La rivoluzione copernicana delle fabbriche smart “affamate” di dati cambia il paradigma della produzione. Dalla convergenza tra IT e OT, nasce una nuova idea di fabbrica. Gli impianti di produzione diventano fattori abilitanti per il successo aziendale, l’innovazione e il posizionamento strategico. Il ruolo delle tecnologie abilitanti e delle competenze alla base della trasformazione
Il futuro del manufacturing sarà sempre più digitale, innovativo e “profitable”. In Italia, secondo paese manifatturiero d’Europa, la situazione dello smart manufacturing mostra una crescita che deriva in gran parte da trend che nascono a livello globale. Con questo dossier, Data Manager affronta a 360 gradi il complesso panorama della “fabbrica intelligente”, partendo dall’analisi delle tendenze che emergono dalla survey IDC Worldwide Manufacturing 2019 Predictions per arrivare al coinvolgimento diretto di quelle imprese di eccellenza 4.0 che hanno fatto sul campo scelte innovative e coraggiose per il rilancio dell’industria italiana. «Nel corso degli anni, IDC ha definito con la sua ricerca una serie di principi per la fabbrica intelligente» – spiega Lorenzo Veronesi, research manager di IDC Manufacturing Insights EMEA. Per esempio, piattaforme cloud, integrazione IT/OT, processi demand-driven, robot connessi, fornitori di macchinari industriali che diventeranno quasi dei vendor IT, e naturalmente nuove tecnologie e standard.
Ma tra questi principi, il più importante di tutti è che le fabbriche del futuro saranno “affamate di dati”. In pratica, ciò significa che i dati saranno al centro di ogni processo: 1) dalla fase di input (cioè, quando materiali e componenti vengono acquisiti dalla fabbrica ed entrano nel processo di produzione), 2) al processo di produzione stesso e 3) alla fase di output (cioè, quando i prodotti finali sono rilasciati, validati e distribuiti). Nella fase di input – continua Veronesi – «sia le materie prime sia i componenti saranno aumentati da informazioni sulla loro provenienza e sui loro fornitori, nonché dalle istruzioni di assemblaggio. Tecnologie come la blockchain possono senza dubbio aiutare in questo senso». Il processo di produzione stesso – «sarà sempre più definito e supportato da un continuo scambio di informazioni e interazioni tra lavoratori, macchine e applicazioni aziendali. Al giorno d’oggi ogni fase di un moderno impianto di produzione può già potenzialmente essere digitalizzata e resa visibile in tempo reale. In futuro, condurre le operations, basandosi su una rappresentazione digitale dei modelli di fabbrica, sarà lo standard». Per quanto riguarda la fase di rilascio – «non va dimenticato che molte fabbriche saranno sempre più dedicate alla produzione di prodotti connessi e intelligenti. Questi prodotti riporteranno il loro stato all’impianto mentre sono in funzione, per esempio nel “richiedere” un pezzo di ricambio da produrre per un lavoro di manutenzione o per segnalare un problema di qualità che può essere potenzialmente affrontato sul prodotto reale, tramite una rilavorazione in fabbrica (o sulla linea di prodotti) o per suggerire una messa a punto del processo».
LA NUOVA FABBRICA
Secondo le previsioni di IDC, c’è da aspettarsi che tecnologie come IoT, cloud, mobilità ubiqua, strumenti di realtà aumentata e blockchain contribuiranno a questa visione. Ma, la trasformazione più grande arriva dalla percezione che le aziende hanno dei loro processi di fabbrica. Gli impianti di produzione diventano fattori abilitanti per il successo aziendale, l’innovazione e il posizionamento strategico, e non più delle “scatole nere”. IDC prevede che per la fine del 2020 la maggior parte (80% circa) delle aziende di maggiore dimensione saranno per lo meno impegnate nella fase iniziale di questo processo di rinnovamento basato sui dati. Ma per mettere in atto questa trasformazione – avverte Veronesi – «bisognerà riconsiderare la visione della fabbrica al punto di capovolgerla, come una rivoluzione copernicana basata sui dati».
