Intelligenza artificiale, computer vision e telemedicina sono le tecnologie che vengono maggiormente utilizzate dalle startup healthcare e che hanno dirottato la maggior parte degli investimenti nel settore
Non si fa che parlare di Covid-19. Ovvio, siamo in una pandemia. Ma rischiamo di sottovalutare però anche le altre malattie. E i Venture Capital hanno trovato l’opportunità giusta per investire ancora più risorse nelle startup del mondo della sanità. Raggiungendo così il record di investimenti nel settore. Stiamo parlando di 80.6 miliardi di dollari e quasi 6.000 accordi chiusi. Le startup maggiormente finanziate sono quelle che si occupano di sviluppare prodotti per il mercato della salute utilizzando strumenti di intelligenza artificiale; usare tecnologie di monitoraggio da remoto per offrire servizi ai pazienti; sviluppare dispositivi medici, anche app, in grado di fare diagnosi e di valutare il rischio di malattie.
Ci sono startup che si focalizzano esclusivamente sui problemi di salute del mondo femminile e altre che mettono a punto dispositivi che memorizzano i dati che vengono studiati in tempo reale da software guidati dall’intelligenza artificiale per aiutare i pazienti con problemi psichici o emotivi oppure per la commercializzazione e la ricerca e sviluppo di terapie geniche.
COME MAI TUTTO QUESTO INTERESSE?
Sono innumerevoli le ricerche su questo campo, soprattutto nell’ultimo periodo di crisi sanitaria. Tra le tante, mi ha colpito un recente lavoro del Massachusetts Institute of Technology (MIT) sulla lotta ai tumori del seno. Nei precedenti articoli, ho parlato spesso di intelligenza artificiale applicata al mondo della salute e ne ho anche descritto i limiti. Questo – però – è uno dei pochi lavori che esistono in letteratura dove ci si è posti il problema di lavorare con dati che includessero le minoranze etniche. Soprattutto perché nel caso di pazienti oncologici, le probabilità di sopravvivenza non si distribuiscono equamente, ma si riscontrano percentuali differenti a seconda dei cluster d’età, genere e popolazione.
L’algoritmo “Tirai”, questo è il nome dato dai ricercatori del MIT, riesce a prevedere in maniera molto accurata il rischio di cancro al seno. La cosa più interessante è che sembrerebbe non perdere di attendibilità, confrontandolo con dati appartenenti ad altri gruppi della popolazione, età o negli altri sottotipi di cancro. Come funziona? Nonostante l’ampia adozione dello screening del cancro al seno, i ricercatori affermano che la pratica tradizionale è piena di controversie: strategie di screening più aggressive mirano a massimizzare i benefici della diagnosi precoce, mentre gli screening meno frequenti mirano a ridurre i falsi positivi, l’ansia e i costi per quelli che non svilupperanno mai il cancro al seno. Le attuali linee guida cliniche utilizzano modelli di rischio per determinare quali pazienti dovrebbero essere raccomandati per diagnosi di imaging supplementari e risonanza magnetica. Mentre altre linee guida utilizzano modelli di rischio in base all’età per determinare se e con quale frequenza una donna dovrebbe essere sottoposta a screening. Altre ancora combinano più fattori correlati all’età, agli ormoni, alla genetica e alla densità del seno per determinare ulteriori test. E nonostante diversi anni di ricerca continua, l’accuratezza di questi modelli nella pratica è molto marginale.
Quindi, cosa hanno fatto al MIT? Grazie alla capacità deduttiva delle reti neurali sono riusciti a creare una macchina capace di stratificare il rischio di cancro al seno, integrando la capacità di lettura dell’imaging mammografico alla valutazione degli score di rischio di sviluppo della patologia. Successivamente, hanno integrato altri modelli che prendono i fattori di rischio del singolo individuo, come età, menopausa, gravidanze e così via. E li hanno messi insieme ai fattori di rischio ambientale.
E hanno, infine, sviluppato un algoritmo capace di eliminare le discrepanze fra macchinari diversi con capacità diagnostica differente. In sintesi, l’immagine mammografica viene codificata. Successivamente, vengono codificate diverse immagini prese da diverse angolazioni e aggregate, in modo tale da avere una rappresentazione molto accurata dell’intera mammografia. E da questo punto in poi, gli algoritmi integrando quanto detto prima danno una risposta, in altre parole, se la paziente è a rischio oppure no di sviluppare un cancro al seno nei successivi cinque anni.
PERCHÉ LO STUDIO È COSÌ RILEVANTE?
L’intelligenza artificiale non si ferma alla semplice analisi di un tipo di dato, lo integra con vari dati, e soprattutto fa una sorta di ragionamento clinico autonomo che col passare del tempo migliora da solo. Quale futuro? Questa tecnologia potrebbe essere messa a disposizione nell’uso di metodiche di imaging sempre più precise come la risonanza magnetica. E avere così un set di dati ancora più consistente, con una capacità di lettura sempre più precisa. Il sogno dei ricercatori è quello di rendere accessibile questa tecnologia soprattutto alle minoranze etniche perché le donne afro-americane continuano a presentare il cancro al seno in giovanissima età, e spesso anche in fasi successive.
La ricerca scientifica parte dal basso per rispondere a una esigenza di cura. Mentre, dall’alto del capitalismo, viene fuori l’urgenza di mettere a disposizione ingenti somme di denaro a favore della ricerca. Urgenza che è anche un’opportunità. Nel caso della pandemia, il motto è stato paghiamo l’impossibile per una cura. Ed è arrivata. Ma le risorse economiche non sono andate solo alle aziende farmaceutiche che hanno sviluppato il vaccino. Hanno creato un indotto e tutto il settore biotech ne ha beneficiato. Gli investitori, non solo Venture Capital, hanno cominciato e sembrano ancora investire nella ricerca e nelle startup biotech scommettendo sulla ricerca. Proprio perché il tema è ancora molto sentito. La tecnologia e l’affidabilità della ricerca sono le prime cose che vengono analizzate dagli investitori. E spesso dimentichiamo che proprio le nuove tecnologie hanno permesso ai vaccini di essere fruibili in così poco tempo.
QUALI I RISCHI?
A volte, ci si chiede perché in Cina la pandemia è scomparsa nel giro di pochi mesi. La verità è che la Cina ha adottato anche strumenti di sorveglianza molto profondi e tecnologicamente evoluti, tracciando gli spostamenti e facendo largo impiego di soluzioni di computer vision e intelligenza artificiale. Tutto ciò ha dimostrato di essere efficace dal punto di vista del contenimento dei contagi e ha permesso alla Cina di riprendere la strada della crescita economica in un tempo molto breve. Ma lascia delle domande aperte soprattutto dal punto di vista etico. Alle quali, le tecnologie non potranno mai dare una risposta.