Oltre la metà delle VPN per Android sono legate alla Cina

Google rimuove dal Play Store quasi 600 app

Secondo una ricerca dei Metric Labs, la maggioranza delle app per reti private sul Play Store ha un qualche legame con la Cina. Ecco perché

Usare una VPN in certi paesi è più consigliato. Prendiamo la Cina: un cittadino estero che si dirige verso il dragone rosso non può controllare la posta di Gmail, utilizzare il cloud di Drive, navigare con Chrome oppure seguire i video preferiti su YouTube. Per tre piattaforme su quattro si tratta di attività che potrebbero avere a che fare con il lavoro e la produttività. Inoltre, dopo lo scandalo del Datagate e, ancora di più, di Cambridge Analytica, una rete privata virtuale promette di dare alle persone maggiore sicurezza, nascondendo l’indirizzo di connessione originale e facendo rimbalzare il segnale da varie postazioni al mondo. Un’opportunità che, più degli altri, sembrano cogliere gli individui con un telefonino Android, visto il supporto maggiore a tali piattaforme di quanto possa fare iOS.

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Dalla Cina con amore

Il problema qui è che la maggior parte delle VPN sul Play Store sono legate in qualche modo alla Cina. Lo hanno scoperto i ricercatori dei Metric Labs, società pubblica la Top10VPN, confermando come oltre la metà delle app presenti sul negozio digitale di Google sia sviluppata da software house con sedi in Cina o comunque di proprietà cinese. Il motivo? Come si sa, il governo di Pechino ha vietato all’interno del paese le VPN, metodi troppo spesso sfruttati per violare le rigide norme nazionali. Il mercato, invece di essere affossato, ha invece subito una forte accelerazione, sebbene i controlli serrati rendano molto più rischioso surfare in modalità anonima, con pene per nulla irrisorie (si parla anche di tre anni di prigione).

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Decine e decine di società hanno cominciato a rilasciare i loro programmi, forse funzionanti ma non rispettosi delle più banali regole di privacy. Ad esempio, l’86% delle app analizzate dai Metric Labs ha evidenziato enormi problemi di riservatezza dei dati sensibili ottenuti, persino peccando di informazioni sulla presenza o meno di una condivisione con terze parti. Altre non presentano alcun sito web o una benché minima presenza online, limitandosi magari a fornire un supporto tramite email con domini non proprietari ma generici del tipo Gmail, Yahoo o Hotmail. Il risultato? Vada per le funzionalità VPN, ma tante applicazioni sembrano mettere a repentaglio l’incolumità degli utenti più di quanto faccia l’assenza di una rete privata virtuale. Meglio allora affidarsi a società specializzate, magari sostenendo un canone periodico, ma con la certezza di navigare davvero protetti e lontani da occhi indiscreti.