Pertanto, alla luce della proliferazione di dati e informazioni, la natura stessa delle competenze richieste ai lavoratori nelle fabbriche sarà radicalmente trasformata. «Nelle economie attuali, non è possibile considerare i lavoratori delle fabbriche come una commodity. Infatti, la visione di IDC della fabbrica del futuro è incentrata sulla capacità delle persone di garantire i necessari livelli di innovazione, flessibilità e agilità ai processi attraverso le loro capacità decisionali. Questo sta creando competizione tra le aziende manifatturiere per attirare i migliori talenti». Ma come bilanciare questo trend con le possibilità tecnologiche odierne, che permettono grazie all’automazione massiva di creare modelli di fabbrica “lights out”? Secondo Veronesi, la soluzione a questa apparente dicotomia – «sta nel rendere i lavoratori più produttivi nel fare attività sempre più complesse, aumentando le loro capacità tramite tecnologia». Tre sono i fattori principali di “empowerment” che – secondo IDC – faranno la differenza: aumentare il cervello; aumentare i sensi; potenziare le capacità fisiche.
Aumentare il cervello – significa potenziare la capacità di gestione delle informazioni – «per consentire la configurazione di postazioni di lavoro interattive e basate su dati che garantiscono che i processi siano eseguiti correttamente e che i problemi di qualità siano evitati in tempo reale». Aumentare i sensi – significa potenziare la percezione del mondo intorno a noi. In questo contesto, i dispositivi indossabili svolgono un ruolo chiave: pensate ai braccialetti o agli occhiali con capacità di elaborazione. «Ci sono molte circostanze in cui il funzionamento a mani libere è essenziale, specialmente nella manutenzione delle attrezzature» – spiega Veronesi. Inoltre, la capacità di fornire realtà aumentata sarà preziosa, in particolare per supportare le procedure di assemblaggio e la formazione. I dispositivi indossabili funzionano anche come strumento di comunicazione per l’assistenza remota (occhiali) o la semplice messaggistica (braccialetti e orologi intelligenti). Infine – potenziare le capacità fisiche – significa creare una sinergia tra lavoro umano e lavoro automatizzato. Assistiamo alla «proliferazione di macchine (per esempio, co-bot, AGV e robot mobili) che hanno la capacità di lavorare a fianco di lavoratori umani per supportarli nell’esecuzione di compiti specifici che richiedono un livello di abilità, forza e resistenza estremi, o che semplicemente sono troppo ripetitivi e monotoni per essere eseguiti senza errori da un operatore umano». IDC stima che entro il 2021, il 60% delle aziende di produzione avrà potenziato i lavoratori di fabbrica con realtà aumentata / virtuale (AR / VR), app intelligenti e co-bot, ottenendo così guadagni di produttività fino al 7% e ambienti di lavoro più stimolanti.
Cosa possiamo imparare e cosa significa tutto questo per il reparto IT? «Per prima cosa – risponde Veronesi – “Data First” diventerà gradualmente il principio di progettazione dei nuovi impianti e la linea guida per il miglioramento di strutture e processi “brownfield”. Ciò richiederà ai responsabili IT di cambiare prospettiva, fino a partecipare alle fasi di progettazione dell’impianto stesso. Inoltre, siccome i flussi di dati da / per / e attraverso la fabbrica saranno essenziali – come l’ottimizzazione dell’esecuzione dei processi – ciò creerà una pressione crescente sull’IT che dovrà garantire che ciò avvenga nel miglior modo possibile e in forma continua, poiché queste tecnologie soffrono di obsolescenza rapida».
