Il nostro Paese, pur restando tra i 7 più industrializzati al mondo, è in una crisi economica e di crescita che perdura ormai da molti anni senza che i governi riescano a trovare la soluzione per risolverla. La politica guarda all’economia e l’economia interroga il mondo della tecnologia. Crescita e progresso non sono sinonimi. Coniugarli entrambi in una visione di lungo periodo è la sfida più grande che abbiamo davanti
Lo sappiamo e non ci stanchiamo di scriverlo. L’IT serve a molti scopi. Riduce i tempi, i costi e la spesa improduttiva. Ottimizza i processi interni ed esterni per migliorare i profitti. Rende l’organizzazione e i servizi più efficienti. Abilita nuovi modelli di business. Moltiplica il vantaggio competitivo. Protegge dagli attacchi. Potenzia il know-how. Valorizza il talento e distribuisce meglio le risorse. Ma che cosa succede se invece di parlare di governo delle imprese parliamo di governo del Paese? Come possiamo scaricare a terra il patrimonio di idee e innovazione accumulato dalle imprese dal lato della domanda per rilanciare la crescita dell’Italia? Come possiamo tradurre il ruolo di driver dei vendor dell’IT in proposte concrete a vantaggio della competitività del Sistema Italia? Quali sono le priorità da affrontare in termini di investimenti, infrastrutture e programmi per la crescita?
Quali sono le criticità e le potenzialità? L’Italia è al 7mo posto nella classifica dei paesi più industrializzati del mondo (e secondo in Europa, dietro alla Germania), ma resta fanalino di coda per innovazione, competenze e venture capital. Nel complesso, per dirla con il linguaggio dell’IT, il Paese sconta un problema di legacy. La trasformazione digitale – però – non è solo disruption: è soprattutto construction. Dobbiamo fare i conti con la complessità che aumenta. Dobbiamo accettare che non ci sono soluzioni semplici. Dobbiamo imparare a imparare. Dobbiamo ascoltare per decidere. Dobbiamo dare continuità alla trasformazione digitale delle imprese e alla digitalizzazione della pubblica amministrazione. Dobbiamo colmare il gap di competenze digitali. E dobbiamo distinguere tra mezzo e fine. La politica è uno strumento. Come la tecnologia, serve a creare un vantaggio, riducendo le differenze che creano squilibrio.
VERSO UNA RINASCITA?
Tra i problemi che attanagliano l’Italia e che andrebbero risolti per primi – lasciando da parte diatribe ideologiche e battaglie inutili, utili soltanto alla ricerca del consenso politico – ci sono lo sviluppo economico, la formazione di professionalità di eccellenza e una riforma del mercato del lavoro per dare speranza ai più giovani, in un momento in cui l’economia italiana vive forse il suo periodo di maggior debolezza, con un calo della fiducia dei consumatori e un aumento della disoccupazione, soprattutto giovanile. Se però ci lasciamo alle spalle lo scenario macro-economico ed entriamo più sottopelle al sistema produttivo italiano, notiamo come sempre che la creatività e l’intraprendenza italiana fa nascere esempi virtuosi e opportunità di sviluppo davvero interessanti. Uno scenario in cui la spinta verso la trasformazione digitale si modella sulle caratteristiche peculiari del nostro tessuto imprenditoriale, costituito in prevalenza da micro e piccole imprese e da una spiccata variabilità nella diffusione di una cultura digitale avanzata.
NUOVE STRADE PER INNOVARE
All’interno di questa fotografia virtuosa, purtroppo diffusa a macchia di leopardo sul territorio nazionale, IDC ci aiuta a leggere segnali positivi, in grado di sconfiggere la crisi in atto e di guidare il Paese verso una rinascita economico-finanziaria. Il primo segnale è l’aumento degli investimenti in soluzioni connesse alla cosiddetta Terza piattaforma quali il cloud computing, la mobilità, il social business, i big data e gli analytics, in estensione alle medie imprese. Per gli analisti crescono parallelamente anche gli investimenti negli acceleratori dell’innovazione, come intelligenza artificiale, realtà virtuale e aumentata (AR/VR), robotica, stampa 3D, Internet of Things (IoT), non più solo appannaggio di poche aziende visionarie. Le aziende ricercano in questi acceleratori nuove strade per innovare i propri processi e per presentarsi in modo differente sul mercato, ma anche per “fare le cose di sempre” in modo differente: più agile, più efficace, più efficiente e anche più economico. È questo il secondo segnale significativo: il focus degli investimenti ICT delle aziende italiane si sposta da un approccio orientato al mantenimento dell’infrastruttura esistente verso soluzioni che consentono concretamente di innovare e ottenere un miglior posizionamento competitivo.
