La riduzione della segregazione di genere nei settori della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica (STEM) aumenterebbe il PIL nell’UE di circa 820 miliardi di euro e creerebbe fino a 1,2 milioni di posti di lavoro in più entro il 2050
In molte occasioni, la rivista Data Manager si è mostrata sensibile al problema della sotto-rappresentazione delle donne nelle professioni, carriere e studi di tecno scienza, con le interviste di Giuseppe Mariggiò sul tema e presentando donne di successo nei settori dell’informatica, e dell’economia. Purtroppo il divario rimane drammatico quando analizziamo i numeri. Anche solo sfogliando la rivista, però, non possiamo che prendere atto della realtà: in Italia, persiste una immutata preponderanza di uomini che lavorano con successo e che si trovano in posizioni dirigenziali nel settore dell’information technology, in tutte le sue varie diramazioni. Il quadro non cambia, o cambia solo lievemente, in Europa. Se non per motivi etici e di giustizia distributiva, ragioni strettamente economiche richiedono un drastico e tempestivo cambiamento di rotta.
Il Gender Equality Index 2019 afferma che l’ampia sotto-rappresentanza delle donne in settori come l’ICT corrisponde a un grande spreco di risorse umane altamente qualificate e di potenziale economico (EIGE, 2018d). La riduzione della segregazione di genere nei settori della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica (STEM) aumenterebbe il PIL nell’UE di circa 820 miliardi di euro e creerebbe fino a 1,2 milioni di posti di lavoro in più entro il 2050 (EIGE, 2017a).
Il Gender Equality Report 2020, appena pubblicato, è ancor più puntualmente dedicato ai nostri temi: Digitalisation and the future of work, e Gendered patterns in use of new technologies.
Nonostante la crescita complessiva e l’elevata domanda di competenze relative sul mercato del lavoro, solo il 20% dei laureati nei settori correlati sono donne e la quota di donne nei posti di lavoro ICT è del 18% (una diminuzione di 4 punti percentuali rispetto al 2010!). Secondo l’Index 2020, esiste inoltre un notevole divario di genere tra i ricercatori e gli ingegneri nei settori ad alta tecnologia che potrebbero essere mobilitati nella progettazione e nello sviluppo di nuove tecnologie digitali – il potenziale non sfruttato delle ricercatrici di talento. Riportiamo brevemente alcune proposte dell’European Institute for Gender Equality, responsabile del citato Index:
- Poiché le donne corrono un rischio leggermente maggiore degli uomini di essere sostituite nei loro posti di lavoro (per es. nei lavori d’ufficio) da sistemi digitali e i nuovi posti di lavoro emergenti sono spesso concentrati nei settori delle ICT e delle STEM, dominati dagli uomini, occorre promuovere la parità, per esempio, migliorando le competenze di alcuni lavori svolti per lo più da donne;
- Dato l’emergere di nuove funzioni e nuove professionalità, occorre eliminare gli stereotipi e i gender bias dalla valutazione dei risultati del lavoro e soprattutto eliminarli dagli impieghi nella platform economy;
- È indispensabile assicurare social protection alle lavoratrici autonome che si occupano di platform economy. Circa la metà delle madri che esercitano un’attività autonoma non ha infatti diritto a prestazioni di maternità nell’UE e l’accesso al congedo parentale è limitato in alcuni Stati membri.
La mancanza di protezione sociale è diventata particolarmente problematica durante la crisi COVID-19, che ha evidenziato l’importanza dell’accesso, per esempio, alle indennità di disoccupazione e alle indennità di malattia.
In conclusione, secondo l’Index, la platform economy così accresciuta a causa del COVID-19, difficilmente porterà a un miglioramento delle misure di social protection per le donne, senza un forte impegno a promuovere misure specifiche per sostenere l’equilibrio tra lavoro e vita privata, quest’ultima a carico soprattutto delle donne.
Gianmarco Veruggio scienziato robotico – www.veruggio.it