L’intelligenza artificiale è arrivata sotto forma di molte applicazioni. Ma intorno all’AI c’è molto rumore di fondo. Cerchiamo di fare chiarezza e partiamo dai numeri per capire meglio
Secondo IDC, l’intelligenza artificiale raggiungerà 46 miliardi di dollari nel 2020 e 57 nel 2021, a partire dal valore di 12 miliardi del 2012 con un CAGR del 50% nei cinque anni. Big data, advanced analytics e cloud preparano la strada all’AI che è destinata a diventare una componente chiave dell’infrastruttura IT. «Gli impatti su infrastrutture e datacenter saranno notevoli» – spiega Fabio Rizzotto, associate VP & head of local research and consulting IDC Italia. «Già le IDC Predictions dello scorso anno prevedevano un impatto notevole dei next-generation workload tra cui quelli abilitati da Cognitive/AI, e le Prediction 2018 alzano ancora di più la posta in gioco. Diciamo che questi nuovi scenari portano la sfida oltre il concetto di hyperconverged infrastructure».
Sull’AI c’è una competizione internazionale che vede la Cina sempre più avanti, poi c’è Israele, la Silicon Valley. L’Europa nel suo complesso non se la gioca né per l’oro, né per l’argento, e in più c’è l’incognita della Brexit. «La Cina in effetti sta sfondando e accelerando sull’onda di ingenti investimenti, in USA non si è da meno a livello di pervasività» – rileva Rizzotto. «In Europa, non abbiamo la stessa “scala” di Cina e USA, e in più c’è una forte frammentazione. Ma stiamo lavorando molto. C’è da dire che la EU è impegnata a definire a livello organico le regole sia per agevolarne gli sviluppi sia per governarne l’evoluzione». L’Italia si sta muovendo a macchia di leopardo: «Le grandi imprese sono più avanti. Nel settore pubblico, siamo rimasti un po’ indietro in termini di capacità di rinnovarsi, e questo si traduce in una forbice rischiosa, ma registriamo però un grande fermento nel tessuto della “nuova imprenditoria” e di startup che si stanno muovendo anche all’estero». Nel dibattito sul tema dell’impatto dell’AI sul lavoro c’è una forte polarizzazione.
«Se è vero che la trasformazione tecnologica non è mai a costo zero, non possiamo guardare al passato per cercare di leggere fenomeni che non hanno precedenti» – fa notare Rizzotto. «La penetrazione sarà profonda e dobbiamo essere preparati. Dobbiamo imparare tutti a misurarci con nuove regole. Considerato l’impatto della GDPR sulla privacy, dobbiamo aspettarci una sorta di GDPR anche per l’AI. Spero non troppo tardi. La UE non sarà perfetta, ma è la cornice più adatta dentro cui dobbiamo imparare a convivere e trovare soluzioni per il futuro, procedendo con velocità e prudenza. Da soli, non si va da nessuna parte. La parola chiave sarà ricerca dell’equilibrio in questa convergenza del rapporto tra human e artificial».