L’integrazione della robotica come intelligenza artificiale “embodied” trasforma i processi produttivi e cambia il modello tradizionale di global business services
Uno degli errori più diffusi è di pensare al futuro, imprigionati negli schemi del presente. Come robotico sperimentale, ricordo le discussioni dei primi anni 90 sul cosiddetto “intelligent control” contrapposto al cosiddetto “conventional control” o – una decina d’anni dopo – quelle interne alla Robotics and Automation Society, per definire cosa fosse la robotica. Sono affascinato dalla convergenza di robotica, AI, reti e big data. Un melting pot straordinario, dove la sinergia tra queste tecnologie sta imprimendo un ritmo esponenziale al progresso tecnologico e alle possibili applicazioni.
Dalla collaborazione con Data Manager, nasce questa rubrica dedicata alle applicazioni di robotica e AI per la Digital Transformation, con l’obiettivo di capire il cambiamento in atto e le ricadute generate da questa epocale rivoluzione. Da vari decenni, la robotica è un settore che vive tassi di crescita importanti e che grazie agli sviluppi dell’AI offre oggi robot di servizio sempre più maneggevoli, flessibili, interattivi e capaci di collaborare con operatori umani al di fuori della tradizionale segregazione nelle fabbriche. Secondo il World Robotics Report, nel 2019 è stato raggiunto un nuovo record di vendita di robot con 384mila unità vendute nel mondo, con un aumento dell’1% rispetto all’anno precedente.
Per comprendere appieno come la robotica stia modificando non solo i processi di produzione ma anche – e profondamente – quello che si chiama Global Business Services, dobbiamo considerare i robot come unità dotate di capacità di apprendimento e cooperanti all’interno di un enorme ecosistema di rete popolato da computer, agenti software, big data e sistemi di machine learning.
In queste ore – in milioni di società nel mondo – è in atto una trasformazione nota come Robotics Process Automation, RPA, dove particolari software interpretano i processi di lavoro esistenti “robotizzandoli” secondo principi di efficienza. Il software digitalizza le attività ripetitive basate su regole obsolete e, eliminando la necessità di intervento umano, accelera le attività e riduce gli errori. A questo punto, quasi ogni attività amministrativa e molte di quelle che richiedono interventi fisici potranno essere svolte da agenti software e da robot.
Contemporaneamente, un processo che riguarda direttamente i robot fisici sta dotando i robot di capacità di interazione umano-robot, così che questi saranno sempre più capaci di collaborare con gli operatori e le operatrici in modo diretto e naturale. La forma stessa dei robot che collaborano in fabbriche, scuole, ospedali e nelle case (i cosiddetti social robot) diventa duttile per permettere loro di lavorare in ambienti antropici.
Ma molto di più: permette a queste sofisticate macchine di comunicare con noi usando linguaggi sempre più simili ai nostri, scambiando informazioni verbali e non verbali di facile comprensione. Se mettiamo assieme i due processi contemporanei, possiamo tentare di immaginare il futuro prossimo. Assegnando a processi già “robotizzati” uno o più robot “social” (capaci di comunicare con umani in modo naturale e controllabili con interfacce semplici e intuitive) o sofisticati cobot, sarà possibile sostituire gran parte del personale umano tradizionalmente necessario alla produzione con specialisti dedicati alla progettazione e gestione dei sistemi.
Questo scenario che da un punto di vista ottimistico promette innumerevoli vantaggi – non ultima la libertà così offerta agli umani di dedicarsi a funzioni e attività più nobili e di maggior soddisfazione e realizzazione personale – solleva in realtà innumerevoli problemi di natura etica, legale e sociale che occorrerà affrontare e risolvere.
Questa rubrica intende essere un osservatorio e un punto di riflessione sugli sviluppi di questo tumultuoso settore nel tentativo di comprenderne prospettive e implicazioni.
Gianmarco Veruggio scienziato robotico – www.veruggio.it