In termini di volume e crescita, il cloud pubblico è tra i protagonisti della svolta evolutiva delle aziende italiane in relazione agli investimenti ICT: la spesa delle aziende italiane nel 2019 supererà 1,8 miliardi di euro con un incremento del +25% rispetto al 2018. Saranno soprattutto i servizi cloud infrastrutturali (IaaS) e di piattaforma (PaaS) a registrare nel 2019 crescite più sostenute. Sempre in ambito cloud, le aziende continuano a dare fiducia a servizi pubblici di archiviazione (cloud storage), tanto che tale mercato è destinato a raggiungere i 206 milioni di euro nel 2019 grazie a una crescita del +31% rispetto al 2018. Tra le tecnologie digitali destinate a cambiare profondamente il panorama ICT nelle imprese italiane, innovando o trasformando i processi e i modelli di business, spiccano i sistemi, le soluzioni e i servizi per l’Internet of Things (IoT), ovvero per costruire reti di oggetti o cose che si connettono autonomamente in modo bidirezionale utilizzando la connettività IP. La spesa IoT delle aziende italiane a fine 2018 supera il valore di 16 miliardi di euro ed entro il 2019 crescerà con un incremento medio annuo superiore al 18%.
Il mercato IoT è destinato ad assorbire, ridisegnare ed estendere la gamma di sistemi e servizi ICT finora conosciuti, includendo via via nuovi device, software sempre più evoluti e servizi innovativi più flessibili e fruibili attraverso più canali. Questo mercato è caratterizzato da una grande frammentazione della domanda e dell’offerta, da standard tecnologici e normativi in corso d’opera, e da grandi differenze per area geografica e settore. Tra le tecnologie emergenti gli analisti di IDC segnalano anche cognitive computing e intelligenza artificiale che raccolgono sempre più interesse e investimenti da parte delle aziende italiane, che le interpretano in ottica di fidelizzazione, interazione e gestione del cliente. Nel 2019, la spesa per tecnologie Cognitive/AI raggiungerà i 25 milioni di euro con una crescita pari al +44% rispetto al 2018. Il miglioramento della soddisfazione e della fidelizzazione dei clienti si conferma nettamente per il 2019 essere la priorità di business principale per le aziende italiane: l’adozione di un approccio customer centric, quindi, continua a essere un forte driver alle iniziative di digitalizzazione, trasversalmente a tutte le dimensioni d’impresa, dalle più piccole alle più grandi. L’obiettivo in questo caso è quello di sviluppare un rapporto di qualità con la clientela (B2B e B2C) e un sistema di offerta in grado di soddisfare al meglio le esigenze del mercato.
LA SPINTA DELLE PMI INNOVATIVE
Passare dall’analisi di IDC alla situazione reale del Paese è immediato. Se infatti si scorre la classifica delle aziende che hanno avuto successo nel 2018 e che, quest’anno, cresceranno ancora – stilata dal Sole 24 Ore e dalla società di ricerche Statista – si nota subito che la loro dimensione è quella più rappresentativa del nostro Paese: sono tutte piccole e medie imprese. Accomunate dal fatto di aver ottenuto una rilevante crescita del fatturato dal 2014 al 2017 e dall’aver sfruttato due trend importanti di sviluppo: l’utilizzo di servizi digitali evoluti (business intelligence, data mining, web reputation) e l’esplosione delle piattaforme di e-commerce (che richiedono un uso massiccio del cloud e degli analytics, oltre che delle più evolute tecnologie di digital marketing); il tutto condito dall’apertura della propria offerta verso i mercati internazionali e la proposta di prodotti di qualità – da sempre sinonimo di Made in Italy.
