Dalla potenza di calcolo esponenziale per analizzare i Big Data alla crittografia, perché lo sviluppo del computer quantistico è così strategico? Il passaggio dal computer classico al computer quantistico per una nuova era dell’informatica
Catalina Curceanu è primo ricercatore all’INFN, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Laboratori Nazionali di Frascati, dove dirige un gruppo che lavora nel campo della fisica nucleare e quantistica. Membro della Foundational Questions Institute (FQXi), nel 2017 ha ricevuto il Premio Emmy Noether della European Physical Society. Ha organizzato decine di conferenze internazionali ed è autore di più di 400 pubblicazioni. Prima di iniziare a parlare di Quantum Learning e della rivoluzione che i computer quantistici porteranno nel campo dell’intelligenza artificiale – che farò nei prossimi articoli – ho pensato di partire dalle basi della tecnologia quantistica. E così ho pensato di intervistare Catalina, che da diversi anni porta avanti con una passione fuori dal comune le sue ricerche in questo campo nei sotterranei del Gran Sasso.
Data Manager: Cosa è un computer quantistico e perché inizia a essere così rilevante?
Catalina Curceanu: Il computer quantistico è il computer che al posto del bit del computer attuale – che ha valore 0 oppure 1 (la corrente passa o non passa) – utilizza il qubit, sfruttando una proprietà squisitamente quantistica, la sovrapposizione di stati. Cioè sistemi quantistici che si trovano in uno stato che è simultaneamente 0 e 1. Come tale, la potenza di calcolo, che dipende dal numero di qubit disponibili, è – almeno in alcuni casi – esponenzialmente più elevata rispetto a un computer normale. Addirittura, nella cosiddetta supremazia quantistica, il computer quantistico sarebbe più veloce di qualunque computer “normale” (almeno per certe operazioni). Questo fa sì che il computer quantistico potrebbe essere usato in calcoli che attualmente sono difficili o impossibili da fare. Abbinato poi alla crittografia quantistica – un metodo per criptare i dati che si basa su un’altra meraviglia quantistica e cioè l’entanglement, una forma di “sorellanza” fra le particelle – ci porterebbe in una nuova era dell’informatica: l’informatica quantistica.
In questa nuova era quali tipi di applicazioni sono e saranno sempre più dirompenti?
Come ogni tecnologia che è agli albori, è difficile immaginare le applicazioni che saranno utilizzate di più. La mia idea è che ci saranno applicazioni che nemmeno immaginiamo. E che daranno un contributo rilevante in tanti campi, a partire dalla medicina e allo studio del cervello, passando dall’analisi dei Big Data allo studio della stessa meccanica quantistica. In medicina, si può immaginare l’impiego dei computer quantistici per calcoli e simulazioni che ci porterebbero verso una medicina sempre più personalizzata. Un’altra applicazione sarà nel campo della realtà virtuale, e non solo per giochi sempre più realistici, che ci portano in mondi nuovi ed esotici, ma anche e soprattutto per allenare chi deve lavorare in condizioni impossibili da riprodurre diversamente.
Possono completarsi a vicenda computer tradizionali e quantistici?
Assolutamente sì. Ci sono anche tanti sviluppi interessanti nella tecnologia dei computer classici e ci sono alcune operazioni che i computer quantistici non sono in grado di eseguire attualmente. Almeno finché non capiremo come far fare ai computer quantistici quello che i computer attuali possono fare, ci sarà sempre spazio per la tecnologia classica. Non dimentichiamoci che i computer quantistici sono ancora nella loro infanzia e molte cose – inclusa la programmazione quantistica, l’informatica quantistica – sono da inventare. Ci sarà ampio spazio per le generazioni future e sono convinta che assisteremo a vere meraviglie.
Hai parlato di operazioni che i computer quantistici non sanno ancora compiere. I computer quantistici hanno così ancora tanti limiti soprattutto tecnologici…
Si, perché per far funzionare un computer quantistico bisognerebbe lasciare sopravvivere i qubit, ovvero, la sovrapposizione di stati. La sovrapposizione di stati, però, è molto, molto fragile. Pensa che basterebbe un’interazione con una molecola d’aria, per esempio, per distruggere la sovrapposizione, arrivando così alla decoerenza quantistica.
Cosa vuol dire?
Che bisogna mantenere il sistema che genera il qubit isolato, ma è impossibile mantenere un sistema isolato per sempre. Non esiste un vuoto assoluto, per esempio.
Come risolvere questo problema?
Si stanno sviluppando modelli nei quali vengono anticipati e corretti gli errori, in modo tale da far funzionare il computer quantistico. Ma c’è anche un problema di fisica fondamentale.
Siamo sicuri che la meccanica quantistica è una teoria valida per tutti i sistemi indipendentemente delle loro dimensioni?
Questa domanda è riconducibile anche al cosiddetto paradosso del gatto di Schrödinger e, insieme al mio gruppo, stiamo facendo un esperimento dedicato su questo. Perché se trovassimo una teoria oltre la meccanica quantistica, questa avrebbe un impatto importante anche sui computer quantistici.
USA e Cina sembrano un passo avanti a tutti nella ricerca sul computer quantistico. Siamo davvero così lontani? E se sì, cosa si può fare per cercare di ridurre il gap?
Si, sono due paesi che investono parecchio nelle tecnologie quantistiche e non necessariamente per l’amore della scienza. Chi avrà i computer quantistici più efficienti avrà anche notevoli vantaggi economici e strategici. Per questo, i computer quantistici vengono sviluppati non solo nei laboratori di ricerca, ma anche da diverse multinazionali e dai militari. Abbiamo visto per esempio Google alle prese con Sycamore – computer quantistico che utilizza circuiti superconduttori con 53 qubit – che si diceva fosse riuscito ad arrivare per primo alla supremazia quantistica. C’è sempre più interesse a sviluppare computer quantistici con un numero sempre più alto di qubit. Anche l’Europa sta lavorando su questi temi e c’è un intero programma della comunità Europea dedicato alle tecnologie quantistiche. Mi viene in mente il Quantum Technologies Flagship, che finanzia progetti dedicati alle tecnologie quantistiche, incluso il computer quantistico, ma anche le comunicazioni quantistiche e la sensoristica quantistica. È una strategia che potrebbe portare a risultati molto interessanti, perché mette insieme e in competizione, tutti i gruppi che svolgono ricerca in questo campo.
Cosa manca?
Talvolta, oltre ai finanziamenti, manca un’educazione delle nuove generazioni che integri di più e meglio la quantistica nei programmi di studio, perché è uno dei pilastri della nostra conoscenza del mondo e dell’Universo.
Quale futuro?
Un futuro che procede un passo dopo l’altro, un qubit dopo l’altro, per arrivare sempre più in là… sul viale quantistico. Bisognerà studiare e magari trovare nuovi sistemi quantistici. Non solo gli ioni, ma anche i circuiti superconduttori, più adatti a formare qubit e mantenerli in vita. La fisica quantistica manifesta proprietà meravigliose quali la sovrapposizione di stati e l’entanglement, che si manifestano nel mondo delle particelle, quello microscopico. Il focus della nostra ricerca è quello di portare questo mondo a scale macroscopiche e utilizzare la sinfonia quantistica dei qubit per risolvere una serie di problemi attualmente senza soluzione.