I-RIM, la risposta dei robotici italiani all’AI senza corpo

Azione, senso, calcolo e autonomia. Non chiamate robot una lavastoviglie

Il nuovo Istituto di Robotica e Macchine Intelligenti, fondato a luglio di quest’anno dalla comunità dei robotici italiani, è la risposta della robotica all’ondata di interesse verso l’intelligenza artificiale “senza corpo”

Il motto del neonato istituto è: «Diamo corpo all’intelligenza artificiale». A sottolinearlo, è il presidente di I-RIM, Antonio Bicchi, professore all’Università di Pisa e ricercatore senior dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. Bicchi chiarisce che le tecnologie dell’interazione (IAT) o tecnologie di human-robot interaction – «si concentrano su quegli aspetti della intelligenza artificiale che mettono l’accento sulle azioni fisiche scambiate col mondo per capirne e migliorarne il comportamento. Sono quindi complementari alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), che si occupano principalmente di raccogliere, trasmettere e analizzare dati». Sono in molti, infatti, a considerare che l’intelligenza non può semplicemente esistere nella forma di un algoritmo astratto, ma richiede una materializzazione in un corpo fisico. Infatti le tecnologie dell’interazione sono indispensabili, per esempio, ove sia richiesto un ausilio fisico alle persone anziane o disabili, la riduzione dei pericoli e della fatica nel lavoro, il miglioramento dei processi di produzione di beni materiali e la loro sostenibilità, la sicurezza, l’efficienza e la riduzione dell’impatto ambientale del trasporto delle persone e dei beni, il progresso delle tecniche diagnostiche e chirurgiche.

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Ora che ormai i robot sono usciti dalla segregazione delle fabbriche e stanno entrando nelle nostre case, scuole, ospedali, gli sviluppi dell’AI permettono alle macchine autonome livelli di performance molto alti, dovuti alle aumentate capacità di apprendimento. Per questo, studiare come funzioni l’intelligenza in un “corpo” meccanico è importante per migliorarne l’impiego in attività che prevedono sempre maggiore interazione con gli umani, soprattutto umani che non necessariamente sono esperti di robotica, come gli utenti finali dei robot di servizio. La forma di I-RIM è quella di associazione nazionale non profit e gli obiettivi sono molteplici. Da un lato collaborare con altre aree della intelligenza artificiale e promuovere le eccellenze italiane nelle tecnologie dell’interazione. Dall’altro rappresentare i portatori di interesse accademici e industriali del settore, creando occasioni di incontro tra domanda e offerta di alta tecnologia su scala nazionale e internazionale.

«I-RIM vuole fare leva sulla grandissima forza della industria manifatturiera italiana e sulla eccellenza della nostra ricerca nella robotica e nelle macchine intelligenti per affiancarsi e fare sinergia con le organizzazioni delle ICT e raggiungere i comuni obiettivi di progresso sociale ed economico dell’intera società» – spiega Cecilia Laschi, docente presso l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e vice presidente di I-RIM. L’associazione è stata lanciata al pubblico in un grande evento multi-dimensionale di tre giorni che ha riunito tutta la comunità di chi fa ricerca e innovazione nel settore a Roma, dal 18 al 20 ottobre, nel corso della Maker FaireThe European Edition 2019. La prima conferenza italiana per la Robotica e le Macchine Intelligenti è stata un’importante occasione di confronto sul futuro della robotica collaborativa e le sfide dell’intelligenza artificiale, ma anche di matchmaking tra domanda e offerta di alta tecnologia. Inoltre i numerosissimi giovani spettatori della Maker Faire hanno potuto visitare l’area expo, dove università e centri di ricerca, ma anche start-up e scuole, hanno mostrato le loro realizzazioni.

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Gianmarco Veruggio scienziato robotico – www.veruggio.it