Ancora una volta – se ce ne fosse stata la necessità – constatiamo che l’IT è propedeutica e fondamentale per lo sviluppo e la crescita di un sistema economico evoluto perché riduce i tempi, i costi e la spesa improduttiva. Processi tecnologici all’avanguardia permettono di ottimizzare i processi interni ed esterni, facendo migliorare l’organizzazione e generando profitti. Ma, cosa fondamentale nei momenti di crisi e di difficoltà del mercato, facilita l’adozione di nuovi modelli di business, moltiplicando il vantaggio competitivo delle aziende virtuose che saranno più attrezzate per valorizzare i talenti interni e per esportare la loro qualità verso nuovi mercati. In questa prospettiva, la responsabilità delle aziende di IT diventa molto grande se le pensiamo necessarie allo sviluppo del sistema Paese, e se crediamo davvero che possano essere leader – non soltanto tecnologici – ma in senso letterale, guidando l’Italia verso la crescita e l’occupazione degli spazi di mercato e di formazione che possono permetterci di abbandonare il limbo della stagnazione economica verso la crescita sistemica.
LE PRIORITÀ DA AFFRONTARE
Grazie al patrimonio di idee e di innovazione accumulato dalle imprese IT, la crescita dell’Italia può essere rilanciata, attraverso proposte concrete a vantaggio della competitività del Sistema. Ma come? Abbiamo girato la domanda a dieci aziende leader del mercato IT in Italia – Dell EMC, DXC Technology, IBM, Microsoft, Oracle, Salesforce, SAP, Cisco, SAS e Zucchetti – per capire quali sono le priorità da affrontare. Pur proponendo diverse sfaccettature nelle “ricette” per la crescita, i manager di queste importanti realtà del mondo IT italiano, hanno messo in luce all’unisono le criticità del Sistema Italia. Prima di tutto, emerge la necessità di ridurre i tempi della burocrazia, diminuire la pressione fiscale e superare il gap tra domanda e offerta di lavoro per quanto riguarda le professioni digitali, in particolare incentivando la componente femminile dell’universo studentesco a dedicarsi alle discipline scientifiche. Allo stesso tempo, occorre superare l’eccessiva lentezza della giustizia che disincentiva il rispetto delle regole e gli investimenti, come pure affrontare il tema dell’invecchiamento demografico che necessita un drammatico cambio di percorso se vogliamo far ripartire la crescita. Non da ultimo, visto il peso che la pubblica amministrazione ha nel nostro sistema economico, è necessario completare la trasformazione digitale della PA: un aspetto strategico e fondamentale per poter razionalizzare la spesa, ridurre il deficit e contribuire alla crescita di competitività delle aziende. Tanto è stato fatto finora ma manca ancora una dimensione sistemica del problema.
LA PRODUTTIVITÀ DEL LAVORO
Come far crescere il nostro Paese quindi? Per Lorenzo Greco, AD di DXC Technology in Italia, l’ingrediente fondamentale è aumentare la produttività del lavoro che ci vede fanalino di coda in Europa. Per riuscirci il primo step, forse quello più importante, è la partecipazione femminile nel mondo del lavoro. «Fino a quando non avremo colmato il divario abissale che ci divide con le economie non potremo recuperare competitività». Il secondo riguarda i giovani: «Va combattuta la disoccupazione giovanile e, soprattutto, se non si progredisce nel settore della loro formazione in ambito STEM (Science, Technology, Engineering, Math) diventa difficile disegnare per loro un futuro più roseo». La competitività – «si rilancia nella misura in cui si dà la possibilità all’investimento privato e alla libera iniziativa economica individuale di scegliere su quali settori intervenire. Di pari passo serve una significativa riduzione del debito e della spesa pubblica». Ma l’altro pilastro per la crescita italiana è rappresentato dalla tecnologia, che può aiutare a migliorare la produttività del lavoro meglio e più velocemente, sviluppando al tempo stesso nuove competenze. «L’Italia deve ripartire dall’eccellenza del suo sistema di formazione universitaria e dagli esempi di grandi imprese italiane leader globali nel loro settore – come Prysmian, Ferrero, Luxottica – solo per citarne alcune. Ma anche dalla versatilità e dalla determinazione dei nostri professionisti che sanno sempre abbinare competenza e capacità di esecuzione a una straordinaria creatività, favorendo la creatività e la capacità di innovare degli imprenditori italiani, incoraggiando la loro intraprendenza: ecco come aiutare l’Italia nel suo cammino di sviluppo e crescita».
