Città smart e bene informate

Architettura logica per essere data-driven

La piattaforma di virtualizzazione di Denodo apre la strada a un mondo di servizi integrati e autenticamente data-driven

Il dato digitale e l’informazione che se ne può estrarre è la linfa vitale e il collante dei servizi della smart city, una grande fabbrica che genera dati ogni volta che i suoi abitanti consumano energia, acqua, illuminazione, devono pianificare lo spostamento da un punto all’altro, partecipano alla raccolta e allo smistamento dei rifiuti. «In molti casi, è dall’integrazione di questi servizi e quindi dei dati afferenti, che riusciamo a ottimizzarli, renderli più utili, implementarne di nuovi» – afferma Gabriele Obino, regional VP Southern Europe & ME di Denodo, azienda specializzata nella virtualizzazione dei dati.

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Come catalizzare il processo di messa a valore

Intervenendo all’ultima tavola rotonda di Data Manager dedicata alla città intelligente, Obino ha citato l’esempio di Insiel, società informatica regionale del Friuli Venezia Giulia, che ha sperimentato la piattaforma di Denodo, con l’obiettivo di potenziare i servizi rivolti al settore scolastico. In che modo? «Ricostruendo l’intera anagrafica degli studenti della Regione, anagrafica che prima non esisteva, per venire incontro alle necessità del distanziamento, ottimizzare i servizi di trasporto, delle mense, delle biblioteche. Anche attraverso app che consentono di essere informati e personalizzare questi servizi» – spiega Obino sottolineando che l’attività fatta è di fatto prodromica a una successiva fase progettuale che andrà a toccare molti altri aspetti. Perché la virtualizzazione di Denodo riesce a catalizzare il processo di messa a valore di quelli che molti chiamano il nuovo petrolio? Secondo Obino, occorre essere meno superficiali nell’associare al dato un valore intrinseco. «I dati possono diventare preziosi solo quando riusciamo a stabilire dei nessi e su questo punto si registrano molte difficoltà, perché i dati tendono a essere conservati in silos e finora l’unico modo per utilizzarli consisteva nello spostarli fisicamente, copiandoli da un repository all’altro». Un’operazione, la copia, costosa in termini di risorse e rischiosa dal punto di vista dell’integrità e qualità.

Confini trasparenti

L’approccio escogitato da Denodo consente di concentrarsi sulle connessioni logiche tra i dati, demandando agli automatismi intelligenti della virtualizzazione il processo di estrazione di dati che a questo punto possono risiedere anche in archivi legacy. Su indicazione degli analisti, Denodo crea un “data model” che rende disponibili esattamente i dati che servono, quando servono al trattamento, mantenendo database e data lake di partenza integri e in piena sincronia con i risultati delle elaborazioni. Lo scenario reso possibile dalla tecnologia di virtualizzazione del dato attenua il problema del confinamento di questi ultimi in archivi che – afferma Obino – possono avere una precisa ragion d’essere. «Non necessariamente l’idea del silos informativo dev’essere sbagliata. Ragioni di sicurezza e ownership giustificano l’esistenza di confini che la virtualizzazione rende trasparenti». A maggior ragione questo effetto di abbattimento delle barriere può funzionare nel contesto della smart city, dove l’efficacia di molti servizi si misura in funzione della capacità di dialogo tra gli organismi che hanno la titolarità dei dati. «Tanto più il dato è aggregato e complesso, tanto più valore saprà mettere a frutto attraverso i servizi erogati ai cittadini» – conclude Obino.

Leggi anche:  IBM e Minsait creano un Centro di Eccellenza per l’AI generativa basato su IBM watsonx