TECNOLOGIE E PERSONE
Ma alla luce di questi “insights” quali scelte guidano realmente gli investimenti smart manufacturing nel nostro Paese? In questo servizio, Data Manager approfondisce alcune esperienze concrete di convergenza tra IT e OT, messe in campo per colmare il gap tra tecnologie “operative” e “informatiche”, sfruttando la nuova intelligenza di impianti e oggetti. La nostra prima tappa è nella fabbrica intelligente di Thales Alenia Space, azienda che si occupa di ricerca e sviluppo, progettazione, realizzazione e messa in orbita di sistemi satellitari completi, dalla progettazione e realizzazione dei componenti di base, quali ibridi, apparati o sottosistemi, fino al sistema satellite. Thales Alenia Space – joint venture Thales (67%) e Leonardo (33%) – è da tempo avviata sul percorso Industria 4.0, ed è impegnata nello sviluppo di nuove tecnologie, anche produttive, per la realizzazione di prodotti innovativi allineati alle richieste di mercato, a costi contenuti e un adeguato time-to-market. «Operiamo in un mercato molto competitivo – spiega Fabio Achille Occhioni, direttore di produzione e integrazione – con player internazionali molto aggressivi, dove la competizione si basa sulla capacità di proporre prodotti altamente innovativi. Negli ultimi anni, sono entrati nel mercato nuovi player che hanno cambiato le regole del gioco. La nostra trasformazione digitale deve necessariamente rispondere a queste sfide. All’interno della fabbrica, il valore per il cliente lo troviamo nella qualità della produzione e nella riduzione dei tempi ciclo, e ambedue questi aspetti porteranno inevitabilmente a una riduzione dei costi».
Per Fabio Achille Occhioni, le tecnologie chiave per il settore sono basate sulla digitalizzazione – o meglio – sulla continuità digitale. Stiamo parlando di big data, automazione e robotica collaborativa a supporto degli operatori, ma anche di metodologie di progettazione e realizzazione di strutture complesse con tecniche di additive layer manufacturing (ALM), usate per materiali metallici, polimerici, ceramici o altro. Per avviare un corretto processo di cambiamento, serve una chiara conoscenza dei processi e la consapevolezza che la digitalizzazione non è la semplice trasformazione di processi cartacei o old style in un processo digitale. In questa prospettiva, Thales Alenia Space sta re-ingegnerizzando i processi, secondo un criterio di flessibilità e condivisione in tempo reale delle informazioni provenienti da tutte le unità operative (ingegneria, qualità, manufacturing), utilizzando i dati con logiche di data analytics e mining. Un altro elemento chiave al centro di un progetto di trasformazione 4.0 è la collaboration – «per cui le tecnologie e gli strumenti che vengono sviluppati si fondano su una condivisione e una collaborazione continua tra le diverse unità operative dell’azienda con un coinvolgimento di tutto il personale, impegnato sulle linee di produzione o nei laboratori di ingegneria, che ha esperienza diretta dei prodotti e dei processi».
Gli innovation cluster o fab lab sono strumenti che favoriscono il coinvolgimento di tutto il personale per proporre e sviluppare idee innovative e di rottura, e sono strumenti necessari per creare la cultura e favorire il coinvolgimento di tutti gli stakeholder interni ed esterni. E in Thales Alenia Space ci sono già diverse applicazioni in questa direzione, con risultati molto interessanti. In tale scenario, la collaborazione – o meglio l’integrazione tra le competenze industriali e di processo con quelle ICT – diventa strategica e oggi – più che mai – si stanno unendo due mondi che non solo erano visti in modo diverso, ma che erano gestiti in modo molto distante tra loro. Immaginiamo di dover collegare sull’infrastruttura IT tutte le macchine della fabbrica. Che cosa succederebbe? Dovremmo avere più banda disponibile, più capacità di elaborazione e più velocità di risposta. E parallelamente, crescerebbe anche la necessità di avere validi sistemi di cybersecurity, per proteggere l’operatività dei nostri impianti industriali, i dati di prodotto e del processo produttivo. «Attualmente, in azienda – continua Fabio Achille Occhioni – è disponibile un sistema PLM completo, sistemi CAE/CAD e software (ENOVIA) per la gestione delle configurazioni dei sistemi di ingegneria, di materiali e componenti, un sistema ERP a cui si aggiunge un sistema MES. Stiamo perfezionando un progetto per una piattaforma collaborativa per collegare tutti questi processi e favorire l’integrazione».