TECNOLOGIE E COMPETENZE
Filippo Ligresti, VP e general manager commercial sales di Dell EMC Italia ritiene che la crescita sia sinonimo di nuovi posti di lavoro, creati nel nostro tessuto imprenditoriale da piccole imprese e startup – aziende che necessitano di nuove tecnologie ma soprattutto di non trovare ostacoli sulla loro strada, e di una cultura di impresa in grado di promuovere sperimentazione e un accesso al capitale di rischio più agile. «È necessario investire su infrastrutture tecnologiche efficienti e moderne, modernizzando la rete e facendo leva sul 5G, essenziale per l’economia digitale, che è un’opportunità che non possiamo perdere. Di pari passo, si deve lavorare sulla formazione di qualità investendo in Università e Ricerca per formare profili competenti e di alto livello, valorizzando l’intraprendenza e non la ricerca spasmodica del posto fisso. Per farlo, il sistema Paese deve facilitare l’accesso al capitale di rischio che è fondamentale per le startup». Per fortuna – secondo Ligresti – disponiamo di ottime armi. Prima di tutto – «la creatività che nei prossimi anni si rivelerà una competenza differenziante e non sostituibile». Poi la capacità di realizzare prodotti di qualità – «cosa che ci distingue da sempre e che non è facile copiare». E, non ultimo, il nostro patrimonio artistico, naturalistico ed enogastronomico senza eguali – «che fanno del nostro Paese uno dei paesi più amati all’estero e più belli in cui vivere».
COME GESTIRE IL CAMBIAMENTO
Certamente serve che la politica impari dalle aziende private un po’ di sano pragmatismo per definire chiaramente gli obiettivi, analizzare con attenzione le alternative e, quindi, passare all’esecuzione. Come? Attraverso la cultura del fare e del fare bene, che da sempre ci contraddistingue e ci distingue. Quanti Paesi al mondo sono in grado di progettare e realizzare in autonomia un’auto, un elicottero o un impianto industriale? Chi dispone di un marchio “Made in…” riconosciuto globalmente per la sua qualità? E ancora, chi è noto per il suo patrimonio culturale e paesaggistico? Sono domande retoriche che ci fanno pensare che l’Italia rappresenti l’emblema della parola “paradosso”. Perché nonostante tutto questo, il 2019 sarà un anno a crescita zero. I motivi sono ben noti. Ricette “gourmet” per uscire dal paradosso non possiamo permettercele, visto l’elevato debito pubblico. Federico Della Casa, country leader di Salesforce Italia prova a essere concreto partendo dai numeri.
«La nostra popolazione ha un’età media di 45 anni e decresce di 100mila unità ogni anno. Negli ultimi 5 anni, 250mila giovani laureati hanno lasciato il Paese. Se aggiungiamo che le aziende italiane sono alla disperata ricerca di laureati in materie scientifiche ecco allora che la priorità è quella delle risorse umane, con politiche che aiutino la crescita della popolazione e la qualifichino». Rendere sistemico il collegamento tra formazione e lavoro è necessario. «Bisogna velocizzare il processo perché il gap di competenze è un grande problema e si dovrebbe pensare alla creazione di poli universitari italiani nei Paesi dell’Est e in Africa – la Cina lo sta facendo – per poter incentivare stranieri con competenze qualificate a venire in Italia». Della Casa fa inoltre una riflessione sulla pubblica amministrazione partendo, ancora una volta, dai dati: «L’età media dei dipendenti pubblici è di 52 anni, gran parte di essi inseriti in un contesto di scarsa digitalizzazione dei processi». Una ricerca sull’adozione di soluzioni di citizen relationship management – che Salesforce ha fatto realizzare – racconta che le PA più vicine ai cittadini, quelle locali e della sanità, sono anche quelle più deficitarie e sprovviste di sistemi informatici adeguati (nel 60% dei casi). «La creazione di poli tecnologici tra aziende, università e pubbliche amministrazioni potrebbe aiutare a dar vita a progetti e tecnologie in grado di portare il Paese verso la trasformazione digitale, con giovani motivati e determinati. In tutto questo, il ruolo di Cassa Depositi e Prestiti potrebbe essere centrale».
