Ospite di una lecture presso il Politecnico di Milano, il fondatore dei Lab spiega come la sicurezza informatica può sconfiggere il cybercrime
Un’icona della cybersecurity dinanzi a un pubblico di universitari? Possibile se la persona in questione è Eugene Kaspersky, lungimirante fondatore dell’omonima compagnia di sicurezza informatica con origini moscovite e qualche problema con il governo statunitense. Eh sì, perché quello che oggi sta succedendo alle varie Huawei e ZTE, con Donald Trump che è riuscito a bannarle dal proprio paese spingendo gli alleati a fare altrettanto, eliminando le loro infrastrutture dall’aggiornamento dei network di rete 5G, è già capitato qualche anno fa ad Eugene, quando il tycoon ha deciso che i software antivirus presenti nei terminali delle pubbliche amministrazioni Usa servivano in realtà per inviare informazioni al Cremlino. Senza mai dimostrarlo concretamente. Ed è per questo che Mr Antimalware prosegue sulla sua strada, continuando a sviluppare soluzioni che possano contrastare i rischi derivanti dal web, sia per gli utenti privati che per aziende e istituzioni.
Eugene Kaspersky è stato ospite di una lecture presso il Politecnico di Milano, dove ha ribadito un paio di numeri circa le minacce globali e disegnato la sua visione di difesa, tramite un sistema che sappia integrare software e hardware a scopo proattivo. “Nel 1998 venivano scoperti 50 tipi di malware al giorno. Il numero è salito a 14.500 nel 2008 e a 380.000 nel 2018. Ci rendiamo conto che contrastare un panorama del genere, con tecniche tradizionali, non è più possibile. Servono piattaforme intelligenti, di certo automatizzate, ma anche persone di talento, uomini e donne che lavorino per dirigere meglio le operazioni di contrattacco”.
Il riferimento di Kaspersky va alle oltre 100 campagne sofisticate di malware attive al mondo, tutte (o almeno quasi) figlie di quel famoso Stuxnet e proseguite sino allo Slingshot del 2018. Cosa muove iniziative del genere? “Bisogna distinguere tra spionaggio e cybercrime – prosegue Kaspersky – il primo mira alle informazioni, proprietà intellettuali, log di conversazioni e dati sensibili. Il secondo a come ottenere denaro, sia direttamente tramite l’hacking di account bancari, che per mezzo di estorsioni e ricatti. Ecco allora le foto e i video rubati e poi utilizzati come merce di scambio sempre più evidente”.
Non è semplice districarsi in un mondo del genere, dove siamo continuamente bombardati da tentativi di phishing e di violazioni dei profili. Illuminante un pensiero su tutti di Eugene: “Si parla così tanto di quarta rivoluzione industriale, dei suoi vantaggi. Ma ci si sofferma mai a considerare i rischi? Tante compagnie oggi utilizzano robot, sensori, IoT, e poi commettono errori banali, come facciamo noi. Serve coerenza, nella vita personale e professionale”.
La visita di @e_kaspersky ai ragazzi del Politecnico di Milano @KasperskyLabIT pic.twitter.com/rHdHo7yzUs
— Antonino Caffo (@Connessioni) February 12, 2019
Una coerenza che per Kaspersky si fonda su un progetto nato oramai qualche tempo fa con il nome di Kaspersky OS. Si tratta di un sistema operativo pensato per creare un layer di sicurezza in cima ai prodotti su cui è installato, anche Internet delle Cose, indossabili e mini computer. Grazie a una profonda integrazione con i componenti hardware di un oggetto, l’OS realizza un ambiente altamente protetto, personalizzabile per esigenze specifiche. Basta questo? “No di certo – conclude Eugene – bisogna spingere ancora molto sulla crittografia, sull’utilizzo di tool di autenticazione avanzati e creare una cultura informatica di livello superiore. Ma l’OS è un buon punto di partenza. Lo dico prima di tutto come utente e poi come imprenditore”.