Think global, la certificazione delle competenze HR

la certificazione delle competenze HR
Peter Cheese chief executive officer del CIPD parla delle competenze HR

Peter Cheese è chief executive officer del CIPD (Chartered Institute for Personnel & Development), l’organizzazione indipendente e non profit che riunisce oltre 150mila professionisti delle risorse umane in tutto il mondo con uffici a Dubai, Londra, Singapore e Dublino. Membro dell’AHRI (the Australian HR Institute), dell’Academy of Social Sciences, dell’Institute of Leadership and Management, del Chartered Management Institute e della British Academy of Management, Visiting Professor presso l’Università di Lancaster ha conseguito dottorati onorari alla Bath University e alla Kingston University.

Ha avuto una lunga carriera in Accenture in posizioni dirigenziali fino a ricoprire, per sette anni, la carica di global managing director. Agli 800 manager e professionisti HR convenuti al 47esimo Congresso Nazionale AIDP, che si è svolto il 25 e 26 maggio a Napoli – Peter Cheese – nel suo intervento di cui qui sotto riportiamo alcuni passi, ha legato strettamente il futuro della professione alla certificazione delle competenze nell’ambito Risorse Umane. Un percorso, quello della certificazione, voluto fortemente da AIDP, sviluppato insieme a RINA e che, nelle parole di Peter Cheese, trova rinnovato stimolo, vigore e conferma a livello internazionale.

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PROFESSIONE HR – «Credo molto fermamente che l’HR sia una vera professione. Ciò significa che come professionisti dobbiamo essere certificati, accrescere continuamente le nostre competenze e considerarci affidabili attraverso un nostro codice di condotta. Le nostre pratiche devono essere riconosciute e certificate, come avviene per gli avvocati, i commercialisti, i medici. Nessuno viene assunto in finanza o in contabilità senza le giuste competenze. Purtroppo in ambito HR, non abbiamo la stessa tradizione, ma nel mondo di oggi, che è in forte cambiamento, è ancor più importante acquisire la giusta credibilità e fiducia per agire per conto e a favore dell’organizzazione di cui facciamo parte. Penso che i principi del buon management siano uguali ovunque, e che la base di una buona gestione delle persone sia comune dappertutto».

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APERTURA E COLLABORAZIONE – «Più noi lavoriamo insieme e condividiamo le buone pratiche più aumenta la fiducia nella nostra professione. Questo è un periodo importante per il mondo del lavoro, che necessita di risollevarsi, agire responsabilmente, creare ambienti inclusivi e opportunità per più persone. Chi lavora in organizzazioni internazionali lo sa bene e lo sperimenta quotidianamente. L’Europa – purtroppo – sta andando verso tempi molto strani, non credo che sarà facile percorrere un tragitto comune e condiviso, sembra che abbiamo tirato il freno a mano della globalizzazione. Domina l’idea di far prevalere la propria voce, il proprio territorio e la propria comunità. Chi ricopre incarichi di responsabilità in azienda, specialmente in ambito HR, deve oggi, ancor più impegnarsi a gestire queste situazioni e sostenere le buone pratiche a livello internazionale. Penso che non ci sia mai stato un tempo così importante per la nostra professione».

COSTRUIRE IL FUTURO – «Ci sono molte tecnologie che noi responsabili delle HR dobbiamo capire e padroneggiare: l’intelligenza artificiale applicata al recruitment, i nuovi modi con cui raccogliamo i dati per valutare le performances, le nuove abilità e competenze che serviranno alle nostre aziende domani e come essere più integrati con il business. Spesso gli HR si rinchiudono nei loro silos dimostrando poca confidenza con gli argomenti di business e con i numeri. Tecnologia e numeri sono fondamentali oggi e lo saranno sempre più domani. Dobbiamo essere in grado di maneggiarli per modellare i lavori che saranno utili e validi per le persone, nel prossimo futuro. Vi sono molti esempi e casi in cui la tecnologia non crea lavori capaci di dare benessere e significato alle persone. Per questo, dobbiamo lavorare ancor più a stretto contatto con le persone del business, incoraggiandole e sfidandole a capire la tecnologia per costruire un futuro diverso. Investiamo un sacco di tempo ad occuparci del denaro ma non altrettanto nel capire e nel gestire le persone e nello sviluppo del lato umano del lavoro. Le abilità di cui avremo sempre di più bisogno e su cui dovremo focalizzarci saranno: collaborazione, empatia, pensiero critico, capacità di giudizio, team work, creatività. Tutte abilità che non si trovano nei computer. Per questo credo fortemente che HR sarà uno tra i più importanti ruoli nel futuro business».

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LE SFIDE DELL’ITALIA – «Ho studiato l’Italia a scuola: Roma capitale dell’Impero ha portato nei nostri paesi  la legge, la lingua, le strutture e l’organizzazione. L’Italia ha rappresentato per l’Europa occidentale la culla della civilizzazione, pensiamo al Rinascimento, a Galileo, Raffaello, Leonardo. La vostra sfida oggi è di bilanciare la creatività (e voi detenete alcuni dei brand più conosciuti e apprezzati al mondo) con l’organizzazione, in molti casi le due cose non vanno facilmente insieme. E questo sia nelle imprese che in politica, che oggi esprime il primo governo populista in Europa. Questo è il tempo di tirarsi su, di essere orgogliosi di essere italiani ma anche di riconoscere che l’Italia è parte dell’Europa e della più ampia comunità degli affari. Dico le stesse cose nel Regno Unito: per me la Brexit è una tragedia. Dobbiamo immaginare come lavorare insieme mentre le politiche tendono a dividere».

FARE LA DIFFERENZA – «Credo fortemente che noi uomini di business possiamo e dobbiamo fare la differenza. Senza aspettare che i politici ci dicano cosa fare. Abbiamo responsabilità e risorse per cambiare in vista di una maggiore condivisione e collaborazione. L’Italia è un grande paese, con una grande cultura, clima e cibo, ma ha di fronte grandi sfide che riguardano l’invecchiamento della popolazione, il basso tasso di natalità e la disoccupazione giovanile. Questi problemi non sono sostenibili. La classe dirigente deve impegnarsi a creare comunità più diversificate, inclusive, a prescindere dai paesi di provenienza. Il solo motivo per cui il Regno Unito ha una popolazione in crescita è grazie agli immigrati (e questo vale per tutti i paesi dell’Europa occidentale). Dobbiamo riconoscere che siamo parte di una comunità integrata. In conclusione – come professionisti HR – nelle nostre organizzazioni, abbiamo un grande lavoro da svolgere ma dobbiamo alzare la testa per costruire delle organizzazioni migliori, buone per le persone, l’economia e la società».

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Sonia Rausa e Raffaele Credidio – AIDP