Il futuro della cybersecurity

Il futuro della cybersecurity

FireEye rilascia Facing Forward, il proprio report periodico per il 2019 sull’evoluzione della sicurezza IT e sulle minacce che dovranno affrontare le aziende, viste con gli occhi dei senior leader dell’azienda

«Rilasciamo questo rapporto ogni anno – spiega Marco Riboli, vicepresident Southern EMEA di FireEye parlando di “Facing Forward: Cyber Security in 2019 and beyond” – : si tratta del frutto dell’analisi effettuata presso i clienti dai nostri analisti durante l’anno precedente». FireEye ha circa 750 persone che operano «un po’ nel Dark Web, un po’ come psicologi, per capire quali sono i trend degli attaccanti». Si tratta di un elemento di differenziazione rispetto all’intelligence tradizionale: «Cerchiamo di anticipare il più possibile quello che gli attaccanti vorrebbero fare e distribuirlo poi a tutti i nostri clienti in modo che siano più preparati». Quest’anno c’è stata una forte evoluzione, soprattutto nell’IoT, l’Internet of Things, quindi con attacchi a tutti gli ambienti Scada (Supervisory Control And Data Acquisition), Ics (Industrial Control Systems) e via dicendo, sia in ambienti aziendali che su evoluzioni future, come per esempio le Autonomous Car. È stato creato un team di lavoro circa un anno e mezzo fa, dedicato a questi ambienti, «prendendo delle persone che arrivavano dagli ambienti Scada» e scoprendo anche alcuni attacchi, tra i quali Triton, che erano riusciti a «bypassare i sistemi di controllo». Il problema è in parte causato anche da alcuni trend di mercato legati a Industry 4.0, quali la necessità di connessione dei sistemi informativi con reti esterne. «I sistemi devono essere aperti e connessi con l’esterno, cosa che li espone agli attacchi informatici». Si tratta di rispondere a possibili attacchi in grado di procurare non solo danni logici, ma anche danni fisici.

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Sviluppi

Altri due trend fondamentali del periodo attuale, aggiunge Riboli, sono «la rete mobile, dove sono aumentati notevolmente gli attacchi per prelevare informazioni all’interno dei dispositivi. Poi il Cloud, che è un trend in fortissima crescita, con aziende anche di grosse dimensioni che cominciano a spostare, per esempio, la posta nel Cloud». Bisogna capire cosa succede nel Cloud, lungo tutta la catena di trasmissione dei propri dati e delle proprie informazioni, «per determinare se sono sicuri ed eventualmente che cos’è successo» nel caso di breach. Perché è fondamentale, sottolinea ancora Riboli: «capire come rispondere e riuscire a rispondere, riparando la situazione il più rapidamente possibile». Nuoce poi la vulnerabilità delle piccole organizzazioni agli attacchi, perché agiscono come porte di accesso e vanno pertanto certificate e protette. «Un altro trend è che gli Stati si stanno attrezzando per attaccare, creando dei veri e propri eserciti informatici». In tutto questo, uno dei problemi è la mancanza di competenze: «Tutti stanno cercando di assumere esperti di cyber security, al punto che, secondo alcuni studi recenti, anche prendendo tutti gli studenti di informatica attuali, non sarebbero sufficienti a coprire tutte le richieste del settore».

Occorre quindi lavorare su due fronti, conclude Riboli: «Da una parte, formare esperti al proprio interno; dall’altra, lavorare con terze parti che fanno questo di mestiere. FireEye con Mandiant, acquisita nel 2014, è in grado di rispondere a tutti gli attacchi, anche State-to-State offrendo servizi anche su base on-demand». Tra le soluzioni FireEye, Helix consente di integrare anche le eventuali soluzioni di sicurezza di terzi già implementate presso clienti offrendo una console unica.

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