Libra, ce la farà ad affermarsi?

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A guardare i numeri sembrerebbe inarrestabile l’affermazione di Libra, il nuovo schema di cripto-valuta lanciato da Libra Association (libra.org) a cui partecipano grandi player. Solo Facebook ha 2,4 miliardi di clienti, Vodafone ne ha 444 milioni e Uber 91. Inoltre, Visa ha emesso 2 miliardi di carte utilizzate da 40 milioni di negozi nel mondo. Ma come funzionerà effettivamente Libra quando arriverà sul mercato nel 2020?

Dalle informazioni del lancio, sembrerebbe semigratuita, almeno per gli utenti finali, ubiqua e con app che funziona anche da ewallet denominata Calibra. Pensata per interagire sia nel mondo digitale che in quello fisico – in teoria – potrà essere usata per pagare ogni transazione oltre che per lo scambio di denaro P2P. Insomma, vorrebbe essere una “valuta mondiale parallela”, ancorata ad asset sicuri, utilizzabile ovunque e da scambiare con valute tradizionali senza alti rischi.

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Inoltre, sarebbe disponibile anche per le persone (1,7 miliardi) che non dispongono di servizi bancari di base ma che hanno uno smartphone. La stabilità sarebbe agganciata a un paniere di asset a bassa volatilità e il tasso di cambio sarebbe semi-fisso e stabilito sulla media di un gruppo di valute mondiali. Tecnicamente, si tratta di una blockchain (forma speciale di DLT – Distributed Ledger Technology) nuova di zecca che gestirà la cripto-valuta con un sistema di controllo, registrazione e certificazione decentralizzato e open source. La sfida planetaria di Libra non sarà però priva di ostacoli. Non è un caso che alla partita non partecipino Apple, Google, Amazon e Microsoft che hanno in cantiere iniziative concorrenti. C’è poi la rendita di posizione degli incumbents, come Visa e Mastercard che, a seconda degli sviluppi, potrebbero perdere le ricche commissioni che attualmente fruiscono.

Inoltre, la storia degli schemi di epayment a livello mondiale è costellata da miriadi di tentativi di superare la massa critica necessaria – senza che nessuno di questi abbia avuto veramente successo. Tant’è vero che le banche centrali e le autorità si sono astenute dalla regolamentazione di tali valute digitali, in quanto troppo piccole per rappresentare un rischio per il sistema finanziario. Secondo gli organismi istituzionali – in primis la Banca centrale europea – questa particolare classe di “cripto-attività” non rientra nelle categorie di moneta e di strumento finanziario. La natura economica di questi “digital tokens” non influenza i trattamenti contabili e prudenziali e di conseguenza sono da considerare come “gettoni privati”, senza diritti incorporati di convertibilità. Infatti, il prezzo delle cripto-attività è da considerare indeterminato: ove per indeterminato si intende un prezzo non ancorato ad alcun equilibrio economico o alla fiducia riposta in una autorità pubblica.

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Questi “gettoni privati” sono poco adatti a svolgere le funzioni tipiche della moneta che deve essere – invece – un mezzo di scambio a spendibilità generalizzata e convertibile in ogni momento. Non solo. Nella maggior parte dei casi, alle operazioni in cripto-attività non si applicano presidi specifici di trasparenza – né vige alcuna forma di tutela o garanzia delle somme gestite o “depositate” presso i soggetti gestori. Inoltre, sulle transazioni non è esercitato alcun controllo prudenziale ed è noto che, spesso, sono state usate per finalità criminali e illecite. Per queste ragioni la BCE, unitamente alle autorità europee, recentemente ha messo in guardia gli intermediari dall’assumere rischi in questo ambito.

I soggetti che offrono servizi di cripto-attività dovrebbero essere registrati e presidiati per i profili antiriciclaggio e finanziamento del terrorismo. Anche le recenti modifiche alla Direttiva europea 2015/849 si muovono in tal senso. Gli ostacoli normativi rappresentano il principale scoglio da superare per il successo di Libra e potrebbero ritardare di molto la sua affermazione. Ad aggravare lo scenario, si aggiunge la carenza attuale di informazioni da parte di Libra Association, per avere anche solo un parere positivo dalle autorità competenti. La sfida – insomma – presenta grossi rischi anche per i colossi coinvolti. Chi vivrà vedrà!