Processi più veloci, firma elettronica, blockchain. Più sicurezza nelle informazioni scambiate nelle transazioni digitali di ogni tipo. Lo specialista reg-tech verso la leadership europea nel settore del Digital Trust

Quando si parla di trasformazione digitale non si può non considerare il contributo dato alla causa da InfoCert. La società di Tinexta Group (già Gruppo Tecnoinvestimenti) conferma il proprio ruolo di leader nel settore dei servizi di digitalizzazione sul mercato italiano, ma con una vocazione sempre più internazionale. La salute del gruppo si evince da quanto fatto nei mesi scorsi, con una serie di investimenti volti ad accrescere la presenza all’estero ed il know-how dell’azienda, così da migliorare il portafoglio d’offerta e rispondere in maniera sempre puntuale alle richieste dei clienti. L’obiettivo? Diventare il campione europeo del Digital Trust, rafforzando la leadership nel settore e contribuendo così a portare ai propri clienti le soluzioni più evolute che partono dalla firma elettronica per declinarsi nei più diversi ambiti di business.

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Innovazione, compliance ed espansione internazionale

«Negli ultimi anni, abbiamo registrato sedici brevetti che testimoniano quanto ci adoperiamo nella ricerca & sviluppo» – spiega Danilo Cattaneo, CEO di InfoCert. «L’impegno è di realizzare progetti a metà strada tra innovazione e compliance. Il motivo è semplice: se è l’innovazione tecnologica a permettere passi in avanti circa i paradigmi applicabili nei processi quotidiani, la compliance si pone come necessità nell’assicurare flussi certificati, sicuri e a norma di legge. Citiamo per esempio i nostri tanti clienti in ambito bancario, che oggi siglano documenti e autorizzano transazioni online in pochi secondi, in totale sicurezza e con pieno valore legale, un vantaggio notevole rispetto al passato». Oggi, la firma elettronica consente di trasformare alcuni processi aziendali. Per esempio, attraverso l’integrazione con Salesforce.com, è possibile evolvere il paradigma di gestione contratti, che diventano digitali ma anche interattivi, versatili e modellabili secondo esigenze contestuali.

«Alcune norme stanno dando una forte spinta alla digital transformation» – afferma Cattaneo. «Pensiamo alla fatturazione elettronica, che apre a spunti interessanti per digitalizzare più aree dell’organizzazione, non solo quelle relative all’amministrazione e al rapporto con i fornitori. Opportunità che per essere colte richiedono competenze specialistiche di natura tecnologica, di compliance e di business che InfoCert mette a disposizione dei propri clienti». Da maggio InfoCert è presente in Spagna ed entro la fine dell’anno lo sarà in Lussemburgo, per un totale di otto lingue coperte e una presenza capillare sui principali mercati europei. Un beneficio soprattutto per quei CIO che possono trovare nel gruppo il partner ideale per la cosiddetta “open innovation”, fondamentale per identificare nuovi paradigmi di digitalizzazione, in passato preclusi e oggi possibili grazie ai nuovi regolamenti e policy a livello europeo. Quindi, partendo dalla sua solida base italiana, InfoCert guarda avanti verso un’estensione pan-europea dei suoi prodotti più innovativi e fondamentali, adatti per clienti enterprise e bancari.

Specialista “reg-tech”

InfoCert è un player del “reg-tech”, contrazione di regulation e technology, ovvero la capacità di utilizzare strumenti tecnologici a supporto delle procedure di compliance e rispetto di norme e regolamenti. Il concetto è più chiaro se calato su dei casi reali. «Abbiamo aiutato ING Direct a migliorare, tangibilmente, le proprie procedure di richiesta ed erogazione del credito» – racconta Carmine Auletta, chief innovation officer di InfoCert. «Se prima servivano circa due settimane per evadere una richiesta di prestito, oggi basta qualche minuto, con un risparmio notevole per la banca e un miglioramento incredibile della user-experience».

