L’AI che legge i nostri dati online per predire i nostri comportamenti

L’intelligenza artificiale che legge i nostri dati online per predire i nostri comportamenti

L’utilizzo di intelligenza artificiale si sta diffondendo in ogni settore. Tra le industrie che si stanno lanciando verso una direzione sempre più controllata da algoritmi, spicca senza dubbio il mondo dell’advertising

Il settore dell’advertising ha già subito una prima rivoluzione con l’avvento di internet. Un tempo il simbolo delle migliori pubblicità era lo spazio concesso in televisione durante il Super Bowl, la finale del campionato di football americano. Oggi, questo simbolo si è fortemente ridimensionato a fronte di campagne pubblicitarie in formato digitale in chiave social. In Italia, il successo di questo format viene notato grazie anche al successo di personalità quali Chiara Ferragni, una delle maggiori “Influencer” che ha fatto della sua presenza online una grande fonte di reddito. Oggi, aziende come Google e Facebook ci donano spazi “gratuiti”, grazie al fatto che possono riempire le loro piattaforme di pubblicità. Il loro vero prodotto sono i dati che riescono a raccogliere dagli utenti. Proprio su questo nuovo mondo pieno di dati si basa il presente e il futuro dell’advertising.

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PUBBLICITÀ SU MISURA

Su questa enorme mole di dati i colossi del web possono strutturare varie forme di AI. Grazie a queste informazioni, è possibile analizzare la psicologia degli utenti e ottimizzare la scelta di quali pubblicità proporre a chi naviga sulla propria piattaforma. Non stupisce, infatti, il fatto che i primi a investire molto in intelligenza artificiale (AI) nel settore sono le società come Google e Facebook. Per esempio, su Facebook condividiamo spontaneamente molti dati che risultano utili alle agenzie di advertising, come la nostra data di nascita o i nostri interessi. Facebook si impegna per cercare di estrapolare maggiori informazioni sulla base del nostro comportamento online, e ci riesce grazie all’AI. Queste informazioni possono includere le nostre abitudini di spesa, il nostro orientamento politico o i nostri livelli di attenzione di fronte a una pubblicità statica come un’immagine o a un video. Questo genere di dati è tra i più richiesti dalle agenzie di advertising – come ci racconta Alessandro Micol, fondatore di Treecom Ltd, società di marketing londinese. «Poter intuire le possibilità di spesa di un utente in base a correlazioni individuate in dati – come le persone a carico, la professione o le amicizie che si frequentano – è già una realtà». Grazie a queste informazioni molte aziende riescono a massimizzare i profitti. Facebook e Google investono molto per aiutare le aziende clienti a massimizzare i ritorni dai loro investimenti in pubblicità. Spesso però le società di advertising si accorgono che i risultati dati dall’AI di queste piattaforme non sono sempre ottimali e lineari. Questo può tradursi in investimenti che non portano ai risultati anticipati. E per questo molte società dovranno concentrarsi sull’aspetto dell’ottimizzazione, che secondo Micol sarà uno dei tre temi principali attorno al quale ruoterà l’utilizzo di AI nel mondo del marketing. «Il futuro dell’AI nel marketing avrà come focus principali l’automatizzazione, l’ottimizzazione e la personalizzazione». Esistono già numerose società che vendono software specializzati su questi aspetti. Per quanto riguarda l’automatizzazione dei processi basati su AI, l’obiettivo dell’industria è quello di poter lasciar scegliere ai computer quanto investire su quali contenuti, che possono essere banner diversi o video diversi. La strada in questa direzione è ancora lunga perché raccogliere dati per migliorare l’AI avrebbe un costo molto elevato.

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IL FUTURO DELL’ADVERTISING

Nell’ambito dell’advertising la raccolta di questi dati è direttamente proporzionale all’investimento fatto in traffico web. Dove invece l’AI inizia già a dare buoni risultati è nell’aspetto della personalizzazione. Grazie all’utilizzo di AI, è possibile fornire agli utenti delle offerte personalizzate e un format di comunicazione più curato per il singolo individuo. Il progresso in questa direzione è dato anche dall’evoluzione nell’analisi semantica applicata anche in altre industrie. In questo modo, un’intera branca del marketing online, il content marketing, concentrato per l’appunto sui contenuti, potrà essere interamente curato da AI. È stato molto interessante vedere che in Cina abbiano deciso di far condurre un telegiornale a un presentatore guidato da AI. Lo stesso principio potrebbe essere usato per indurre un utente all’acquisto. Questa stessa tecnologia può essere usata anche per scrivere articoli o e-mail personalizzate, o per interagire via chat con il cliente. Il grande limite per il settore – confessa Alessandro Micol – sta nella carenza di qualità dei software in questione. «Troppo spesso chi sviluppa l’AI si intende poco di marketing e psicologia, e viceversa. Vi è una carenza di talento nel settore. Inoltre, è necessario investire in molti esperimenti fallimentari per poter permettere a una AI di imparare dai propri errori e migliorarsi». Questi esperimenti fallimentari però possono tradursi in una cattiva reputazione per un brand, quindi è molto raro che le aziende si sentano pronte a prendersi questo rischio. Proprio per questo, le innovazioni in questa direzione passeranno probabilmente prima dalle aziende più piccole che hanno meno da perdere e avranno più voglia di sperimentare con nuove tecnologie.

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RISCHI E OPPORTUNITÀ

Infine, un ulteriore rischio per l’AI è la crescente preoccupazione per la privacy. Episodi come quello di Cambridge Analytica hanno spaventato gli utenti. Certamente, è difficile prescindere dall’utilizzo di queste piattaforme, ma gli utenti scelgono di condividere sempre meno informazioni della propria vita privata. Se da un lato questo è un rischio, Micol tiene a precisare che può essere un’opportunità. Infatti, non è strettamente necessario avere una grande mole di dati per poter creare una AI di successo. «Ciò che la maggior parte delle aziende non capisce è che l’importante è ottenere i pochi dati rilevanti». Grazie all’IoT, è possibile ottenere dati importanti anche al di fuori dagli schemi delle campagne marketing tradizionali. Per esempio alcune società americane hanno iniziato a sviluppare cartelloni pubblicitari elettronici attivi e dinamici. La potenzialità sarebbe quella di poter interagire con l’ambiente che circonda il cartellone, sulla base dell’interazione, il numero di persone che si fermano a guardarlo, o le condizioni climatiche. Anche in questo scenario, le agenzie sognano di poter usare il riconoscimento facciale per personalizzare le pubblicità anche nel mondo che ci circonda. Chiaramente, la strada è ancora lunga, ma gli esperimenti in questa direzione non mancano e queste innovazioni porteranno certamente a molti nuovi dibattiti per decidere fino a quale punto lasceremo i nostri dati in gestione ad applicazioni di AI specifiche.