Smartphone, assistenti virtuali e gli effetti sociali “nascosti” della rivoluzione mobile

Lo smart working non è una possibilità
città sempre più smart ma la banca smart è ancora indietro

Tutto con un singolo apparecchio. Tutto sembra immediato, vicino, a portata di dito o di voce. Ma che cosa nasconde questa convenienza in termini di costi sociali, abitudini e capacità di apprendimento?

«Ogni tanto arriva un prodotto rivoluzionario che cambia tutto» disse Steve Jobs durante la conferenza stampa introduttiva dell’iPhone, il 29 giugno 2007. Stava parlando dello smartphone: la tecnologia con maggiore diffusione di qualsiasi altra al mondo nella storia dell’umanità. Cinque anni dopo quella conferenza, la maggior parte degli americani ne possedeva uno. Nel 2019, lo smartphone sarà nelle tasche di 5 miliardi di persone nel mondo. Oggi, gli smartphone sono alla base di quasi tutte le proposte di smart city e dell’economia del futuro. Ci collegano a Internet, ci danno indicazioni, ci permettono di inviare rapidamente delle comunicazioni, di pagare le tasse, di ordinare una cena o una macchina, di creare documenti e fogli di calcolo, di fotografare o filmare un istante della nostra vita. Tutto con un singolo device. Siamo diventati dipendenti da questi apparecchi, tanto da influenzare la nostra quotidianità e le nostre relazioni.

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La ricerca “Digital Addiction: Increased Loneliness, Anxiety, and Depression” di Erik Peper e Richard Harvey della San Francisco State University dimostra che l’aumento della solitudine e dell’individualismo estremo è dovuto alla sostituzione dell’interazione “faccia a faccia” con l’interazione basata sullo schermo, che nega forme di comunicazione simultanea come il linguaggio del corpo. Durante il tempo dedicato a mangiare, studiare, o guardare altri media, i soggetti dello studio entravano in modalità multitasking, interagendo continuamente con lo smartphone. L’attività costante sposta l’attenzione diretta all’azione in sé, e inoltre lascia poco tempo al corpo e alla mente di rilassarsi e rigenerarsi, e provoca quello che i ricercatori chiamavano “semi-tasking”, in cui gli studenti eseguivano diversi compiti contemporaneamente, ma li facevano tutti nel doppio del tempo, o con qualità ridotta rispetto a quando li facevano singolarmente.

Eppure nelle nostre abitudini, personali e professionali, questa è la nuova normalità: invece di chiamare qualcuno, si manda un messaggio. Invece di incontrare gli amici a cena per vedere le diapositive delle vacanze, si pubblicano le foto su Facebook. È conveniente, in termini di tempo e di platea, ma elimina quelle interazioni che, come animali sociali, alla fine ricerchiamo. Un’altra ricerca ha chiesto agli studenti universitari di descrivere il loro umore cinque volte al giorno. E così, più avevano usato Facebook, meno erano felici. Tuttavia, sentirsi infelici non ha portato a un maggiore utilizzo di Facebook, il che suggerisce che Facebook stava causando infelicità, non viceversa. Tutto questo detto, non riusciamo a smettere di fissare i nostri telefoni. Immaginatevi quindi le conseguenze della diffusione degli “assistenti digitali”, vere e proprie funzioni di intelligenza artificiale che per poche decine di euro ci portiamo a casa, pronte ad ascoltarci e a “darci (o dirci) tutto quello che vogliamo”. Sebbene Amazon e Google abbiano venduto negli Stati Uniti milioni di “altoparlanti intelligenti” nel 2017, il 2018 per queste aziende è l’anno della diffusione mondiale per rispondere alle minacce di rivali come Apple e Samsung.

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Per non parlare dei produttori di elettrodomestici, che stanno integrando assistenti digitali connessi con gli smartphone a qualsiasi prodotto dotato di spina elettrica. A Milano si dice “Ofelè fà ‘l to mesté” (tradotto: “Pasticcere, fai il tuo mestiere”) quando si vuole suggerire a qualcuno di evitare di entrare in argomenti di cui non è competente. Per quanta ricerca e sviluppo possano fare i produttori di elettrodomestici, la qualità dell’interazione tra uomo e macchina non è di sicuro il core business di chi si è sempre occupato di frigoriferi, lampadine, lavatrici. In ogni casa, avremo una macchina a cui parlare, fare richieste, impartire ordini. Ordini che non verranno mai messi in discussione, ma anzi, otterranno sempre soddisfazione. Se ci ha fatto male uno schermo, immaginatevi l’effetto che farà alla nostra società ricevere una risposta immediata alle nostre richieste, impartite in qualsiasi momento e con qualsiasi modo. Promettetemi che guarderete sempre negli occhi i vostri familiari, ed eviterete di discutere con il frigorifero. O il contrario?

Emanuela Donetti @urbanocreativo