LA NUOVA CULTURA DEL DIGITALE
Formazione e transizione verso il digitale. Sviluppare le competenze per gestire le nuove sfide che stanno arrivando è la “ricetta” di Silvia Candiani, amministratore delegato di Microsoft Italia. È in corso quella che molti chiamano Quarta Rivoluzione Industriale – «momento storico in cui trend digitali dirompenti come l’intelligenza artificiale e la robotica stanno trasformando profondamente il modo in cui viviamo e lavoriamo». Questi stessi trend rappresentano – «un’opportunità di crescita enorme per il nostro Paese, promuovendone lo sviluppo e la competitività. È stato calcolato per esempio che l’AI è in grado di far crescere il PIL dell’1% ogni anno». Per dare un’accelerazione a questo processo – «avere le giuste competenze diventa determinante». L’innovazione tecnologica sta creando nuovi lavori – «ma mancano figure professionali adeguate a svolgerli. La chiave è quindi investire nella formazione». In Microsoft – continua Candiani – «lavoriamo per creare un ecosistema per l’innovazione che possa permettere a tutti di cogliere le opportunità dell’AI e del digitale. Occorre volgere lo sguardo all’esterno e creare sinergie per preparare il Paese a cavalcare questa evoluzione, promuovendo una cultura nuova del digitale, che non lasci indietro nessuno». Va in questa direzione il progetto Ambizione Italia dell’azienda di Redmond che si propone di accelerare la trasformazione digitale attraverso un programma di formazione, aggiornamento e riqualificazione delle competenze, in linea con i nuovi trend tecnologici e le richieste del mercato del lavoro.
Obiettivo dichiarato quello di coinvolgere oltre 2 milioni di giovani, studenti, NEET e professionisti in tutta Italia entro il 2020 e contribuire così alla diffusione di una nuova cultura digitale per costruire insieme il futuro del Paese. «Il nostro è un Paese di eccellenze che hanno reso il Made in Italy famoso in tutto il mondo in settori come la moda, il design e il food ma anche in ambiti come la ricerca e l’innovazione. Ciò che ci differenzia dagli altri è senz’altro il nostro tessuto economico fatto in prevalenza di piccole e medie imprese che per definizione risultano più flessibili e dinamiche rispetto alle grandi corporation. La nostra grande creatività, e una capacità di problem solving che trovo spesso più spiccata che in altri paesi» – conclude l’AD di Microsoft Italia.
LA CRESCITA E IL PROGRESSO
Crescita e progresso non sono sinonimi. Coniugarli entrambi in una visione di lungo periodo è la sfida più grande che abbiamo davanti. L’altro lato della medaglia del tessuto produttivo e innovativo delle PMI e delle microimprese è che manca loro una progettualità e una visione a lungo raggio. «Il Paese vive emergenze diverse – spiega Enrico Cereda, presidente e amministratore delegato di IBM Italia – ma una sola le interseca tutte: il digitale. E considerando che quest’ultimo rappresenta la leva primaria dell’accelerazione economica, non è difficile rendersi conto di quale urgenza rappresenti». La formula per agevolarne la soluzione – però – ha bisogno di alcuni ingredienti di cui siamo un po’ a corto: «Una visione di politica industriale di lungo periodo, incentrata sui temi dell’innovazione e una maggiore sinergia tra il comparto pubblico e quello privato». Tecnologie e competenze sono i pilastri per rilanciare la competitività – continua Cereda. «Delle prime c’è ampia disponibilità: cloud, AI, analytics, blockchain, quantum. Parliamo di strumenti per gestire l’era dei dati, creare valore aumentando efficienza e produttività, dare vita a nuovi modelli di business. Sono esponenziali e sistemici negli effetti, come dimostrano i risultati delle loro applicazioni». Per le competenze invece c’è molto da fare: «Le centinaia di migliaia di posti vacanti nell’industria sono un monito a rivedere il sistema formativo. Il 65% di chi studia oggi si sta preparando per un lavoro che probabilmente non esiste ancora. Ce lo ricorda il World Economic Forum».
