Profondi cambiamenti stanno rivoluzionando il business e la vita delle persone. Di fronte a essi, un fattore sarà sempre più distintivo nella competizione delle aziende: quello umano.
A fare la differenza, saranno sempre di meno l’omologazione e sempre di più l’originalità in termini di competenze, idee e relazioni. Tutto questo abilitato dal migliore utilizzo delle soluzioni digitali. Uno scenario più vicino di quanto si pensi che – però – non è affatto scontato nella sua realizzazione. Tocca agli attori economici, oltre che politici e sociali, fare una scelta di campo e orientare le scelte in questa direzione.
Personalmente, ho accettato di guidare in Italia lo sviluppo di Axians (brand da 2,3 miliardi e 10mila persone in 22 paesi) anche perché sono convinto che qui – nel Paese dell’ingegno, della qualità e della creatività – la sfida abbia un valore particolare. Per vincerla, oltre alla consapevolezza dei nostri punti di forza comuni, servono – tuttavia – umiltà, pragmatismo e spirito di collaborazione.
La trasformazione digitale è infatti per tutti giunta a una svolta. Partenza e arrivo di ogni strategia aziendale sono i “dati”: la loro importanza cresce perché aumenta la capacità sia di raccoglierli che di elaborarli. L’attenzione si sposta dalla quantità (assunta ormai la crescita esponenziale, per esempio col 5G) alla qualità: importante è raccoglierli, ma ancor più sapere cosa farne per assumere le decisioni.
I dati portano al centro tre framework tecnologici: AI, analytics e IoT. Sono questi i pilastri su cui progressivamente si potrà delineare un nuovo ruolo per lo “human touch” e nuovo valore nel business. Perché ciò sia possibile, va considerato ciò che accomuna davvero queste tecnologie e le rende non soltanto possibili da sole, ma utili insieme: l’infrastruttura.
Come il cammino dei dati è ininterrotto, allo stesso modo devono riprogettarsi gli oggetti e le attività sottostanti per essere funzionali in tutte le fasi: dalla raccolta al trasporto, dalla conservazione all’elaborazione, fino alla sicurezza in tutte le situazioni. Cambiamenti che impattano profondamente l’organizzazione al pari della cultura aziendale. Guardiamo all’effetto in ambienti storicamente localizzati e “chiusi”, come quelli della fabbrica tradizionale, costretti ad aprirsi al 4.0 facendo convergere gli ambiti IT e OT. Dall’altro lato, persino luoghi “aperti” per definizione come gli hub logistici non possono esimersi dal cambiare: penso al porto di Rotterdam, il più grande al mondo, che anche grazie ad Axians ha recentemente integrato sistemi, informazioni e attività assai eterogenee (dai movimenti di navi e merci fino alle condizioni meteomarine) diventando il più smart al mondo.
In tutti i verticali cambiano i processi, i prodotti e l’interazione con partner e fornitori lungo la catena del valore (sempre più internazionale). Altrettanto accade con i clienti, siano essi consumatori finali o altre aziende. In un tale scenario, ogni impresa e ogni territorio può diventare un vero e proprio snodo di innovazione, interconnesso con gli altri.
Tra i trend che anche noi, con le nostre business unit verticali, vediamo c’è quindi l’opportunità di far convergere bisogni e soluzioni tra settori fino a ieri considerati distanti (quali industria e retail, navale e hospitality, sanità ed educazione, logistica e smart city). Grazie al trasferimento orizzontale di esperienze, è possibile immaginare osmosi inedite, con forti impatti su efficacia, efficienza e ROI: grazie ai digital enablers, innovazioni e best practices possono diventare così patrimonio per i successivi progetti e per l’intero ecosistema. In un momento in cui il nostro Paese torna al centro delle grandi direttrici globali che spostano merci, persone e idee – credo sia fondamentale che tutti gli attori lavorino insieme per cogliere l’opportunità di una “via italiana” alla trasformazione digitale.
Thomas Panozzo, managing director di Axians Italia