Cosa si nasconde dietro un odore? Ecco come gli algoritmi di machine learning possono aiutarci a prevedere e distinguere le tracce olfattive per nuove applicazioni industriali, rendere un ambiente più sicuro e identificare minacce invisibili
Un gruppo di ricercatori dell’Università della California, a Riverside, ha utilizzato il machine learning per indovinare l’odore di un prodotto chimico. Cosa significa? Può essere una svolta nel mondo della ricerca con potenziali applicazioni nei settori degli aromi alimentari e delle fragranze, come l’industria dei profumi. Anandasankar Ray è professore di biologia molecolare, cellulare e dei sistemi. Afferma che – «possiamo usare l’intelligenza artificiale per prevedere in che modo le sostanze chimiche lasciano un odore per gli uomini». E continua sorprendendoci: «I prodotti chimici tossici o aggressivi nei cosmetici o nei prodotti per la casa possono essere sostituiti con prodotti chimici naturali, più morbidi e più sicuri».
Ma in che modo gli esseri umani avvertono gli odori? Gli esseri umani sembrano percepire gli odori quando i quasi 400 recettori olfattivi vengono attivati nel naso. Ogni recettore è attivato da un insieme unico di sostanze chimiche, le varie combinazioni possono rilevare un vasto spazio chimico. La domanda è se e in che modo, i vari recettori contribuiscano a generare diverse percezioni olfattive. Basti pensare che siamo riusciti a catalogare i colori, o anche la musica attraverso l’identificazione delle note. Perché non riusciamo a farlo anche con gli odori? «Abbiamo cercato di modellare le percezioni olfattive umane, usando la chimica informatica e il machine learning» – spiega Ray. «Il potere del machine learning è che sembra essere in grado di valutare un gran numero di caratteristiche chimiche che determinano un certo odore. Gli algoritmi di machine learning possono, infine, prevedere in che modo un prodotto trasmetterà un odore».
L’OPPOSTO DELLA FILOSOFIA DEI BIG DATA
Questi algoritmi di previsioni degli odori possono essere utilizzati nelle industrie alimentari e dei profumi. Oggi, infatti, chi crea un profumo lo fa in maniera quasi istintiva, come se fosse un processo estremamente creativo. E si continua a pensare che sia un lavoro estremamente soggettivo. Legato, dunque, alle esperienze e agli umori di quel momento. Come un musicista che combina e ricombina le note, chi partorisce una fragranza, invece, fa un processo simile nella sua testa ma non si sa ancora bene in che modo il cervello riesca a identificare, selezionare e partorire le fragranze. Gli esseri umani hanno sviluppato l’olfatto dalla notte dei tempi e si pensa che sia legato in qualche modo a livello ancestrale a noi. Da una parte è vero ma dall’altra parte, l’accrescimento dei bulbi olfattivi è stato determinante per le nostre abilità cognitive e ha accompagnato l’uomo nella sua evoluzione. In che modo possono aiutarci gli algoritmi di machine learning?
Ci consentono di trovare rapidamente sostanze chimiche che presentano una nuova combinazione di odori e la tecnologia può aiutarci a scoprire nuove sostanze chimiche che potrebbero sostituire quelle esistenti perché molte stanno diventando rare e costosissime. Per esempio – secondo Ray Anandasankar – «ora puoi creare, attraverso modelli di machine learning, un repellente che funziona sulle zanzare ma che lascia un buon odore per l’uomo».
I ricercatori hanno, in prima battuta, sviluppato un algoritmo per apprendere e far imparare alla macchina, le caratteristiche chimiche che attivano i recettori degli odori umani noti. Successivamente, hanno selezionato circa mezzo milione di composti alla ricerca di nuovi fattori specifici definiti ligandi, molecole che si legano ai recettori. E infine, si sono concentrati sull’algoritmo in grado di stimare l’attività del recettore degli odori. In poche parole, si sono chiesti se potesse anche prevedere diverse qualità percettive degli odori. «I computer potrebbero aiutarci a comprendere meglio la codifica percettiva umana, che sembra, in parte, basata su combinazioni di recettori olfattivi attivati diversamente» – spiega Joel Kowalewski, studente del Neuroscience Graduate Program, che lavora con Ray e primo autore del documento di ricerca.
«Abbiamo usato qualche centinaio di sostanze chimiche che i volontari avevano precedentemente valutato. Poi abbiamo selezionato i recettori olfattivi che meglio prevedevano le percezioni su una porzione di sostanze chimiche e, infine, abbiamo testato se erano predittive di nuove sostanze chimiche». Ray e Kowalewski hanno mostrato che l’attività dei recettori olfattivi ha predetto con successo 146 percezioni sensoriali di diverse sostanze chimiche. A grande sorpresa, pochi recettori erano in grado di prevedere alcune di queste percezioni. Insomma, tutto l’opposto della filosofia dei big data. «Se le previsioni hanno successo, bastano poche informazioni. E il compito di decodificare la percezione degli odori diventerebbe quindi più facile per un computer» – afferma Kowalewski.
NUOVI SCENARI
Nella ricerca dal titolo “Prevedere la percezione olfattiva umana dalle attività dei recettori degli odoranti”, Ray ha spiegato che molti prodotti in commercio utilizzano sostanze chimiche che hanno la capacità di rendersi attraenti. Circa l’80% di ciò che è considerato sapore negli alimenti deriva in realtà dagli odori che influenzano l’olfatto. Le fragranze per profumare cosmetici, prodotti per la pulizia e altri beni per la casa svolgono un ruolo importante nel comportamento dei consumatori.
«Il nostro approccio digitale, basato sull’apprendimento automatico, potrebbe aprire molte opportunità nel settore alimentare, dei sapori e delle fragranze» – afferma Ray. «Ora abbiamo una capacità senza precedenti di trovare ligandi e nuovi sapori e fragranze. Usando il nostro approccio computazionale, possiamo progettare in modo intelligente sostanze chimiche che lasciano un odore desiderabile per l’uso che se ne intende fare e anche prevedere i ligandi per i 34 recettori olfattivi umani».
Il 29 luglio è stato identificato il meccanismo utilizzato dal nostro cervello per distinguere gli odori grazie a uno studio, pubblicato su Nature, e condotto dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Rovereto e dall’Università di Harvard a Boston. Lo studio getta una nuova luce sui processi cerebrali coinvolti nella continua elaborazione delle informazioni che ci arrivano dai nostri sensi e in particolare dall’olfatto. E, grazie a questo risultato, in futuro i ricercatori potranno pensare alla realizzazione di un olfatto artificiale da trasferire sui robot e altre macchine intelligenti.
Il team di scienziati italo-americano, coordinato da Bob Datta della Harvard Medical School di Boston, ha identificato i cosiddetti trucchi che usa il cervello per discriminare e generalizzare tra molecole odorose che hanno strutture chimiche con vari gradi di similarità. Queste due ricerche aprono in maniera dirompente nuovi scenari. La possibilità di rendere un ambiente più sicuro o anche l’identificazione di minacce invisibili. Solo attraverso il riconoscimento del loro odore. Si torna indietro a volte, nel processo di evoluzione. Basti pensare all’olfatto dei cani e di come siano in grado di riconoscere la vicinanza di un nemico. Chissà, magari, anche di un virus.