Competenze e talenti, come superare il digital gap

La sostenibilità come fattore di differenziazione competitiva

L’assunzione di neolaureati e la creazione di percorsi di formazione interna sono le principali strategie attualmente intraprese dalle aziende, ma rimane elevata la competizione per la retention dei talenti e dei professionisti ICT

La progressiva diffusione di tecnologie innovative, come il cloud, i big data e gli analytics, l’IoT, il cognitive computing, l’intelligenza artificiale e la robotica (solo per citarne alcune) sta imponendo alle aziende dei principali settori industriali – nonché agli enti pubblici – di affidarsi a risorse con competenze digitali avanzate che siano in grado di supportare il percorso verso la trasformazione digitale. Le competenze richieste si devono occupare di sviluppare, implementare e gestire i progetti innovativi che contribuiscono all’innovazione (del business, dei prodotti, dei processi) e all’efficientamento interno. La disponibilità e l’accesso a risorse con competenze digitali adeguate risultano però un aspetto critico da gestire e che accomuna le aziende di tutti i settori industriali: in Europa, in base alle stime di IDC, al 2020 si registrerà un gap di quasi 750mila posizioni lavorative in ambito ICT.

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LE STRATEGIE PER COLMARE IL GAP

La disponibilità di competenze impatta sulla capacità delle aziende di intraprendere i percorsi di trasformazione digitale. In base ai dati di una recente ricerca di IDC, il 55% delle aziende europee si trova ancora in una fase iniziale relativamente all’implementazione di una strategia digitale e, nonostante siano diversi i fattori che contribuiscono a questo ritardo, il 24% afferma che uno degli ostacoli principali risiede proprio nella difficoltà di accedere ad adeguate competenze. Per colmare questo “gap”, le aziende stanno adottando diverse strategie: si orientano verso l’assunzione di neolaureati direttamente dalle università; cercano profili ICT qualificati direttamente nel mercato del lavoro, attirandoli da altre aziende, da competitor o da fornitori; attivano percorsi di formazione interna per i dipendenti già presenti in azienda; prevedono azioni efficaci di retention dei talenti ICT. Orientarsi verso l’assunzione di neolaureati permette solitamente alle aziende di poter selezionare profili con buone competenze soft (tra cui comunicazione interpersonale e problem solving), in possesso di un buon background tecnologico, con competenze digitali intermedie e con la capacità di apprendere velocemente nuovi skill. In questo modo, le aziende – pur non accedendo a un “prodotto finito” – possono prevedere ulteriori attività di formazione interna per accrescere le competenze dei neoassunti/neolaureati, soprattutto verso gli ambiti tecnologici specifici.

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Una seconda strada spesso intrapresa dalle aziende è la formazione interna di risorse già presenti in azienda, attraverso percorsi di reskilling e upskilling. Questa strategia offre alcuni vantaggi, tra cui la possibilità di continuare la collaborazione con dipendenti che hanno già dimostrato un buon “fitting” con la cultura e con i valori aziendali. Una terza strategia per colmare il gap di competenze è invece quella di assumere profili esperti, con competenze digitali e tecnologiche avanzate, magari direttamente da competitor o da fornitori. In questo caso, alcuni aspetti di rilievo che entrano in gioco sono i livelli dei salari offerti e le possibilità – per gli assunti – di accedere a programmi di training e di crescita interna. Attrarre e mantenere risorse specializzate e talenti, infatti, in un mercato altamente competitivo dove la domanda di professionisti ICT è maggiore dell’offerta, risulta molto sfidante e le aziende devono costantemente focalizzarsi sui possibili sviluppi di carriera che possono offrire ai professionisti, oltre agli incentivi economici. In Italia, in base a una recente ricerca di IDC, emerge nelle aziende una chiara focalizzazione soprattutto verso le attività di formazione interna delle risorse già presenti in azienda; questa strategia permette di rispondere alla carenza – che spesso si rileva sul mercato del lavoro – di profili con competenze adeguate.

AREE TECNOLOGICHE CRITICHE

Nelle aziende italiane emergono cinque aree principali nelle quali si stanno ricercando, introducendo e formando nuove competenze: i social media, l’IoT, il cloud, l’area data science/analytics e la cyber security. I social media risultano un’area rilevante, nella quale si ricercano e si formano profili di social media manager, esperti di content e social marketing, community manager e social media analyst. I social rappresentano quindi ancora un ambito strategico che permette la gestione efficace della presenza e della comunicazione del brand aziendale e delle interazioni con i clienti su piattaforme online e mobile. L’area IoT, invece, permette di intraprendere percorsi di innovazione di prodotto, di processo e di efficientamento interno; in questo campo si stanno intraprendendo attività di formazione e di assunzione di professionisti con competenze trasversali in area networking, software embedded, device configuration e management, programmazione e sviluppo software. I settori che più di altri stanno ricercando, formando e introducendo profili in area IoT sono i trasporti, le comunicazioni, le utilities, il commercio e l’industria. Soprattutto quest’ultimo settore sta puntando sulla formazione di risorse interne, attraverso percorsi di reskilling, con l’obiettivo di riqualificare e ricollocare gli addetti con i nuovi paradigmi tecnologici alla base dell’Impresa 4.0 e dei nuovi processi produttivi digitali.

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Anche la cyber security rappresenta un’area di forte attenzione da parte delle aziende italiane: oggi, si rende necessario disporre di competenze in grado di implementare e gestire policy e progetti indirizzati alla protezione delle reti, dei sistemi, dei dati e delle informazioni. L’orientamento principale è quello di introdurre questi profili dall’esterno, invece di formare risorse già presenti in azienda: con le evoluzioni normative, le aziende italiane sembrano avvertire infatti una maggiore pressione circa l’incremento delle proprie competenze interne per la gestione delle tematiche di sicurezza. Infine, oltre al cloud computing e ai big data & analytics che continuano a rappresentare ambiti prioritari in tema di competenze digitali avanzate, emergono anche le aree dell’API e del DevOps. Queste tematiche stanno infatti assumendo un’importanza crescente per i processi di integrazione dei servizi e per garantire una migliore qualità e un più rapido processo di sviluppo e rilascio del software.

CONCLUSIONI

Le aziende sono consapevoli che oggi il mercato del lavoro presenta una carenza di professionisti ICT con competenze adeguate e che anche i percorsi educativi e universitari faticano a stare al passo con i cambiamenti tecnologici in atto. Per questo, sta acquisendo una crescente importanza l’assunzione di neolaureati con una buona attitudine alle tecnologie e con una buona propensione all’apprendimento, i quali – una volta introdotti in azienda – possono essere inseriti in programmi di “training on the job” che permettono di sviluppare competenze tecniche specifiche e verticali. Per superare il gap di competenze, quindi, i programmi di training, di reskilling e upskilling sia dei neoassunti, sia delle risorse interne, dovranno rappresentare delle vere e proprie iniziative strategiche per traguardare con successo la trasformazione digitale. Inoltre, risulta di fondamentale importanza prevedere percorsi stimolanti di crescita e di sviluppo interno per la retention dei talenti, così come l’ampliamento dell’ecosistema dei partner dell’innovazione, con cui costruire programmi di formazione ad-hoc. In questo modo, si contribuirà a creare un ambiente di lavoro e di sviluppo personale stimolante e non dipendente da una singola tecnologia o offerta di un vendor, ma aperto al cambiamento e al passo con le diverse innovazioni tecnologiche.

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Diego Pandolfi research & consulting manager di IDC Italia