Veeam, protezione dei dati in cloud centrale nel percorso di trasformazione digitale

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Tecnologie legacy e carenza di skill, gli ostacoli da rimuovere

Siamo ancora lontani da una compiuta ed efficace digital transformation. Lo rivela il Report Veeam 2020 Data Protection Trends condotto da Vanson Bourne per conto di Veeam Software – leader nella fornitura di soluzioni di backup per la gestione in cloud dei dati. La stragrande maggioranza (95%) delle aziende ha patito downtime periodici dei sistemi. «Un server su 10 è soggetto a interruzioni impreviste. Provocando fermi che possono protrarsi per ore – in media poco meno di due ore (circa 117 minuti) – e costare centinaia di migliaia di dollari» spiega Alessio Di Benedetto, Senior Regional Presales Manager South EMEA di Veeam Software.

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Non si tratta necessariamente di una mancanza di investimenti. Secondo quanto emerge dalla ricerca, infatti, la spesa stimata per soluzioni e servizi per la digitalizzazione di aziende e organizzazioni raggiungerà nel periodo 2020-2023, 7.4 trilioni di dollari, con un CAGR del 17.5%. Piuttosto a incidere sono la mancata modernizzazione degli strumenti per la protezione dei dati in cloud e un impegno più deciso sulla business continuity. Quasi la metà delle aziende che a livello globale ha intrapreso questo percorso è infatti alle prese con soluzioni legacy non più affidabili. Sistemi progettati per effettuare il backup di file e applicazioni “on-premise”. Costosi da mantenere e inadatti a un utilizzo in ambienti multi cloud ibridi. Una percentuale altrettanto ampia di aziende (44%) individua inoltre nella mancanza di skill un ostacolo alla piena implementazione dei progetti. La mancanza di staff per lavorare su nuove iniziative (42%) in particolare è, secondo le aziende intervistate, uno dei problemi maggiori da affrontare quando si parla di data protection. Seguono la mancanza di budget per le nuove iniziative e di visibilità sulle performance operative.

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La centralità del dato

Gli intervistati, 1550 business e technology decision maker di 22 paesi, Italia compresa, interpellati agli inizi del 2020 sono concordi nel ritenere che i dati generati dall’infrastruttura IT rappresentano una delle maggiori fonti di ricchezza al loro interno. Più di un quarto (27%) dei dati per esempio viene replicato e reso disponibile per attività di business continuity o disaster recovery attraverso un fornitore di servizi cloud. Non sorprende quindi l’importanza che la protezione dei dati riveste per loro e per i team IT. Non solo in termini di backup e di ripristino, ma di estensione delle capacità di tutta l’azienda. «La protezione dei dati incide su tutte le più importanti funzionalità basate sul cloud: dal disaster recovery (54%), alla possibilità di spostare carichi di lavoro on-premise su cloud (50%) e da un cloud a un altro (48%)» rileva Di Benedetto. Non solo. Mentre un’azienda su due riconosce che il cloud ha un ruolo determinante nelle strategie di data protection moderne e che diventerà ancora più importante in futuro. A fronte di questo, però, circa il 40% delle aziende, si legge nella ricerca, si affida ancora a sistemi legacy per la protezione dei dati, spesso senza essere consapevole di quanto questa situazione possa essere deleteria per il business stesso. «Il tallone d’Achille di molte aziende – sottolinea Di Benedetto – sembra essere ancora la protezione e la gestione dei dati in ambienti cloud ibridi. In un momento in cui la disponibilità guida la competitività, la protezione dei dati garantita dalle soluzioni Veeam Cloud Data Management, è il requisito essenziale per aspirare a una reale trasformazione digitale e modernizzazione IT».

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