Questa infrastruttura IS/IT consente a Thales Alenia Space di digitalizzare non solo il prodotto, ma anche i flussi di produzione con la tracciatura di tutte le attività – «in quanto nello Spazio è fondamentale il controllo e l’identificazione di tutte le operazioni e di tutti i componenti assemblati». Non solo. «Oggi, stiamo lavorando per connettere le macchine al sistema MES, per l’acquisizione dei dati delle macchine stesse, con sistemi cablati o IIOT» – continua Fabio Achille Occhioni. «La connessione delle macchine e la digitalizzazione dei dati di processo e la conseguente connessione degli operatori e tecnici al sistema IIOT ci permetterà di essere più reattivi ai cambiamenti e anche di analizzare i dati per migliorare in modo continuo i processi e l’organizzazione della fabbrica.
Di certo, cloud o edge computing sono argomenti che faranno la differenza nelle scelte di architettura e quindi di performance del sistema integrato. La digitalizzazione completa ci porterà a dover gestire una gran quantità di dati, alla base del progetto relativo ai big data – al quale stiamo lavorando in ambito Europeo – ma anche dei POC – a livello locale. L’automazione e la robotica, nel nostro settore – basato su bassi volumi e un alto mix – non possono essere applicate solo per ridurre i costi, ma soprattutto per il miglioramento della qualità e a supporto operativo e collaborativo degli operatori. A differenza di altre aziende, tali tecnologie non saranno concorrenti alle risorse umane ma integrative».
Per quanto riguarda la robotica, Thales Alenia Space ha installato un robot collaborativo (CRATOS), in grado di effettuare operazioni di montaggio, di incollaggio e di ispezione a supporto degli operatori che integrano gli elementi elettronici (ibridi, PCB digitali e di alimentazione, PCB RF, meccaniche) delle antenne attive e un robot (SAPHIRE) per la foratura e montaggio di inserti su pannelli in materiale composito per satelliti per telecomunicazioni. Inoltre, l’azienda ha sviluppato altri importanti progetti di automazione e di robotica sia in area produzione che di integrazione satelliti. «L’unione della robotica con la continuità digitale – spiega Fabio Achille Occhioni – porta a progetti di ispezione digitale, sistemi automatici e robotici per il riconoscimento e l’ispezione automatica dei prodotti con verifica di congruenza con il modello di ingegneria. E permette anche la remotizzazione delle attività di verifica e supporto, con la possibilità quindi di poter integrare fabbriche o funzioni logisticamente lontane tra loro. Il nostro nuovo stabilimento di L’Aquila – ricostruito dopo il terremoto del 2009, utilizzando tecnologie allo stato dell’arte e con innovativi criteri antisismici – è un primo esempio di sito dove si è integrato il sistema PDM, ERP, il sistema MES e il primo progetto di robotica collaborativa (CRATOS). L’automazione delle linee è già presente e sarà ulteriormente sviluppata nei prossimi mesi in ambito IIOT».
NUOVE CONVERGENZE
Le molte iniziative elencate richiedono notevole sforzo in R&D e investimenti importanti, ma anche la crescita delle competenze con la costruzione di un network attivo con le università, i centri di ricerca e le PMI più innovative. Il manufacturing svolge un ruolo vitale nell’economia globale, e ci sono molte sfide da affrontare – come è emerso anche dall’ultima edizione del World Manufacturing Forum. Ci sono i cambiamenti nei megatrend sociali, la necessità di competenze specifiche, la digitalizzazione di intere catene di approvvigionamento, la necessità di creare nuovi ecosistemi di produzione urbana, l’iper-personalizzazione della produzione, i cambiamenti demografici e climatici. ANIE Automazione, con le sue 100 aziende associate, rappresenta in Italia il punto di riferimento per le imprese fornitrici di tecnologie per l’automazione di fabbrica, di processo e delle reti, operando al massimo livello per la realizzazione sul campo di questi obiettivi. Fabrizio Scovenna, presidente di ANIE Automazione sottolinea lo sforzo cruciale che l’associazione sta mettendo in campo per lo sviluppo di una cultura 4.0 delle tecnologie in grado di abilitare la trasformazione digitale del settore manifatturiero. Stiamo parlando di settori tecnologici molto avanzati e fortemente coinvolti nei profondi cambiamenti dettati dalla convergenza tra automazione e IT. ANIE Automazione associa infatti i fornitori di tecnologie che sono coloro che per primi hanno investito nei prodotti e nelle soluzioni che consentono il passaggio allo smart manufacturing.
