Indra, come progettare l’AI. No alle ricette pronte

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Indra, come progettare l’AI

Pensare in grande, ma partire piano. Prima di concentrarsi sul “cosa” occorre mettere a fuoco il “perché” e il “come”

«Interconnessione, intelligenza artificiale e mobilità investono tutti noi in un ecosistema dove siamo allo stesso tempo customer, employee e citizen, dove vale il principio della “coopetion”, che è allo stesso tempo collaborazione, ma anche competion» – spiega Sergio Scornavacca, director Industry & Consumer Market di Indra in Italia. «In questo scenario, ogni singolo oggetto o prodotto può essere potenzialmente smart e quindi abilitare nuove interconnessioni, avere la sua intelligenza e consentire una diversa mobilità di dati, oggetti o persone. Questo indipendentemente dal fatto di essere clienti, impiegati o singoli cittadini». L’intelligenza artificiale (AI) rappresenta il punto di incontro tra cloud super computing, big data e IoT, machine learning e neuroscienze. «Agire su uno solo di questi ambiti non abilita un vero progetto di AI» – avverte Scornavacca.

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«Oggi, spesso ci limitiamo ad applicazioni, seppure molto evolute e complesse, di statistica senza entrare ovviamente nell’enorme punto aperto riguardante gli aspetti etici e il ruolo che le istituzioni devono avere nell’adozione di programmi di AI a livello globale. Ciò che occorre rilevare è che gli effetti di tecnologie così dirompenti devono essere misurabili non solo in termini di ROI “tradizionale”, ma anche sostenibili in termini di ritorno sociale dell’investimento per valutare l’aumento della qualità della vita e del benessere in una prospettiva di smart community e non solo di smart city». L’onda tecnologica è arrivata da tempo e per qualcuno bisogna solo cavalcarla. «In realtà – continua Scornavacca – occorre comprendere anche se si vuole essere parte essenziale della ricetta o semplice ingrediente. Dopo la “disruption”, è il momento di passare alla “digital construction”.

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Se siamo troppo “disruptive”, rischiamo di “morire” di progetti pilota, esattamente come “moriamo” giornalmente di riunioni o di tavoli di lavoro. Rischiamo di credere di “poter fare” per poi accorgerci che il progetto reale è molto più complesso, molto più costoso e in generale molto diverso da quello che avevamo pensato». In pratica, pensare in grande, ma partire piano, senza credere alle ricette già pronte. «Prima di concentrarsi sul “cosa” occorre mettere bene a fuoco il “perché” e il “come”. Quando si parla di AI bisogna avere obiettivi chiari e realizzabili, circondandosi di gruppi di lavoro eterogenei, grandi e piccoli fornitori, università e startup. Occorre capire gli impatti in termini di change management e human-machine interface. Scegliere la tecnologia giusta, analizzando bene i costi su larga scala per fare scelte eticamente corrette nel rispetto di tutto l’ecosistema».