«In Orange, il 36 per cento del management è composto da donne, in linea con la media europea. Ma questo dato è destinato a crescere perché il commitment è molto forte. In Italia, secondo i dati Eurostat, la percentuale scivola invece al 29 per cento. Questo significa che c’è ancora molto da fare» – spiega Francesca Puggioni, AD di Orange Business Services nelle cinque country del Sud Europa che comprende Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e Israele. La questione della leadership femminile è delicata e qualche volta utilizzata in modo strumentale. «Noi non ne facciamo una bandiera, ma una pratica. E non so dire se questa è la ragione per cui stiamo avendo tanto successo sul mercato. Sicuramente, il tema della diversity è un indicatore chiave del cambiamento, fuori e dentro le imprese. Ma deve essere posta anche nei termini corretti. Non basta mettere una donna al comando per diventare un’organizzazione innovativa. Prima, bisogna lavorare sui percorsi di studio e di carriera per coinvolgere sempre più donne in ruoli tradizionalmente considerati “maschili”, dalla professione informatica ai campi più tecnici. Non è solo una questione quantitativa, ma di qualità della leadership». Se le difficoltà non mancano e valgono per tutti – secondo Francesca Puggioni – le donne devono resistere alla tentazione di autoescludersi, impegnandosi a trovare la propria voce. «Credo che molto dipenda dal modo in cui le donne si posizionano verso il business. La tecnologia è sicuramente un alleato nell’equilibrio tra ruoli di lavoro e ruoli di vita perché permette di superare molti ostacoli. Nella trasformazione digitale delle imprese, c’è bisogno di grande spirito di iniziativa, capacità progettuale e di tenere insieme molti pezzi diversi dell’organizzazione. Il contributo della diversity – in tutte le sue possibili declinazioni, quindi non solo focalizzata sul ruolo delle donne – è un patrimonio di energie e di innovazione che le imprese non possono permettersi di sprecare».

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Superare l’inerzia

Il fattore “legacy” esiste ed è trasversale a tutte le organizzazioni. «Cambiare costa fatica» – spiega Francesca Puggioni. «Si parla molto di collaborazione, ma anche il dialogo richiede modalità di lavoro nuove. Dal cloud, possiamo mutuare il concetto di “partizione” per superare la divisione in silos verso una logica di “insieme”. I progetti di successo nascono con fondamenta forti che mettono a sistema capacità di visione e investimenti di lungo periodo». I dati sono la risorsa strategica per abilitare gli ecosistemi aziendali. Ma i dati – «devono essere raccolti, trasportati nel posto giusto e resi accessibili al momento giusto e in modo sicuro, per prendere decisioni immediate, generare valore di business nel lungo periodo, abilitando la connessione tra IoT e intelligenza artificiale e creare nuovi prodotti e servizi, ma senza ostacolare la condivisione dei dati con i partner delle aziende in ogni fase del data journey». Dati e digitalizzazione consentono nuovi modelli di business all’interno degli ecosistemi. «Piattaforme e servitizzazione sono i modelli chiave. Per le imprese, si tratta di acquistare “risultati di business” non pezzi di tecnologia. In questi anni, aziende italiane con forte propensione all’estero hanno avuto risultati ben superiori rispetto all’andamento economico nazionale. Allo stesso tempo, però, queste aziende devono confrontarsi con una competizione internazionale. I CIO e CFO sono chiamati a rispondere a queste sfide, usando strumenti avanzati e moderni sia sotto il profilo tecnologico che finanziario, adattando i costi alla capacità di produrre risultati di business».

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Edge computing e 5G stanno abilitando l’impresa in tempo reale, collegando i dispositivi IoT su larga scala. «L’edge computing diventerà sempre più importante come punto intermedio di elaborazione dei dati tra il cloud e i dispositivi IoT o gli endpoint per facilitare le decisioni in tempo reale». Nel frattempo – continua Francesca Puggioni – «la virtualizzazione e la tendenza del “software-defined everything” stanno portando un maggiore controllo sul traffico di rete». Nel passaggio dall’AI basata sulla rete all’AI basata sui dati, le esigenze dei CIO sono diverse e le risposte differenti. «Occorre favorire i sistemi aperti, basati su standard di mercato, in grado di adattarsi alle nuove necessità del business. Ma anche avere una struttura dei costi agile e scalabile per garantire la crescita. E la sicurezza dei dati deve essere tenuta al primo posto, per salvaguardare il valore delle aziende, i loro investimenti, ma proteggere anche le persone». Per una digital transformation di successo, l’approccio alla co-innovazione è molto diverso da quello “costruisci e i clienti arriveranno”.

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«Ascoltare ed essere aperti a ciò che dice il cliente, anche se non è quello che era previsto o pianificato, è il modo migliore per smettere di avere un approccio techno-push». In questo contesto – «assistiamo a una concentrazione degli investimenti CapEx nelle piattaforme cloud centralizzate, dove alcuni operatori specializzati possono avere delle logiche di ottimizzazione legate in virtù delle masse critiche in gioco. Per l’IT dei clienti – rileva Francesca Puggioni – è sempre più favorevole usare logiche OpEx di spesa legata al business, per migliorare la redditività e garantirsi sistemi scalabili e sempre aggiornati. Alcuni investimenti locali restano necessari per il rispetto a normative specifiche o esigenze particolari come nel settore finance. L’uso di un approccio multicloud diversificato sulla base dei servizi e dei contenuti diventa necessario e imprescindibile». Soprattutto nei periodi di crisi – «è fondamentale la capacità della PA di rilanciare progetti e investimenti virtuosi, che possano sostenere l’economia». Allo stesso tempo – «è importante che la PA possa utilizzare parametri e un approccio più vicini al mercato privato, senza per questo perdere la sua naturale vocazione ai servizi per i cittadini. Servono programmi coordinati tra i vari enti, con obiettivi di medio e lungo termine, con tempi e risultati definiti e misurabili. I manager della PA devono essere in grado di comprendere e dialogare alla pari con il mercato privato, allo scopo di massimizzare i risultati, senza alcuna conflittualità o competizione aprioristica».

«Data journey e co-innovation per la creazione di valore nell’ecosistema aziendale. Le imprese vogliono risultati di business, non pezzi di tecnologia»