Con il primo rapporto 2018 Robot, Intelligenza Artificiale e Lavoro in Italia – promosso da AIDP con LABLAW e realizzato da Doxa – l’Associazione Italiana per la Direzione del Personale ha cercato di capire quanto di vero c’è nella realtà delle aziende italiane circa l’innovazione tecnologica e la robotizzazione, ma soprattutto quanto di vero c’è nelle paure di chi lavora e di chi il lavoro lo deve organizzare e prevedere per il successo delle imprese.
Senza alcun intento profetico, quindi, ma per stimolare una riflessione sugli scenari possibili e accrescere la consapevolezza delle aziende circa la propria capacità di adattamento in un tempo in cui il tasso di sperimentazione e innovazione è in crescita esponenziale.
IL RAPPORTO
La ricerca, conclusasi a ottobre 2018, produce un quadro dell’impatto di AI e robot sulle organizzazioni aziendali nel panorama italiano e ha coinvolto 1000 dipendenti e più di 300 aziende, la metà delle quali composta da aziende robotizzate e l’altra metà da aziende che non hanno ancora intrapreso il percorso di robotizzazione o digitalizzazione. A presentare e commentare i principali risultati, Isabella Covili Faggioli, presidente nazionale AIDP: «Il primo dato interessante è che, per l’89% delle aziende, robot e AI non potranno mai sostituire del tutto il lavoro delle persone. Inoltre, il 61% delle aziende italiane è pronto a introdurre sistemi di AI e robot nelle proprie organizzazioni e solo l’11% si dichiara totalmente contrario, anche se è diffusa la convinzione che sono a forte rischio sostituzione i lavori manuali e poco specializzati».
AI E ROBOT IN AZIENDA
Il 66% dei rispondenti dichiara un miglioramento delle condizioni di lavoro, il 67% un aumento della sicurezza e il 76% un impatto positivo sui carichi di lavoro. Chi ha già introdotto sistemi di AI o robot dichiara che questi forniscano ausilio al lavoro delle persone nel 56% dei casi, abbiano sostituito mansioni prima svolte dai dipendenti nel 42% dei casi, o nel 33% dei casi svolgano attività nuove che prima non venivano realizzate. Inoltre AI e robot migliorano molti aspetti intrinseci del lavoro dipendente perché hanno favorito una maggiore flessibilità dell’orario di lavoro in entrata e in uscita (38%); la riorganizzazione degli spazi di lavoro e uffici (35%); la promozione di servizi di benessere e welfare per i lavoratori (31%); il lavoro a distanza e smart working (26%); la riduzione dell’orario di lavoro (22%). Interessante notare che la valutazione è più positiva nelle aziende che hanno già sperimentato queste tecnologie, rispetto a quelle che devono ancora introdurle.
UNA QUESTIONE STRATEGICA
Sono tre secoli che il rapporto uomo-macchina è complicato perché basato sulla paura che le macchine sostituiranno le persone mentre si è poi sempre verificato un miglioramento della qualità della vita e la creazione di nuove professionalità. «I risultati del rapporto fanno capire che la digitalizzazione non è mai solo una questione tecnologica ma strategica» – spiega Isabella Covili Faggioli. «C’è sempre più la consapevolezza che a nulla serviranno le tecnologie se non ci riappropriamo del pensiero, e che nulla succede se le persone non lo fanno accadere. Sono le persone che fanno la differenza, sempre e comunque, ottimizzando le innovazioni e dando loro il ruolo che hanno, un ruolo di supporto e di miglioramento della qualità della vita. Si tratta di un modo radicalmente diverso di affrontare la rivoluzione digitale perché rassicura la persona nella sua centralità, a prescindere da ruoli e funzioni».
LA SFIDA DELLE COMPETENZE
«Dalla ricerca emerge che in Italia siamo attenti sia all’offerta sia all’utilizzo di robot e che gli early adopter hanno visto aumentare il numero di nuovi clienti in modo esponenziale. Ma c’è anche la consapevolezza che entro il 2030, il 60% delle occupazioni sarà automatizzata per cui ci saranno sì nuovi posti di lavoro ma diversi, che richiederanno preparazione e competenze nuove. Sarà fondamentale quindi un aggiornamento e una formazione continua per rimanere sul mercato del lavoro con potere contrattuale, e le aziende hanno interesse a occuparsi di questo».
IMPATTI SULL’OCCUPAZIONE
Quali saranno gli impatti sull’occupazione è questione controversa: quel che è certo è che, al di là dei benefici in termini organizzativi, l’introduzione di queste tecnologie avrà effetti negativi sull’occupazione in particolare con l’esclusione dal mercato del lavoro di chi è meno scolarizzato e qualificato. Alla luce dei risultati dell’indagine, per la presidente nazionale AIDP – «investire sulla formazione e sulla qualità delle persone diventerà sempre più una necessità strategica per assicurare il successo nell’impiego delle nuove tecnologie». Non solo. «Se è certo che si apriranno opportunità di occupazione per le nuove professionalità in ambito tecnologico e digitale (specialisti IT, manutentori robot, programmatori…) è anche vero che essere veloci, avere attitudine al sociale, senso di responsabilità, adattarsi al cambiamento, non saranno competenze marginali ma faranno la differenza nel declinare il nuovo che avanza e che deve essere capito. La creatività, l’energia psichica e la capacità di agire in scenari imprevisti saranno le competenze più richieste».
ORGANIZZAZIONI E MANAGEMENT
All’evidenza di nuovi ruoli e alle nuove competenze occorrerà affiancare una nuova capacità organizzativa e anche un nuovo approccio per gestire le relazioni industriali che necessitano di un quadro normativo adeguato. Avrà ancora senso utilizzare i sistemi di inquadramento attuali? I contratti collettivi che senso e funzioni avranno? Quali saranno le regole per il nuovo mercato del lavoro? Come si possono superare le resistenze culturali e adeguare competenze e processi? Come si può gestire l’uscita progressiva dal mercato del lavoro delle professionalità meno qualificate? Gli strumenti di gestione delle risorse umane come dovranno evolvere? «Questi sono alcuni degli interrogativi cui dovranno rispondere le aziende e i responsabili HR per affrontare le nuove sfide che le profonde innovazioni pongono» – conclude Isabella Covili Faggioli. «Interrogativi e soluzioni che le direzioni HR non possono delegare alle sole funzioni tecnico-specialistiche dell’azienda ma che devono cogliere come opportunità per focalizzare e indirizzare le strategie su una profonda comprensione di come persone e tecnologie possono lavorare bene insieme. Solo così i robot saranno utilizzati e diventeranno supporto per i lavoratori e non loro sostituti». Questi temi saranno al centro del prossimo Congresso Nazionale AIDP intitolato “Intelligenza artificiale. Intelligenze umane. Quando il plurale fa la differenza che si svolgerà ad Assisi il 7 e 8 giugno 2019.
Sonia Rausa – AIDP
L’energia delle persone
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