«Le nostre imprese – spiega Fabrizio Scovenna – sono consapevoli dei vantaggi dell’Industria 4.0 che permette una produzione sempre più precisa, flessibile, efficiente, orientabile, capace di ridurre i cicli innovativi e il time-to-market e che si traduce in maggiore efficienza, competitività e interconnessione all’interno della fabbrica e lungo la filiera produttiva. E notevoli sono gli sforzi che le aziende fanno per divulgare ai propri clienti, siano essi costruttori di macchine o utilizzatori finali, i principali benefici del passaggio al 4.0». Il lavoro ancora da fare – continua Scovenna – è proprio rivolto alla filiera dove le competenze sono in molti casi ancora basse, specialmente dove la dimensione d’impresa è piccola o addirittura micro, come spesso accade in Italia. «Da anni, ANIE Automazione contribuisce al potenziamento delle azioni di formazione e informazione volte a far comprendere quanto un manifatturiero moderno e digitale sia imprescindibile per la crescita economica del Paese, supportando le imprese che intendono approfondire i nuovi traguardi di Industria 4.0 per adeguarsi all’evoluzione del mercato e rimanere competitive a livello nazionale e internazionale». Oltre ai convegni e agli importanti forum promossi da ANIE Automazione su tematiche d’interesse verticale come la meccatronica, il software industriale, il telecontrollo e i sistemi di visione, l’associazione ha supportato fattivamente una delle principali iniziative messe in campo da ANIE Federazione per fare cultura 4.0. Si tratta dello Sportello I4.0, un servizio di consulenza istituito a marzo 2017 legato al Piano Industria 4.0 che si rivolge ai fornitori di tecnologie che rendono la macchina o l’impianto “4.0 ready”, ai costruttori di macchine e agli utilizzatori finali, che sono i beneficiari diretti delle agevolazioni previste dal Piano.
«Dal momento della sua costituzione – spiega Fabrizio Scovenna – sono stati valutati migliaia di contatti e sono state fornite centinaia di consulenze sul Piano Industria 4.0, la maggior parte avanzate dai fornitori di soluzioni e componentistica, il 70% dei quali è socio ANIE. Circa l’80% dei quesiti ha riguardato l’iper-ammortamento. Mentre è ancora troppo presto per fare delle valutazioni sulla misura del credito d’imposta per la formazione 4.0, inserita quest’anno nel Piano. Circa il 90% dei quesiti ha riguardato applicazioni industriali, di cui circa il 50% linee produttive, macchine e impianti, e il 16% le componenti hardware e software dei beni oggetto di incentivi. Le principali criticità segnalate hanno riguardato l’interconnessione e i perimetri di iper e super ammortamento». Alla luce di tali risultati, ANIE ha attivato anche un nuovo progetto partito a marzo: si tratta del master “ANIE per Industria 4.0”, un ciclo di seminari formativi volti ad approfondire i principali aspetti tecnologici, fiscali, normativi e di business che le imprese manifatturiere si trovano a gestire per adeguarsi all’evoluzione industriale in atto, e rimanere competitive sia a livello nazionale che internazionale.
INTEGRAZAIONE UOMO-MACCHINA
Un recente studio del World Economic Forum (WEF) ha sottolineato come le persone, non la tecnologia, plasmano il futuro del manufacturing. Punto di vista condiviso anche da Pierluigi Petrali, operations excellence manager, manufacturing R&D di Whirlpool EMEA, azienda che ha bene in mente l’importanza della sinergia tra fattore umano e tecnologico. Dopo un periodo di – «disinnamoramento» – verso le tecnologie digitali, causato da un eccesso di confidenza verso le stesse avvenuto nel decennio 2000-2010 e il conseguente spostamento dell’attenzione ai soli temi di lean manufacturing – ci racconta Pierluigi Petrali – nel 2016, la spinta tecnologica derivante dal manifesto Industria 4.0 nato in Germania e da alcuni spunti ispiratori generati da importanti think tank mondiali (IDC, BCG, Roland Berger etc.) ha portato Whirlpool a creare a una strategia globale, denominata Manufacturing 2020, attraverso la quale – come ribadito nel recente report annuale – l’adozione del programma World Class Manufacturing e delle tecnologie digitali permetterà all’azienda di fare – «un salto importante in termini di competitività sui costi e sulla qualità». A seguito della fase di impostazione strategica effettuata da un team globale e costituita da approfondimenti delle tecnologie, studi di fattibilità, analisi costi/benefici – «sono stati lanciati alcuni progetti pilota in alcune fabbriche modello, in modo da poter valutare appieno la potenzialità di cambiamento dell’Industria 4.0» – continua Petrali. Le tecnologie scelte per il cambiamento sono quelle che hanno mostrato sin dalle prime analisi la maggior probabilità di generare ritorni economici in tempi brevi: «Smart automation, advanced testing, analytics, traceability, connectivity, data visibility, system integration a cui si sono recentemente aggiunte additive manufacturing e human centered technologies».