Il tema della trasformazione digitale della PA è un aspetto strategico per poter razionalizzare la spesa, ridurre il deficit e contribuire alla crescita di competitività delle aziende. «Negli ultimi anni, sono stati profusi sforzi per lo sviluppo delle grandi piattaforme digitali, come dimostra l’impegno del Team insediato a Palazzo Chigi, e i casi di eccellenza oggi non mancano. Milano ne è un esempio. Quella che manca è una dimensione sistemica del problema» – afferma Cereda. L’Italia può contare sulla forza di un’industria manifatturiera che si esprime nel Made in Italy e in tanti settori scientifico-tecnologici; sulla dimensione offerta dal patrimonio artistico-culturale e dal turismo; sulla creatività e le intelligenze che il mondo ci riconosce. Ma un ecosistema di tale portata – avverte Cereda – «ha solo bisogno di interagire e lavorare con logiche di sistema». Il dinamismo di chi fa impresa e di chi si mette in gioco ogni giorno possono fare da sprone all’attività di legislatori e decisori pubblici. «Non si tratta di insegnare niente a nessuno. Ma questo avviene senza alcun atteggiamento di superiorità, in una logica collaborativa. Nella consapevolezza che senza una squadra coesa intorno a obiettivi di interesse generale non si va da nessuna parte».
LO SGUARDO VERSO IL FUTURO
L’Italia non ha mai sfruttato appieno la forza innovativa della digitalizzazione. Infatti – ricorda Fabio Spoletini, regional senior VP Technology e country manager di Oracle Italia – «il Digital Divide esiste ancora e non solo tra Nord e Sud, ma anche tra Italia e resto d’Europa». Un esempio per tutti? «Tra la tecnologia che tutti usiamo nelle nostre case e quella che viene usata a livello aziendale – in particolare nelle PMI – da noi è spesso molto più arretrata la seconda». Per rilanciare la nostra competitività, per il manager di Oracle Italia, basterebbe puntare maggiormente su tre punti forti del nostro Paese: «Il Made in Italy e in particolare i settori food & beverage e quelli dove la creatività italiana è riconosciuta nel mondo come fashion e design. In questi ambiti, le tecnologie blockchain vengono in aiuto per garantire la tracciabilità della filiera e l’autenticità italiana dei prodotti». In secondo luogo il turismo: «Siamo forse il Paese con la più alta concentrazione di risorse artistiche, culturali e naturali che tutti ci invidiano, eppure già in Europa la Francia ci supera nel turn-over e nelle presenze annue di visitatori». Oltre al discorso della digitalizzazione – continua Spoletini – per raggiungere clienti attraverso il web e l’e-commerce – «serve più consapevolezza delle ricchezze enormi che abbiamo e del potenziale da sfruttare. Serve offrire una customer experience indimenticabile a chi vuole venire a trovarci, dal primo momento in cui si avvicina all’Italia – magari navigando sul web – all’ultimo in cui torna dalla vacanza e fa passaparola positivo sui social».
Infine, ma non ultima, la cultura italiana, antica e ricchissima: «Non possiamo non voler stimolare una rinascita culturale e artistica del nostro Paese, per lasciare una testimonianza alle generazioni future ma anche per aprire nuovi flussi economici attraverso film, libri e teatro, solo per fare degli esempi. Anche qui la tecnologia è imprescindibile, per diffondere l’acquisto online e/o la condivisione esperienziale». Per il country manager di Oracle Italia il mondo della politica – «non è che il riflesso della società civile, di cui anche l’impresa fa parte. Nel settore pubblico e in quello privato si sta diffondendo la cultura dell’importanza della diversity come ricchezza da un lato e dell’attenzione all’efficienza degli investimenti dall’altro. Certo è fondamentale imparare ad avere lo sguardo rivolto al medio-lungo periodo invece di privilegiare il breve termine» – conclude Spoletini. «Nel breve termine non si può garantire una crescita stabile e soprattutto non si possono sfruttare gli asset che tutti i nostri intervistati ritengono fondamentali: turismo, cultura e qualità. Le piccole aziende, in modo molto maggiore che le grandi, necessitano di sicurezza e di certezze per investire e per crescere».
