Quanti dati stanno raccogliendo oggi i retailer e soprattutto che valore estraggono?
Oggi è assai difficile partecipare a una tavola rotonda e non sentire citati nomi come Amazon o Alìbaba. Per i prezzi competitivi o l’affidabilità assoluta? Anche, ma il motivo principale è la struttura del loro modello di business. 2 asset strategici: conoscenza accurata dei clienti e possibilità di accedere ai dati sul singolo processo di acquisto. Caratteristiche che spesso mancano al retailer tradizionale che opera tramite i punti vendita. Oggi non ci si può permettere di non conoscere a fondo i comportamenti e i desideri del proprio cliente.
I brand tradizionali negli ultimi anni hanno avviato diversi tipi di programmi per ridurre il gap cognitivo. Lo strumento storico sono le loyalty card, che hanno il limite di fornire informazioni solo sui prodotti acquisiti. Chi mette a disposizione un’app e soprattutto riesce a farla scaricare sullo smartphone compie un salto di qualità: traccia con precisione quali articoli e per quanto tempo vengono visualizzati e può associare univocamente i dati con quelli della stessa carta fedeltà. Anche qui, il limite è il tasso di adozione, molto dipendente dal tasso di alfabetizzazione digitale del consumatore.
Axians, grazie a una lunga e comprovata esperienza di retail trusted advisor, individua 3
tecnologie che permettono al marketing di analizzare i dati fondamentali di cui parlavamo prima: touch-point interattivi, tracciamento radio e visivo dei clienti in negozio e quello dei prodotti.
I touch-point forniscono dati comportamentali dettagliati su chi interagisce con essi, anche integrando applicazioni di gaming ed entertainment. Un nostro cliente ha realizzato tavoli
interattivi dove è possibile provare molteplici configurazioni della loro offerta. In meno di un anno ha arricchito l’esperienza di acquisto del cliente e dispone di informazioni precise sulle aspettative di chi visita i loro negozi.
Il tracciamento radio avviene grazie alle reti Wi-Fi, naturale evoluzione dell’infrastruttura
dati dei punti vendita. Grazie all’autenticazione sulla rete il retailer può comunicare informazioni e messaggi promozionali ai clienti e soprattutto profilare i visitatori: età, sesso e una serie di altri dati strutturati. Con gli apparati di ultima generazione si possono costruire delle mappe di calore che visualizzano gli spostamenti dei visitatori, la permanenza in alcune aree e i percorsi effettuati. Se questi dati sono limitati a chi ha il Wi-Fi acceso, la mappatura completa si ottiene con la presenza di telecamere. In questo modo altre categorie di dati possono confluire nell’intelligence: conta persone, misurazione delle code in cassa e informazioni demografiche sui visitatori del negozio.
I nostri clienti sono attenti al continuo tracciamento dei prodotti all’interno
della loro supply chain e nei negozi. Grazie alla tecnologia RFID alcuni brand misurano
le tempistiche tra la produzione e la vendita (e soprattutto dove il prodotto rimane più a lungo) e come i loro prodotti si muovano all’interno del negozio; ad esempio quando, quanto tempo e quante volte un capo di abbigliamento viene portato in un camerino per la prova.
In quali dei nostri progetti vediamo più valore aggiunto percepito dai retailer? Dove
viene progettata un’aggregazione di cluster di dati eterogenei che permettono ai data
scientist di estrarre comportamenti dei consumatori altrimenti non identificabili; come
sanno bene i giganti del digitale che aggregano e collegano più informazioni possibili per massimizzarne il valore.