L’esecuzione dei primi programmi pilota ha permesso da un lato di confermare alcune delle aspettative attese, dall’altro ha evidenziato alcuni punti importanti di attenzione su cui l’azienda ha cominciato a lavorare. «Ci siamo resi conto – corroborati dai dati e non solo da sensazioni – che, per una massimizzazione degli effetti positivi della trasformazione digitale, è indispensabile affinare gli aspetti abilitanti tra cui il fattore umano – inteso come competenze e organizzazione – la conoscenza, come costante attività di scouting e controllo tecnologico e la partecipazione a reti esterne – e il sistema di misura, ossia un meccanismo di valutazione obiettiva del grado di maturità delle fabbriche allo stato iniziale e lungo l’evoluzione». La scelta delle soluzioni tecnologiche e dei partner è stato un punto fondamentale e molto difficile per l’azienda: «L’attuale offerta tecnologica di soluzioni sovrasta la capacità di una loro valutazione comprensiva. Inoltre, molte delle tecnologie che oggi vengono offerte sono in realtà a un grado di maturità non ancora ottimale». Per questa ragione, Whirlpool è impegnata da ormai quasi 10 anni nella partecipazione a progetti di ricerca finanziati in ambito industriale. «Dal 2010, abbiamo contribuito alla ricerca europea attraverso 15 progetti, di cui 8 ancora in corso, in svariati campi d’azione: Industrial IoT, zero defect manufacturing, cyber physical systems, digital platforms, advanced robotics, edge computing, predictive maintenance big data».
Secondo Pierluigi Petrali, la partecipazione ai programmi europei, come Horizon 2020 che sta per concludersi, porta almeno tre grandi vantaggi. Prima di tutto – «permette di sperimentare soluzioni innovative in un ambiente virtualmente risk-free e quindi di poter trasferire i risultati positivi in produzione con un’alta probabilità di successo. Questo è successo per esempio con il progetto FP7 MAN-MADE che ci ha consentito di realizzare le primissime applicazioni con robot collaborativi e di sviluppare con uno dei partner del progetto un software per la progettazione integrata dei cicli di lavoro e della loro valutazione ergonomica». Inoltre, permette di sviluppare – «skills specifici in un contesto privilegiato, a diretto contatto con ricercatori, docenti universitari, esperti e tecnologi delle aziende leader di mercato» – e infine consente di creare – «una rete di conoscenze e di potenziali partner solida e duratura». La vera sfida della trasformazione digitale è far sì che l’uomo e le macchine possano integrarsi nel modo più naturale e che ognuna delle due parti tragga vantaggio da questa integrazione. «Capire quanto l’organizzazione sia pronta a sostenere questo cambiamento è il punto fondamentale» – afferma Petrali. E in questa prospettiva, Whirlpool ha sviluppato, in partnership con uno spin-off di una importante università italiana, un sistema di assessment della maturità digitale in grado di rispondere alle proprie specifiche esigenze, valutando i gap e permettendo in questo modo di pianificare le attività progettuali e di training e re-skills delle persone. Perché la velocità della digital transformation cambia radicalmente il mondo degli ambienti produttivi, ma la capacità delle persone di adattarsi al cambiamento non si può comprimere.