FARE RETE PER LA CRESCITA
Le PMI sono le protagoniste del tessuto economico italiano e possono rappresentare una grande spinta per tutto il Paese – dice Mirella Cerutti, country manager di SAS Italy (www.sas.com/it). Ma per rimanere competitive e generare valore devono necessariamente abbracciare la trasformazione digitale. «Dati, analytics e progetti in ambito AI e machine learning diventano i principali fattori di spinta per la crescita del nostro Paese. Digital Transformation non significa però solo investimenti in nuove tecnologie, significa anche nuove competenze per rispondere ai cambiamenti che stanno vivendo le aziende». Sono necessari percorsi di studio dedicati alle nuove professioni e collaborazione con università e istituti di formazione, puntando sullo sviluppo della conoscenza.
«In questo contesto di cambiamento è fondamentale fare rete» – spiega Mirella Cerutti. «È necessario mettere a fattor comune le capacità delle aziende, con le loro aeree di forza e di trasformazione, la pubblica amministrazione, le università e i centri di ricerca. Sono quindi necessarie piattaforme abilitanti che aiutino le imprese a esprimere il proprio potenziale». In Italia, sono presenti numerosi distretti industriali, centri di eccellenza dislocati sul territorio che contribuiscono al tessuto economico del nostro Paese. «È quindi importante porre grande attenzione e dedicare risorse e investimenti negli ambiti in cui l’Italia è all’avanguardia, come: sanità, food e turismo. L’Italia si caratterizza da sempre per la sua intrinseca capacità di innovare, pensiamo alle tante eccellenze dell’imprenditoria italiana che hanno portato il brand Italia nel mondo o ai nomi dei grandi innovatori del passato» – commenta Mirella Cerutti. «È questa spinta all’innovazione che non dobbiamo perdere – anzi – la dobbiamo alimentare e favorire». Ma per alimentare la crescita in un mondo sempre più digitale e tecnologico è fondamentale puntare sulle persone: «La competenza, la visione e la curiosità sono infatti alla base di quella forte spinta a guardare avanti, elementi di valore che contribuiscono alla trasformazione delle imprese».
TRASFORMAZIONE CULTURALE
L’investimento sulle persone è imprescindibile per crescere e progredire – lo ribadisce con forza Agostino Santoni, amministratore delegato di Cisco Italia. «Non esiste alternativa se si vuole veramente affrontare lo scenario in costante cambiamento con cui ci confrontiamo a livello tecnologico, economico, sociale. In questi ultimi anni, abbiamo fatto passi avanti dal punto di vista delle “infrastrutture di supporto” per l’innovazione, che non sono solo le reti ma anche gli aspetti normativi e operativi – per esempio l’imprenditoria innovativa, le scelte di sostegno sull’Industria 4.0». Ma non abbiamo fatto abbastanza – ammonisce Santoni – «e in tutto questo non abbiamo messo al centro la trasformazione culturale, le competenze, la creazione di spazio per le persone: così oggi abbiamo aziende che vanno verso il 4.0 ma non hanno tecnici, persone che temono di perdere il lavoro per l’automazione o, al contrario, giovani e professionisti qualificati i cui profili non vengono capiti e valorizzati e migrano altrove». In questo senso, il mondo dell’impresa e quello della politica devono siglare un’alleanza che permetta di intervenire subito e in maniera strategica, su larga scala.
Detto questo – continua l’AD di Cisco Italia – ci sono dei punti deboli che la politica dovrebbe attaccare con coraggio: «Sono quelli che ci tengono agli ultimi posti delle classifiche sugli assi dell’innovazione e della digitalizzazione nonostante tutto. La semplificazione burocratica, pensiamo al codice degli appalti che ancora attende una riforma che permetta di garantire la trasparenza e la correttezza ma anche la possibilità di avviare progetti tecnologici in tempi utili e chiari. E la capacità di stimolare l’investimento in ricerca e sviluppo, le risorse per l’istruzione e la formazione troppo scarse». I piani per l’innovazione sono importanti: «Bisogna però che si creino modelli per aggregare tutti i soggetti – pubblici o privati – intorno a obiettivi comuni, coordinati e concreti capaci di far crescere davvero il Paese».
