Eni, l’energia per cambiare

Transizione energetica e digitale. «Abbiamo l’occasione di innescare un revamping infrastrutturale. Non possiamo permetterci di sprecare questa occasione unica»

Ogni rivoluzione, ha i suoi momenti di accelerazione e involuzione. «ll nostro compito è quello di assicurare che ai passi in avanti non seguano degli arretramenti dettati dall’incertezza. Dobbiamo proseguire sulla strada del cambiamento con assetti multipli» – afferma Gabriele Provana, head of Infrastructure Operations & Delivery della direzione Digital & IT di Eni.

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

«Definizioni a parte, l’IT è un modo di accedere a un mondo fatto di conoscenze, produttività, creatività, tecnologie, competenze, dati e algoritmi. È l’asset portante della trasformazione digitale che non è fatto solo di tecnologie. Dobbiamo garantire il mantenimento e l’evoluzione di un governo che sia trasversale all’azienda secondo una logica di piattaforma che permetta all’organizzazione di funzionare e crescere contemporaneamente. Che l’infrastruttura sia on premise o in cloud, è l’insieme del governo che deve essere coerente, altrimenti si rischia di dissipare il patrimonio di dati e conoscenza».

L’IT centro di valore

Secondo Provana, ci siamo troppo focalizzati sui ruoli e le definizioni. «È ora di smetterla. Dobbiamo guardare alle necessità e ai risultati per creare valore ovunque e in ogni contesto, ma al tempo stesso dare continuità e garantire l’integrità del sistema, innovandolo dal suo interno. I CIO non devono avere i superpoteri ma competenze tecniche, multidisciplinari e manageriali per contribuire a costruire all’interno dell’azienda la cultura dell’evoluzione». Le aziende sono come organismi viventi: per evolvere hanno bisogno di continuità ma anche di sfide, perché l’evoluzione è sempre la risposta al cambiamento.

«C’è la trasformazione che si alimenta di programmazione, destinata all’ottimizzazione dell’esistente, e c’è anche la trasformazione disruptive che accelera improvvisamente e apre nuovi spazi. Veniamo da un decennio in cui i CIO hanno avvallato i cambiamenti più che esserne attori. Ci sono CIO più coraggiosi e capaci di concepire l’innovazione ad ampio spettro, capaci di muovere le aziende e generare il consenso – afferma Provana – e altri che credono che l’innovazione sia un algoritmo, la ripetizione di uno schema dettato dalla tecnologia che appare sul mercato. Il lockdown ha dimostrato che possiamo essere ordinati esecutori ma anche creatori di innovazione, spazzando via la tendenza corriva a considerare i CIO prestatori d’opera a consumo. Sono più di vent’anni che sono in Eni. Il valore di essere uomini d’azienda si riconosce nei momenti critici. Conoscere e avere confidenza con il contesto dell’azienda fa la differenza. Non sempre i manager di mercato sono in grado di farlo, perché è difficile entrare nella logica di una grande azienda: prima bisogna assorbirne la cultura, i valori, i meccanismi, le complessità e i vincoli, pur mantenendo un’originalità di ideazione e di giudizio».

Leggi anche:  Officine Credem, il volto umano della banca come tech company

L’IT è il sistema nervoso dell’azienda – spiega Provana. «Ricordo le discussioni di qualche anno fa sulla contrapposizione tra IT strategico e operativo, oppure la diatriba sull’IT come centro di costo, di profitto o di servizi. L’IT deve essere centro di valore. Oggi, sarebbe come chiedersi se il cuore è strategico all’interno del corpo umano». Il seme del cambiamento può essere casuale o necessario, piantato da diverse funzioni. «Il CIO non è solo l’architetto dei sistemi, ma è quello che prepara il terreno, che crea le condizioni perché quel seme possa germogliare e crescere. Il digital divide non è solo tecnologico ma anche culturale. La crisi ci ha dimostrato che lo sforzo lo abbiamo fatto sulle infrastrutture a livello tecnologico ma l’altro grande sforzo lo abbiamo fatto sulle organizzazioni e sulle persone che si sono dovute adattare velocemente al cambiamento».

