Da molti mesi la disruption generata dall’impatto di Covid-19 è al centro di analisi trasversali, che hanno l’obiettivo di individuare i profili di rischi e opportunità dei cambiamenti che stiamo vivendo.
Le catene del valore, a tutti i livelli, sono fortemente impegnate in un lavoro di adattamento costante, come è naturale che accada in ogni organizzazione complessa. Indipendentemente dal proprio mercato, dal posizionamento nelle value chain e dal proprio contesto competitivo, esistono tuttavia cambiamenti che stanno interessando in modo trasversale tutte le aziende impegnate in questo processo di adattamento, e questo sta avvenendo negli snodi profondi della natura organizzativa del lavoro.
La pandemia ha infatti generato un “new normal”, dove smart working, webinar e meeting virtuali hanno completamente rivoluzionato le abitudini lavorative. A quattro mesi dalla riapertura, le aziende stanno ora cercando un nuovo equilibrio dinamico, fra approcci più orientati a tornare alla quotidianità “pre pandemia” e nuove possibilità offerte dall’implementazione degli strumenti tecnologici e organizzativi più aperti alla collaborazione a distanza.
L’attuale situazione, oltre ad aver profondamente mutato le aziende a livello globale, ha anche spianato la strada ad attività di transformation. A fare da padrona è stata la tecnologia, stimolando le tre tendenze che hanno definito in qualche modo questa nuova normalità: la quasi-ubiquità del lavoro da remoto, il boom della digitalizzazione e dell’automazione e la rifusione delle reti di produzione e fornitura.
Il lavoro agile, o “smart working”, nonostante non fosse nuovo a diverse organizzazioni, ha subito un’impennata significativa: diverse aziende ne hanno fatto uso per non interrompere il flusso di lavoro, dalla Pubblica Amministrazione a tutte le società di servizi pubbliche e private, dando vita a un nuovo tipo di rapporto di fiducia e di empatia tra manager e dipendenti.
A livello più profondo, il maggiore spazio dato alle tecnologie, comprese le forme in grado di automatizzare compiti più tradizionali e routinari, ha fatto emergere con maggiore evidenza l’importanza delle competenze legate all’emotional intelligence – come consapevolezza di sé, autogestione, consapevolezza sociale e gestione delle relazioni. Si tratta di competenze il cui valore è sempre più riconosciuto da dirigenti e manager: per questo è molto probabile che nei prossimi anni siano destinate a diventare un requisito fondamentale per raggiungere il successo organizzativo. Se però da un lato, secondo le ricerche di Capgemini, la domanda di competenze in tema di emotional intelligence (EI) è destinata ad aumentare di sei volte nell’arco dei prossimi 3-5 anni, dall’altro il recruiting e la formazione in questo settore devono necessariamente adeguarsi, in modo tale da cogliere i benefici che la stessa EI offre in termini di soddisfazione dei dipendenti, creazione di utili, minore attrition e riduzione dei costi.
Le aziende che hanno dipendenti con un’elevata intelligenza emotiva stanno raggiungendo benefici significativi. Dal report “Emotional intelligence – the essential skillset for the age of AI” del Capgemini Research Institute, emerge come circa il 60% delle organizzazioni che abbiamo intervistato ha dichiarato di aver ottenuto un incremento dei benefici di oltre il 20% grazie a lavoratori con un’elevata EI.
I principali benefici quantitativi includono una migliore produttività, un più elevato grado di soddisfazione dei dipendenti e una maggiore quota di mercato.
In cosa consiste dunque la sfida per le aziende? Fatta eccezione per tutti quei settori in cui la presenza umana è fondamentale e necessaria sul campo, le organizzazioni dovranno fare i conti con la nuova quotidianità, tentando di trovare il giusto equilibrio sia nel rapporto con i clienti che nel coordinamento dei team di lavoro. È naturale che la tecnologia continuerà a rappresentare il principale fattore abilitante di questi cambiamenti. Tuttavia, le soft skills e l’empatia avranno un ruolo sempre più centrale, consentendo alle società di rimanere performanti in questo nuovo complesso modello del vivere quotidiano. Le aziende sono quindi chiamate a cogliere l’occasione per mettere a terra i cambiamenti che le aiuteranno a superare questo momento e ad avere successo nel nuovo mondo.
Andrea Falleni amministratore delegato di Capgemini Italia