Talend, il futuro data-driven

Talend, il futuro data-driven

I dati abbondano. Il rischio è non utilizzarli al meglio. Le attività chiave di analisi e strategia spesso sono penalizzate. Una visione parziale o distorta dei dati può avere un impatto negativo sui risultati finanziari e sulle strategie da mettere in atto. Più dati sono disponibili e più facilmente vengono racchiusi in compartimenti stagni. I team di lavoro sono impegnati a capire quali dati vengono generati e dove vengono memorizzati.

Risultato: il caos dei dati. Un caos per il quale verranno accusati gli stessi manager dei dati, che dovranno dedicare ancora più tempo a districare la matassa. «Occorre invece raccogliere l’intelligenza nascosta, partendo da una integrazione completa sui dati e disponibilità dei self-service» – spiega Antongiulio Donà, VP sales Italy di Talend. «Occorre accelerare l’accesso alle informazioni e soprattutto fornire ai manager un metodo veloce per valutare la rilevanza e l’affidabilità dei dati, sfruttando al meglio la potenza dell’intelligenza dei dati a tutto vantaggio dell’organizzazione. Eppure, proprio nei momenti più difficili, molte aziende non riescono a sfruttare pienamente questa risorsa» – continua Donà. «La velocità è un fattore critico di successo. Ma vale a poco essere veloci, se le decisioni non sono guidate da dati di qualità. Capire in poco tempo se le informazioni che guidano le nostre attività sono valide o meno è essenziale per procedere spediti ma in sicurezza».

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Ma il viaggio è ancora lungo

«Abbracciare il cambiamento significa cambiare abitudini» – spiega Donà. «Il bisogno rende disponibili risorse e abilita comportamenti coraggiosi. Abbiamo implementato innovazioni anche senza averle coltivate ma questo ha reso tutti coscienti che i processi devono essere più veloci, il nostro compito sarà quello di migliorare la nostra capacità di guardare ai risultati ottenuti, sarà necessario guardare alla qualità dei nostri processi e dei nostri dati, alla loro affidabilità ed efficacia. Il futuro è essere data-driven ma il viaggio è ancora lungo. La questione della qualità del dato, se declinata sul cloud, ha valenze anche maggiori. Oggi, tendiamo a riempire il data lake praticamente di tutto. La semplicità dell’accesso del cloud e l’accessibilità dei costi sembrano un motivo in più per puntare sulla quantità dei dati da raccogliere e meno su una loro differenziazione a monte. Il fatto è che più ampliamo i livelli di questo “lago” e più abbiamo bisogno di potenza di calcolo e tempi per scavare in profondità».

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In questo terribile periodo moltissime imprese hanno sostenuto l’occupazione a discapito dei profitti e dei risultati e Talend è a pieno titolo tra queste. «L’attenzione del nostro top management per i paesi che hanno vissuto i momenti più critici è stata esemplare: momenti di aggregazione a distanza con le famiglie, grandi call di gruppo per condividere speranze, difficoltà, opportunità e anche tristezze. Questo periodo ha avvicinato le aziende al cittadino non più visto come puro business ma come controparte, come interlocutore. Il recupero di una dimensione più umana e meno consumistica che il virus ci ha imposto, sarà lo stimolo per modelli e comportamenti delle aziende sempre più eticamente orientate ai bisogni».

La paura fa parte della vita, il rischio possiamo gestirlo – anche se qualsiasi “piano B”, sarà differente dalla realtà da affrontare. «Analisi predittive, sviluppo di modelli innovativi, uso di intelligenza artificiale sono le variabili che potranno ridurre e compensare i rischi ma alla base del loro utilizzo c’è la massima conoscenza della realtà circostante, del contesto. Solo chi saprà gestire e utilizzare il maggior numero di dati potrà fare leva su queste variabili» – afferma Donà. A fronte di pochi dati, l’AI è inferiore all’intelligenza umana, non è l’uso dell’intelligenza artificiale che aiuterà le imprese ma la loro capacità di estrarre conoscenza da una base di dati sempre più vasta, complessa e articolata».

Ripensare il modo di essere e fare imprese, significa imparare quello che abbiamo appreso e non ritornare alla cosiddetta normalità. Probabilmente la domanda non è già più “come si diventa interattive” ma “come si sfrutta al meglio l’interattività”. Diventare interattivi è un bisogno, migliora e migliorerà la capacità di sviluppare modelli di business sempre più aderenti alle necessità ma fare leva sulla interattività è una sfida che nasconde rischi noti e imprevisti. La trasformazione digitale e l’interattività genereranno moli di dati impensabili e imporranno approcci efficaci ed efficienti e le capacità di prevedere i costi saranno determinanti.

«Abbracciare il cambiamento significa cambiare abitudini. Ripensare il modo di fare impresa. I dati abbondano. Il rischio è non utilizzarli al meglio»

Far ripartire il Paese

Il diritto di cittadinanza del nuovo continente digitale pone anche problemi di sovranità dei dati. Il cloud avanza, l’emergenza ha rotto le ultime resistenze anche in Italia. In Europa con Gaia-X parte la sfida del cloud europeo anche come volano della ripresa, mentre in Italia la sfida della rete unica pone al centro il tema della governance. Connettività, cloud, dati, intelligenza artificiale per accelerare la ripresa economica e inaugurare una fase di crescita per il nostro Paese. «Certamente il tema della governance è strategico a qualsiasi livello e le reti e la connettività sono centrali. E il nostro Paese è ancora molto indietro – spiega Donà. Grazie alla innovazione tecnologica della rete sono nate esperienze di business. C’è tanto patrimonio di innovazione, buone pratiche e talento da sfruttare in Italia, per lo sviluppo del Sud. Lo smart working deve diventare business intelligente non più legato alla latitudine. Con reti adeguate sarà possibile trasferire conoscenze e dati in quantità tali da sostenere modelli innovativi di azienda e di business».

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Secondo Donà, la sfida più importante è quella della riservatezza e della protezione dei dati per riequilibrare le asimmetrie informative che si traducono in asimmetrie economiche. «Il sano equilibrio tra la necessità di avere sempre il meglio ma di essere soggetti al controllo sistematico è l’unica sfida critica che potremmo mancare. D’altro canto esagerare nel controllo rischia di azzerare l’innovazione e la creatività e anche questi sono rischi che possono azzerare le aspettative di un paese. I rischi sono connessi al cambiamento: impossibile scinderli e prevederli, inutile associare Enrico Fermi a Hiroshima. Il rischio di un conflitto sociale è molto ridotto dalla aleatorietà della rete: non sappiamo dov’è il nostro avversario! Le ultime generazioni “non” tecnologiche si stanno naturalmente riducendo numericamente e le nuove sono molto più predisposte al cambiamento. Il tema della governance è identico se lo pensiamo all’interno di una grande azienda e lo mutuiamo verso il basso, verso aziende sempre più piccole. Proprietà, diritti, garanzie, protezione, riservatezza sono elementi cardine che devono necessariamente essere affrontati da tutte le aziende, pubbliche e private, perché il confine sarà sempre più sottile. Minore sarà la distanza tra utenti e dati e più facile sarà comprendere e gestire la governance. Paradossalmente, il self-service dei dati è l’unico strumento che renderà ogni singolo “cittadino” dei dati promotore di una strategia di governance condivisa».