Il faro della trasformazione

Nel piano di trasformazione digitale, Eni ha coinvolto tutti i più importanti paradigmi della nuova IT partendo dal nostro Green Data Center e immaginando un futuro ibrido e multi-cloud come infrastruttura complessiva abilitante. «Abbiamo sviluppato applicazioni di data science applicate a contesti industriali per la manutenzione predittiva e l’asset integrity degli impianti industriali» – continua Provana. «Un altro progetto importante è stato quello di Smart Safety per il monitoraggio delle condizioni di sicurezza e salute dei dipendenti. Senza considerare tutto il lavoro sulla remotizzazione del lavoro con il potenziamento in parallelo della cybersecurity e della data protection. Lo smart working non lo abbiamo inventato a febbraio, ci lavoravamo da due anni, con tutte le funzioni aziendali: la differenza è che a febbraio eravamo circa 4.500 persone in smart working volontario, nell’arco di una settimana abbiamo dovuto scalare a oltre 21mila persone. Tra gli altri esempi concreti di digitalizzazione in Eni, il Centro Olio Val d’Agri dimostra come trasformare la complessità operativa di un impianto, concentrando le tecnologie più innovative a supporto dell’efficienza, dell’ottimizzazione dei processi e delle attività lavorative quotidiane, per migliorare i risultati in termini di salute, sicurezza e ambiente, efficienza produttiva, gestione e integrità degli asset».

Leggi anche:  Massimo Olivieri, innovazione e istantaneità

Senza crisi – afferma Provana – non ci sono sfide perché è nelle crisi che mettiamo alla prova noi stessi. «Basta guardare alle mappe del traffico e dei livelli di inquinamento delle città per capire che un mondo diverso è possibile. La remotizzazione massima del lavoro non è la soluzione definitiva, ci sarà un nuovo equilibrio al quale dovremmo abituarci, non come somma ma come moltiplicazione». Anche il percorso intrapreso dall’Europa su sicurezza, cloud, data center e processori rappresenta – secondo Provana – un impegno a lungo termine per armonizzare l’ambiente informatico, definendo un approccio comune di architettura, metodo e progettazione. «Ci stiamo rendendo conto che il potere del dato sopravanza quello della pura tecnologia, lo dimostrano gli Hyperscaler digitali che hanno soppiantato interi settori di mercato creandone altri, trasmigrando dati, informazioni, potere ed economia in altri contesti del mondo. Forse, lo abbiamo capito un po’ tardi ma dobbiamo recuperare terreno. Gli Hyperscaler del digitale offrono grandi opportunità ma è lecito chiedersi se il loro atteggiamento nel futuro sarà lo stesso o cambierà. Stanno di fatto rompendo molti equilibri».

Siamo nel pieno della transizione energetica, una trasformazione dentro la trasformazione. «Non è solo un tema di fluttuazione dei prezzi ma è un bisogno di sostenibilità» – spiega Provana. «Un mondo senza energia non è possibile. Occorre guidare la transizione verso un nuovo futuro fatto di energie rinnovabili nell’orizzonte degli obiettivi sostenibili dell’ONU a cui abbiamo aderito. Eni ha lanciato un piano per i prossimi decenni per essere protagonisti di questo passaggio epocale dalle fonti fossili a quelle rinnovabili e alle energie del futuro che sono alla base della quarta rivoluzione industriale. Energia e digitalizzazione sono due mondi interconnessi che si alimentano a vicenda, mettendo la tecnologia al servizio dell’energia e l’energia al servizio del cambiamento e della crescita del Paese. Il futuro ci incalza. La transizione energetica e l’economia circolare sono due pilastri portanti nella costruzione di un futuro sostenibile. La trasformazione digitale e l’innovazione tecnologica possono essere due potenti abilitatori per costruire quell’era digitale cui ci stiamo affacciando. Innovazione, cultura digitale, comprensione e governo del cambiamento possono essere guidati da una nuova etica della tecnologia che renda sostenibile ed equa questa evoluzione digitale,  progettando il futuro che vogliamo. Un futuro digitale agito dalle persone e fatto per le persone.  Abbiamo l’occasione di innescare un revamping infrastrutturale e tecnologico di ampia portata. Non possiamo permetterci di sprecare questa occasione unica».

Leggi anche:  Passepartout guida la trasformazione delle PMI italiane