Con l’espansione di Denodo in Italia, le imprese italiane possono cogliere tutte le nuove opportunità create dalla data virtualization per migliorare l’accesso ai dati, la governance e la performance di business
Le tecnologie di virtualizzazione non sono certo una novità. Di data virtualization si parla da anni, addirittura dalla fine degli anni 60, quando IBM compilava il sistema operativo 370, il primo capace di offrire più versioni di un ambiente a partire da un unico mainframe, grazie alle sue componenti VM/CMS (Virtual Machine/Conversational Monitor System). Ma un conto è trattare “anche” i temi della virtualizzazione e un altro focalizzare la propria offerta nel corso dei decenni, fino a sviluppare una piattaforma specifica con la capacità di interrogare, sfogliare e gestire i dati aziendali. Su questa leadership e sulla sua riconoscibilità, Denodo ha costruito la propria storia commerciale internazionale.
Data virtualization al cento per cento
Sul mercato da quindici anni in qualità di vendor, e appena sbarcata in Italia, Denodo si definisce una «Data Virtualization Company al cento per cento». Il motivo è semplice: laddove la virtualizzazione per i grandi player è una delle varie opportunità di approccio ai clienti, per l’azienda con quartier generale a Palo Alto costituisce la totalità dell’impegno di business del team, con l’obiettivo di proporre la migliore soluzione possibile per le varie esigenze di integrazione informatica. Non a caso, uno dei mantra della multinazionale è «semplificare la complessità», soprattutto nell’era attuale, immersa e sommersa da una mole di informazioni in molti casi ingestibili, non sempre utili e sparse per l’etere digitale. «Dal 2000, assistiamo a una tendenza in continua, seppur modesta, crescita, che consiste nell’adozione di tecnologie cloud e nel rapido aumento dei cosiddetti Big Data» – ci racconta Gabriele Obino, country manager Italy di Denodo. «La situazione è complicata, perché non solo crescono i dati a disposizione delle organizzazioni ma con essi anche le piattaforme dedicate all’ottenimento e alla conservazione. Quando non c’è integrazione tra queste, diventa difficile, per non dire impossibile, realizzare una strategia funzionale, ottimizzata e capace di guidare l’azienda in tutte le sue componenti. La complicazione dei processi, o meglio la non-risoluzione di procedure sconnesse, è uno dei motivi principali dell’insuccesso di molte realtà prive di problemi evidenti, ma con difficoltà gestionali intrinseche».
Espansione mondiale
Se la storia di Denodo è partita in tempi cauti dal punto di vista dell’affermazione di nuove tecnologie, è proprio oggi che la sua presenza si pone come fondamentale per accompagnare il business verso le sfide del futuro. E il mercato le sta dando ragione. Nel 2017, i profitti sono cresciuti di oltre il 60%, i clienti acquisiti ogni trimestre vanno nell’ordine dei 40 e le referenze, a livello globale, toccano quota 500. «La virtualizzazione è un ambito che oramai interessa settori differenti» – spiega Obino. «Dal finance all’HR, non c’è soggetto che non abbia bisogno di accedere a dati conservati altrove, ad app ospitate sui server dei provider, senza perdere la bussola del “dove” e la conoscenza del “come”. Se in un primo momento le necessità di accesso multiplo e di unificazione dei dati sono state risolte con la replica dei sistemi – un metodo molto costoso e non affrontabile da tutti – oggi, la virtualization permette di raggiungere gli stessi risultati con uno sforzo minore sia a livello economico che di attuazione delle procedure. Inoltre, la versatilità su cui poggia, consente alla nostra soluzione di agire sia per archivi on-premise che sulla nuvola, costruendo un continuum complesso nel backend ma del tutto praticabile nel front end». Non bisogna – però – pensare che il ponte di connessione abilitato da Denodo sia un’operazione facile. Entrano in gioco analisi articolate che vanno dal calcolo parallelo alla gestione avanzata della cache, fino a uno studio profondo dei sistemi su cui un ambiente professionale è basato. Il risultato è un data service che è innanzitutto una panoramica conoscitiva sul business e poi una risposta alle esigenze del cliente.
Cosa fa Denodo
La realizzazione strategica di Denodo, a fronte di una decina di casi utente, prevede la creazione di uno strato di astrazione fra il livello dove le informazioni sono fruite e quello in cui i dati vengono immagazzinati, gestiti e governati, così da connettere le fonti, ovunque localizzate, e di combinarle per dar seguito a finalità diverse (portali, services web, applicazioni mobile, strumenti di reporting, data visualization, data analytics e così via). Denodo organizza i contenuti come fossero progettati in SQL, omologandoli e rendendoli visibili, con la possibilità di personalizzare la visione a seconda delle necessità, senza impattare sul modello. «In questo modo si lascia che l’IT continui a lavorare come sempre. I processi restano gli stessi, ma in superficie c’è un filo che lega file e cartelle, nella maniera in cui servono sia al reparto tecnico che a quello decisionale. Non di rado, Business e IT viaggiano a velocità differenti, che danno luogo a uno scollamento evidente che rischia di mettere in crisi l’intera struttura. Perché? «Il business guarda costantemente a come aprirsi a nuove opportunità, anche adottando innovazioni di spessore, mentre l’IT si ritrova in dinamiche di sovrapproduzione che fa difficoltà ad amministrare» – risponde il country manager.
«Con Denodo, portiamo sul mercato una tecnologia matura, figlia di quella conosciuta come “information hiding”, che intende consolidare i processi di una compagnia migliorandoli. Lo facciamo tramite partnership tecnologiche che semplificano l’integrazione di ciò che il cliente ha già, dislocato su hardware in-house e cloud, presentandoli in un’interfaccia intelligente e funzionale. Il nostro punto di forza è la scalabilità: si può cominciare con il risolvere una necessità limitata per poi espandersi verso livelli maggiori, di data service. Pensiamo a settori come il retail, con pochi punti vendita che si trasformano in realtà più grandi, magari appoggiandosi a cloud distinti. Qualunque sia la dimensione, abbiamo un go-live ridotto, nel giro di un paio di mesi si parte con Denodo, certi di un ritorno dell’investimento nel breve periodo. Non è un caso se la media di soddisfazione tra i nostri utilizzatori è di 4.7 su 5, il miglior riconoscimento che potremmo mai ottenere». Quello che il vendor ci tiene a ricordare è che, in fase di primo approccio con il cliente, mette in atto un vero e proprio “proof of concept” e non una semplice demo. Il vantaggio è duplice: prima di tutto il destinatario non sostiene alcun costo per provare con mano una soluzione già calata nella propria realtà e inoltre ha la certezza di poter avviare sin da subito il progetto, perché già instradato.
L’importanza della formazione
Il modello di vendita di Denodo è essenzialmente basato sul canale diretto (70 per cento), ma allo stesso tempo i partner rivestono un ruolo chiave. Il target di riferimento è costituito principalmente dalle grandi aziende, con un portfolio di referenze ben assortito: VISA, Volkswagen e Intel tra le principali. La rete di partner è composta da consulenti e system integrator, in continua espansione nei paesi serviti. L’obiettivo della crescita viene perseguito anche grazie a un aggiornamento costante. «I collaboratori accedono gratuitamente a corsi, esami e certificazioni, rilasciate da enti esterni, attraverso il portale dedicato» – spiega Obino. «Crediamo nella formazione perché chi contribuisce a far conoscere il brand deve possedere un know-how specifico sul prodotto, per trasmettere agli utenti tutte le potenzialità e i benefici».