MPAI: dalla compressione alla comprensione con l’AI

MPAI, un anno dopo. Leonardo Chiariglione: «Il futuro non aspetta»

Intervista a Leonardo Chiariglione, il “padre” dell’MPEG e dell’MP3

Lo scorso 30 settembre è nata una nuova associazione internazionale senza scopo di lucro, denominata “Moving Picture, Audio and Data Coding by Artificial Intelligence (MPAI)”, dalla volontà di 33 esperti di grande valore provenienti da 15 nazioni sparse in quattro continenti. L’ispiratore di questa nuova avventura, eletto Presidente dell’associazione stessa, è un nostro connazionale, Leonardo Chiariglione, noto per essere stato promotore in passato di un gruppo internazionale che ha prodotto gli standard audio-video MPEG-1, MPEG-2, MP3 e che ci ha gentilmente concesso una breve intervista.

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Ingegnere, perché è stato deciso di avviare questa associazione e quali i suoi obiettivi?

«Le ragioni sono principalmente due. Per più di tre decenni mi sono occupato di standard per la compressione audio video anche ispirati dalle mie prime ricerche in CSELT sulle tecnologie che sono poi diventate mainstream nella compressione dei segnali audio e video. Queste si basano sostanzialmente sull’uso della correlazione tra campioni, quindi sulla statistica del segnale, contemperata da tecniche ausiliarie perché la statistica del segnale è tutto meno che gaussiana. Le tecniche di intelligenza artificiale sono maturate a tale punto che la capacità di insegnare alle macchine a fare cose, le porta a comportarsi, a posteriori, in modo più efficace delle vecchie macchine a cui veniva insegnato – cioè venivano programmate – a comportarsi in modo a priori. La seconda ragione riguarda l’evoluzione della tecnologia che ha portato gli standard a incorporare molti brevetti e ai vincoli della normazione che è stata incapace di superare il vecchio modello FRAND (Fair, Reasonable and Non-Discriminatory). MPAI nasce quindi per rispondere a esigenze consolidate ovviando all’esaurimento di due filoni: uno di tecnologia e l’altro di processo».

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Le nuove tecnologie (ad esempio il 5G) sono diventate fonte di una nuova “guerra fredda”. Quanto ciò potrà impattare in MPAI considerando il suo afflato internazionale?

«Penso che gli standard devono giocare lo stesso ruolo che la diplomazia ha sempre giocato in contesti di guerre calde o fredde. Gli standard possono giocare questo ruolo tanto meglio quanto più i processi con i quali gli standard sono sviluppati sono chiaramente definiti e seguono un cammino in cui le decisioni sono prese sulla base di dati tecnici e non su posizioni politiche o di mercato più o meno acquisite. La mancanza di processi chiari in altri organismi e la presenza di un processo in cui le decisioni avevano natura esclusivamente tecnica è stata alla base del successo di MPEG come organismo di standardizzazione. MPAI continuerà a operare con lo stesso approccio, sancito nel suo stesso statuto».

Oltre a lei, che ne è ispiratore e autorevole punto di riferimento, in MPAI c’è un’importante presenza italiana, sia di aziende che di università. Soprattutto a fronte del periodo molto particolare che stiamo vivendo, questo può essere un segnale di speranza per il futuro del nostro Paese?

«Devo confessare di essere sempre stato molto critico nei confronti del mio Paese. Come potevo avere un diverso atteggiamento quando, nei primi anni di MPEG, ero l’unico italiano – e già presiedevo un comitato che allora aveva 200-300 partecipanti? Cosa dire degli ultimi anni in cui, spesso, mi trovavo a essere il solo italiano in mezzo a 500-600 persone da 30 paesi del mondo? Penso che l’Italia stia adesso pagando la disattenzione verso tecnologie vitali per lo sviluppo del Paese. Con questo non voglio dire che l’Italia, una potenza adesso medio-piccola, debba essere presente in tutti i campi. Nei miei 32 anni di MPEG io ho visto arrivare la Corea, che allora era nessuno nel campo, e diventare la potenza che conosciamo, ho visto arrivare la Cina che allora era meno che nessuno nel campo e diventare una superpotenza. Nel frattempo, il valore degli apparati, dispositivi e servizi che hanno come elemento abilitante gli standard MPEG vale oggi 1,5 triliardi di dollari all’anno. L’Italia non ha perso il treno (può capitare a tutti), ha guardato dall’altra parte mentre il treno arrivava. Di più, ha allontanato coloro che sul treno volevano salire. Come interpretare diversamente lo scioglimento del centro di ricerca CSELT, 1300 persone che sedevano da pari in tutti gli ambiti internazionali di standardizzazione ICT? La buona notizia è che un terzo dei membri MPAI sono italiani, ma ci sono come università che capiscono le opportunità di ricerca e come PMI che vedono gli standard AI come opportunità di business.»

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Oltre a essere stimato scienziato di fama internazionale, il suo passato – ad esempio quando guidò la definizione dei rivoluzionari standard MPEG – dimostra che lei è anche un “pragmatico sognatore”. Quali sogni e speranze, allora, sta coltivando ora su MPAI?

«Gli standard hanno un effetto calmieratore sulla tecnologia. La mia speranza è che una tecnologia così dirompente come l’intelligenza artificiale venga incanalata al servizio dell’umanità, invece di essere imposta surrettiziamente dal mercato».

Molti spunti di riflessione possono nascere dalle parole che abbiamo raccolto da Leonardo Chiariglione, sia per non “voltare più la testa” in futuro – citando una sua metafora – al passare del treno della tecnologia sempre più veloce, sia per riuscire a trovare la chiave di comprensione di una complessità sempre maggiore. In ogni caso MPAI si sta incamminando su un percorso sicuramente affascinante con la guida di chi ha dimostrato grande passione, esperienza e capacità. Che possa essere un bel viaggio, auguri MPAI!