INNOVAZIONE E MODELLI AVANZATI
Sappiamo bene come l’accelerazione tecnologica degli ultimi anni abbia cambiato il profilo economico e sociale del nostro Paese, spingendo le aziende verso una rivisitazione in chiave digitale dei propri processi. «I big data sono diventati assi portanti dei processi aziendali e supporto alle funzioni di business» – ci ricorda Luisa Arienti, amministratore delegato di SAP Italia. «Dati trasformati in informazioni permettono alle imprese di fare analisi complesse in modo semplice e di prendere decisioni rapide e puntuali». Senza dimenticare – «la sfida lanciata dall’IoT, dal machine learning e dall’intelligenza artificiale che sta rendendo le organizzazioni più intelligenti. Questa innovazione aiuta le aziende a conoscere meglio i bisogni e le aspettative di clienti e dipendenti, a gestire al meglio la relazione e fornire nuovi livelli di esperienze». Per l’AD di SAP Italia, la prossima sfida per le aziende consiste – «nella capacità di raccogliere dati esperienziali e di combinarli con i dati operativi già in suo possesso per poter anticipare trend o intervenire laddove ve ne sia reale bisogno. Oggi, la tecnologia rende possibile questa combinazione e rappresenta per le imprese che la adotteranno un vantaggio competitivo unico e differenziante». Non è un caso se la gestione della soddisfazione dei clienti e dei dipendenti rientra nell’agenda di tutti i CEO. «Il settore pubblico dovrebbe muoversi di pari passo – mette in guardia Luisa Arienti – ponendo al centro delle sue attività un ascolto continuativo e strutturato dei cittadini – che non passa solo attraverso i social media – e combinarlo con i dati della propria macchina organizzativa per favorire uno sviluppo non solo economico ma anche sociale, incline all’inclusione e alla partecipazione collettiva. Solo così – «l’innovazione diventa motore di progresso e di equità, in grado di promuovere una democrazia partecipata in cui ogni cittadino è protagonista del proprio futuro».
LA VELOCITÀ DELLA TRASFORMAZIONE
L’innovazione rappresenta l’ingrediente principale per la crescita anche per Cristina Zucchetti, presidente di Zucchetti Group – «perché solo le imprese che investono nelle nuove tecnologie digitali possono migliorare significativamente i loro processi e restare competitive in un mercato sempre più complesso». Lo dimostra l’indagine condotta da ItalyPost, in collaborazione con Il Corriere della Sera, che ha identificato i “super champions” dell’economia italiana, ossia le magnifiche cento aziende con un fatturato tra 120 milioni e 500 milioni di euro che negli ultimi sei anni hanno fatto registrare una crescita media del 9,5% e nell’ultimo triennio profitti lordi superiori al 17,5%. Le aziende presenti nella classifica – tra le quali c’è anche Zucchetti – hanno tutte una caratteristica in comune: continui investimenti in ricerca e sviluppo per realizzare soluzioni innovative. Ma per aiutare questi campioni dell’innovazione – mette in evidenza Cristina Zucchetti – «servono azioni politiche di ampio respiro». A cominciare – «dalla detassazione degli investimenti in ricerca e sviluppo» – e continuando – «con la formazione delle competenze digitali richieste dal mercato, incentivando la componente femminile nelle discipline scientifiche e il potenziamento delle infrastrutture, in particolare la banda ultralarga». Al tempo stesso, occorre – «proseguire nella direzione intrapresa dal piano Industria 4.0 e creare una governance stabile nel Paese per favorire chi vuole investire». In questo modo, gli investimenti in Italia troverebbero – «terreno fertile proprio nell’eccellenza del Made in Italy, apprezzata in tutto il mondo e nel dinamismo della nostra imprenditoria». Fattore determinante però – conclude Cristina Zucchetti – «è la velocità nel prendere decisioni e la capacità di prevedere i cambiamenti per anticipare le soluzioni, perché oggi gli scenari mutano rapidamente e occorre grande flessibilità di pensiero».