 miliardi di euro, il 18% in più rispetto a fine 2020. Anche il patrimonio è aumentato (+17,5%), arrivando a 1,3mila miliardi di euro. Ad affermarlo è l’ultimo rapporto Morningstar sui fondi sostenibili. E aggiunge: “Per la seconda volta nell’ultimo anno, i fondi sostenibili sono stati più popolari tra gli investitori europei rispetto a quelli tradizionali. La prima era stata nel periodo gennaio-marzo 2020, in pieno panico da Covid-19. In quei mesi, le strategie ESG avevano registrato una raccolta netta positiva, mentre le altre avevano subito massicci deflussi”. Qualcuno ancora continua a storcere il naso. Nel mondo finanziario, per tanti è solo una moda passeggera. Lo stesso Warren Buffett non né è pienamente convinto. Ed è pur vero che sono decenni che se ne parla, ma alla fine si è rilevata essere solo narrativa. Corsi e ricorsi storici? Oppure, l’intelligenza artificiale ci darà una mano a cambiare il vecchio paradigma?

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