La disponibilità dei dati, la loro affidabilità e i costi di gestione saranno il cardine dello sviluppo, non solo tecnologico ma di business, delle aziende nei prossimi anni. Il sistema si è lasciato governare dalle applicazioni, l’errore non può essere ripetuto sui dati, l’unico vero patrimonio aziendale. Esplodono e si affermano modelli che qualche anno fa non erano nemmeno in previsione, blockchain su tutti, e stravolgono il comportamento dei singoli e quindi delle aziende.
La sfida improcrastinabile dell’essere data driven nasconde, come tutti i grandi cambiamenti, rischi e difficoltà spesso nascosti e dovuti all’imprevedibilità del contesto in continua rivoluzione. La nuova sfida coinvolge tutta l’azienda, i processi e l’organizzazione, ma inevitabilmente rende ancora più responsabile l’IT che non sempre ha già tutti gli strumenti e la libertà di movimento per soddisfare le aspettative. Il continuo contenimento – spesso le pesanti riduzioni – degli investimenti, la necessità di sostenere le applicazioni esistenti, l’impossibilità, quasi assoluta e per definizione, di stimare le esigenze future sono freni naturali, che devono essere compensati inevitabilmente, e la loro gestione non può essere delegata semplicemente all’IT ma deve essere presa in carico dal top management. Il budgetting e la pianificazione sono messi a dura prova e ci aspettiamo innovazione e creatività anche in questi ambiti, dove questa non è ancora prevista come asset.
Estendere il concetto di “governance” dall’approccio tradizionale (data lineage, glossario comune, catalogazione…) alla soluzione complessa della qualità dei dati, della loro immediata disponibilità in azienda, fino alla previsione della loro crescita in termini di total cost of ownership. La fine delle “vecchie appliance” e dei vecchi data warehouse, la morte dei database relazionali, la nuova regolamentazione Europea sulla protezione dei dati ma anche intelligenza artificiale e Internet of Things decretano evoluzione nell’utilizzo dei dati. L’implementazione di elementi intelligenti dove necessari e coerenti, non sono più appannaggio solo di aziende innovative. Gli stessi smartphone sono strumenti di IoT e come tali devono essere interpretati. Abbiamo una serie di occasioni, potenzialità che devono essere intese come opportunità e non come rischi: è il momento di affrontare, con nuovi paradigmi, la gestione dei dati abbandonando la “comfort zone” delle applicazioni. Notiamo un ritardo netto, con impatti imprevedibili, nella nascita di progetti di governance e di messa in qualità dei dati e questo renderà ancora più complesso e rischioso il viaggio verso l’essere data driven. Obiettivo inderogabile è trasformare gli utenti dei dati in una autentica squadra, un vero team coeso e interdisciplinare.
Generare uno o più data lake, giganteschi agglomerati di dati, senza una strategia che li governi è il rischio a cui è esposto l’intero sistema e solo chi saprà interpretare una visione globale guadagnerà posizioni di dominio. Il modello ottimale è quello che minimizza i rischi, riduce e contiene, o azzera i costi futuri, lascia la massima libertà di crescita e soprattutto libera il cliente dal lock-in che è stato inevitabilmente uno dei vincoli più restrittivi rispetto all’innovazione sia applicativa che di gestione. Modelli di licensing protettivi, assicurazioni sui costi futuri, partnership globali con l’ecosistema, delega esecutiva ma mantenimento delle linee guida possono garantire la via verso il data driven e verso il successo delle nostre aziende. Le variabili sono un numero impressionante, distribuito su tutta la catena del valore. E la visione strategica assume tutto il significato intrinsecamente legato al termine stesso.
Antongiulio Donà, VP sales Italy di Talend