L’automatizzazione è un mezzo e non il fine del modello di business. La soluzione vincente? Quella che fonda tecnologie avanzate e competenza umana. Il pensiero del founder Massimo Ruffolo
Fondata nel 2010 come spin-off del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ICAR-CNR), Altilia opera nel campo dei big data analytics, machine learning e augmented intelligence, con un focus sui cosiddetti insight engines. Il mantra della compagnia è chiaro: le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie sono la base di partenza e non di arrivo per lo sviluppo di soluzioni integrate, funzionali e capaci di adattarsi alle esigenze di varie industry. Altilia riassume il suo metodo di approccio nella frase “human-in-the-loop”. Cosa vuol dire? Studiare percorsi strategici finalizzati a prendere decisioni migliori, più rapide e informate, a eseguire operazioni più efficienti e sviluppare processi aziendali ottimizzati ma sempre incentrati sull’individuo. Può sembrare banale ma in un mondo iperconnesso, datacentrico e software-driven, ci si dimentica che l’automatizzazione è un mezzo e non il fine ultimo di un modello di business. Per capire meglio in cosa si differenzia l’operato di Altilia da quello di decine di competitor, abbiamo intervistato Massimo Ruffolo, founder dell’azienda.
AI E HUMAN INTELLIGENCE
«Negli ultimi anni, ci siamo concentrati particolarmente sul paradigma della augmented intelligence, che è una combinazione di artificial intelligence e human intelligence, ovvero qualcosa che valica gli attuali confini posti tra gli elementi macchina e uomo. Si tratta di un’evoluzione naturale, un passo successivo a ciò che vediamo oggi, cioè un vasto monte di informazioni da cui non sempre le organizzazioni sanno trarre valore». Altilia ha vissuto sulla propria pelle quel gap che si crea quando una società vorrebbe sperimentare strade alternative, intrise di algoritmi e deep insight, ma pecca della presenza al suo interno di soggetti in grado di affrontare, anche a livello basilare, la questione. Sia chiaro: tutti ci riempiamo la bocca di termini di tendenza ma applicarli concretamente al business è tutt’altra cosa. Quello che ha fatto la compagnia è semplificare i metodi di training delle macchine, facilitando il trasferimento agli algoritmi delle expertise umane sul contesto. «Prendiamo per esempio uno dei nostri progetti, che prevede l’esistenza di un motore di ricerca che restituisce risposte come conseguenza di query ben precise» – prosegue Ruffolo. «L’utente davanti al computer contribuisce ad affinare l’intelligenza della piattaforma segnalando gli elementi più o meno attinenti a quanto cercato, così da dare al software più informazioni contestuali, che lo arricchiscono e lo fanno evolvere rendendolo autonomo. Tali feedback permettono una crescita incrementale dei sistemi, supportata dall’uomo, ma portatrice di possibilità di calcolo che vanno oltre le abilità digitali tradizionali».
SCALABILITÀ E VERSATILITÀ
«In Altilia, parliamo di Cognitive Robotic Process Automation in cui l’azione umana è al centro del modello» – spiega Ruffolo. Il vantaggio della augmented intelligence è la scalabilità e versatilità di applicazione. Un settore di riferimento per Altilia è quello del finance, in cui banche e assicurazioni si fanno carico di rivoluzionare le metodologie di analisi e monitoraggio, ma l’opportunità di conoscere in maniera più approfondita un cluster di clienti, un singolo o i prospect, fa gola a chiunque abbia a che fare con tante tipologie di consumatori. Se lo sforzo della ricerca è ottenere maggiori data point, il compito di Altilia è lasciare che tale ricerca venga effettuata automaticamente con risultati di qualità su cui definire le azioni future. «Le nostre soluzioni mirano a risolvere necessità verticali. La tecnologia di base è generale ma è la competenza nei vari segmenti a differenziarci. Riteniamo il know-how delle persone ancora fondamentale e siamo certi che lo resterà a lungo. La nostra sfida è inglobarlo in sistemi automatici per una profonda trasformazione digitale dei processi di business».