AI e matchmaking, «la chimica» delle relazioni

AI e matchmaking, «la chimica» delle relazioni

Dopo un anno di pandemia, l’intelligenza artificiale e il machine learning possono intervenire positivamente sulla vita delle persone? La risposta nell’idea di Riccardo Angelini Rota per una piattaforma in grado di fare da ponte tra la dimensione digitale e quella fisica

Viviamo in una società sempre più interconnessa e probabilmente sempre più individualista. Stringere rapporti, “fare gruppo” è sempre più difficile. La pandemia che ci ha colpito ha limitato ancora di più le possibilità di fare networking. In questo contesto ci sono diverse applicazioni che usano l’intelligenza artificiale per favorire i match tra persone. Ma i rapporti che si creano risultano, nella maggior parte dei casi, poco duraturi perché gli algoritmi sono per lo più guidati da interessi di marketing. Esiste uno strumento che analizza e traduce i desideri di networking e di socialità delle persone, proponendo profili simili per hobby, interessi o business reciproci? Oggi, le tipologie di match proposte dal mercato dei social network sono basate quasi esclusivamente sul fattore geografico oppure vengono collegate alle ultime ricerche e/o alle amicizie in comune. Come andare oltre? Ho pensato di farmi una chiacchierata con Riccardo Angelini Rota, ingegnere ex Massachusetts Institute of Technology (MIT), che ha deciso di applicare alcuni avanzati modelli genetici, utilizzati in passato per la parametrizzazione di modelli matematici, alla dinamica delle relazioni tra le persone per provare a catturarne quella che definisce «chimica».

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Data manager: Cosa è il networking?

Riccardo Angelini Rota: «Un’arte che dipende dalle capacità personali. Per come lo intende la piattaforma che sto realizzando è una sorta di matchmaking. Ovvero una scienza esatta per la quale l’uso dell’intelligenza artificiale può essere la soluzione».

In che senso?

«Quanto tempo investivamo in eventi, party, aperitivi e cene che oggi appaiono un lontano ricordo? E perché così tanto»?

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Infatti, perché?

«Speravamo in un risultato. Ci ritagliavamo tantissimo tempo tra le giornate di lavoro e la vita familiare. Pensa a un padre o una madre di famiglia che lavora, non ha mica tanto tempo per uscire tutte le sere e spendere il proprio tempo a prendere parte a eventi il cui risultato non è certo».

Quindi?

«Gli algoritmi potrebbero suggerire alle persone cosa fare e cosa no sulla base di dati oggettivi analizzati, interpretati e compresi».

Riccardo, con un viso che trapelava un’intensa nostalgia, mi racconta di Boston.

«Tutti i giovedì sera ero lì. Il clima poteva essere bello, pessimo ma ero sempre lì. Al Ventur Cafè di Cambridge».

Perché ti sei emozionato?

«Era un posto quasi magico, ubicato in un palazzo dove giovani ricercatori e startupper legati al mondo del MIT si incontravano tutti insieme con imprenditori, Venture Capitalist e i Business Angel provenienti da tutte le parti d’America».

Immagino…

«L’aria che si respirava nel locale era piena di innovazione. Ascoltando le conversazioni tra le persone presenti, spesso ragazzi giovanissimi e uomini di alta finanza, si percepiva che in quel luogo stavano nascendo le aziende che avrebbero avuto in futuro dei ruoli chiave per lo sviluppo di tutto il Pianeta. La chiusura, causa pandemia, mi ha dato tempo per riflettere e analizzare – ex post – quello che succedeva nel Venuture Cafè di Cambridge e intorno al quartiere studentesco di Boston».

E cosa hai compreso?

«Adesso mi è tutto chiaro. Quel posto forniva uno strumento di incontro qualificato e certo. Il successo delle serate era garantito nonostante il locale fosse spoglio, non ci fosse cibo e il caffè fosse davvero scadente. La qualità della struttura o delle bevande non interessava a nessuno. Ci andavano tutti. E per altri motivi».

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Dopo il rientro in Italia – Finita l’esperienza al MIT Riccardo ha deciso di tornare in Italia, a Roma. E il tono della sua voce trasmette un amore incondizionato per la capitale. Così, si ferma a lavorare nella più importante industria di difesa italiana Leonardo, dove intraprende un percorso manageriale di ampio respiro e si occupa di temi strategici per l’azienda. Non si ferma e continua la sua formazione manageriale grazie al Master in Business Administration della Luiss Business School. Ma il percorso viene interrotto a marzo 2020 a causa della pandemia e da qui nasce la sua idea.

Data manager: Che cosa fai?

«Metto insieme tre cose. La community fatta dai colleghi della Business School Luiss, gli strumenti di intelligenza artificiale appresi in passato e pubblicati su importanti riviste internazionali, il famigerato Coronavirus».

Eureka…

«Sì».

Riccardo sorride. E continua…

«L’idea di un nuova piattaforma digitale che massimizzi il rapporto tempo/beneficio in tema di networking e che sia in grado di fare da ponte tra la dimensione digitale e quella fisica».

Gli occhi si illuminano, non si ferma più.

«Immagina di entrare in una stanza con molte persone e non conosci nessuno. Il successo della serata, in termini di networking, è lasciato alle vostre capacità personali, al carattere ma soprattutto al caso. Quanto sarebbe utile in una occasione del genere avere sul proprio smartphone un’applicazione che ti suggerisca in maniera oggettiva le persone presenti nella stanza più affini a te per formazione, lavoro o hobby? L’intelligenza artificiale sarebbe come un amico. Quell’amico che ti introduce alle persone che ritiene possano essere a te più utili. Replicare l’azione “dell’amico” è possibile ed è facilmente raggiungibile attraverso l’utilizzo di tecnologie in termini di analisi e interpretazione dei dati e che per assurdo ci permetterebbe di fare networking anche stando a casa».

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Conclusioni – Devo essere sincero, ho sempre scritto e letto articoli sull’intelligenza artificiale che mettevano a luce e risaltavano i limiti di quello che noi definiamo reale. Ovvero, che tocchiamo con mano. In questo caso, ed è per questo motivo, ho pensato di scriverci sopra. Perché accade l’opposto. Gli stessi social network ci portano in uno spazio ovviamente reale ma probabilmente sempre più “mentale”.

Cosa mi ha colpito dell’idea di Riccardo? La possibilità di utilizzare la matematica e gli algoritmi sia per semplificare e rendere più efficiente il nostro tempo sia per incontrare – nella realtà – persone che possano aiutarci a completarci. E qui non mi riferisco a Tinder e alle app che ci permettono di incontrare partner di vario tipo ma per soddisfare i nostri desideri professionali.

E mi ha sempre affascinato il fatto che le nostre emozioni, desideri, istinti possano essere ricondotti in qualche modo a un’equazione matematica. Il lavoro di Riccardo Angelini Rota studia il comportamento emergente dell’individuo che va alla ricerca di un obiettivo professionale e non solo.

In che modo l’intelligenza artificiale può aiutare il singolo? Grazie alla collaborazione e all’incontro di altre persone. E non di altre menti. È un’intelligenza artificiale per così dire “umana” che non vede l’ora di ripartire, dopo la chiusura forzata dettata dalla pandemia. È un bel contrasto. No? Un’intelligenza artificiale che aiuta le persone a restare centrate col proprio sentire. Alla relazione con l’altro. Questa AI non vi fa paura. Vero?