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Un altro esempio è il “trust” degli oggetti. «Nel settore delle utilities – continua Auletta – stiamo lavorando in logica di co-factoring con uno dei principali operatori del settore per mettere in sicurezza le comunicazioni tra i sistemi ICT che intervengono nel controllo della rete elettrica. Le infrastrutture elettriche, infatti, sono uno dei target principali del cybercrime e quindi difendere certi perimetri diventa un fattore critico per le aziende oltre che per il Sistema Paese. In tale contesto, siamo riusciti a dare una identità certa ai sistemi software, elemento fondamentale per garantire un adeguato livello di “trust” nelle transazioni e comunicazioni tra detti sistemi. In un mondo caratterizzato sempre più dalle interazioni tra oggetti (IoT), è fondamentale implementare i modelli di Trust digitale in tutti i contesti in cui tali interazioni entrano in gioco» – sottolinea Auletta. Siamo presenti anche sui tavoli di standardizzazione internazionali, per esempio stiamo supportando ETSI (European Telecommunications Standards Institute) nella definizione degli strumenti che la PSD2 impone agli istituti di pagamento attivi in Europa per la sicurezza delle transazioni online. Insomma, è evidente che InfoCert ha tutte le carte in regola per supportare a 360 gradi l’evoluzione digitale di aziende di qualsiasi settore e dimensione. Una qualità camaleontica del genere è propria del settore reg-tech che richiede sempre più competenze trasversali e multidisciplinari.

Carmine Auletta chief innovation officer di InfoCert

Nel vortice della blockchain

Parlando di tecnologie “dirompenti”, Pierpaolo Benintende, head of marketing & communication di InfoCert, conferma l’impegno nel tanto discusso, e spesso inflazionato, campo della catena a blocchi. «La tecnologia Blockchain è tra i tanti ambiti di investimento di InfoCert. Stiamo lavorando a diverse iniziative, per esempio nei settori finance, procurement e food, per certificare le filiere dell’agroalimentare e dare valore alla trasparenza e alla tracciabilità. Da settembre 2017, partecipiamo alla Sovrin Network, il primo sistema distribuito per l’identità digitale basato su blockchain, un registro pubblico offerto come risorsa gratuita su cui chiunque può sviluppare applicazioni di identità sicure, protette e veloci. La blockchain rappresenta una tecnologia che monitoriamo con attenzione in particolare per quanto concerne la governance delle identità e delle informazioni. Dovendo manipolare informazioni, per noi resta un punto critico la loro certificazione. A cosa serve una cerchia validata se al suo interno vengono veicolati dati non certificati? Deve esservi un processo di autenticazione a monte, per trarre concreti benefici dalla tecnologia blockchain».

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Il ROI dell’innovazione

Il futuro di InfoCert è molto variegato. Negli ultimi quattro anni, ha investito circa il 6% dei ricavi in R&D e la velocità con cui si propone al mercato ne è la dimostrazione. Sono in totale 16 i brevetti registrati in ambito Digital Trust, ma siamo certi che il numero è destinato a crescere nel corso del 2019. Fa un certo effetto considerare da quali tipologie di prodotti arrivano i ricavi per l’azienda: il 20% di quelli odierni sono dovuti a soluzioni che due o tre anni fa non esistevano, indice di quanto ricambio generazionale vi sia nelle logiche del gruppo. «Questo non vuol dire lasciare soli i “vecchi” clienti» – spiega Cattaneo. «L’idea è di supportarli verso la crescita e l’adozione di paradigmi sempre aggiornati e al passo con i tempi.

La digitalizzazione è un virus positivo. Si parte da un solo processo aziendale e subito ci si accorge che conviene estendere i benefici all’intera organizzazione. Gradualmente si migliorano gli scambi e le interazioni con i clienti e i fornitori, quelli tra colleghi e reparti, le interfacce e le operazioni verso l’esterno, tramite un “contagio” che è un circolo di ottimizzazione ed efficacia. Un attestato di stima che ci è arrivato anche quando abbiamo chiesto a Forrester Research di misurare i benefici ottenuti dai clienti di InfoCert. Il risultato? Considerando la metodologia di Total Economic Impact (TEI) adottata da Forrester, la digitalizzazione per l’onboarding di nuovi clienti con la nostra soluzione TOP (Trusted Onboarding Platform) ha prodotto, nei casi analizzati, un rendimento a tre cifre, misurato in termini di benefici, costi, flessibilità e rischi». E questa è la migliore risposta a chi ancora si domanda se innovare conviene davvero.

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Foto Gabriele Sandrini