Torna l’appuntamento con cui il gruppo analizza macrotemi e applicazioni dirompenti, attive in varie settori per migliorare la produttività (e non solo)
Si rinnova puntuale il Reply Xchange, momento annuale con cui il gruppo presenta al mondo degli addetti ai lavori e della ricerca dove è arrivato con l’applicazione di tecnologie innovative, in campi concreti della produttività. Si va dall’intelligenza artificiale alla blockchain, passando per l’onnipresente cloud computing alle piattaforme connesse e IoT. Un’immensa area demo fa da sfondo all’edizione 2018, come sempre centrata su progetti concreti, attuati da Reply insieme a vari clienti.
Intanto però è Tatiana Rizzante, CEO di Reply, a dare un framework particolare al contesto: “Sta cambiando il modo di lavorare per aziende dall’alto valore tech, come noi. Grazie all’avvento di tante piattaforme intelligenti, il mercato si sta adattando all’offerta di microservizi, che vanno dalle soluzioni per il consumatore finale alle strategie che rinnovano l’organizzazione aziendale. I dati ce lo dimostrano: molti settori crescono più di altri in merito all’intesa con l’IT e sono, più di altri, ricettivi all’adozione di tecnologie avanzate. Pensiamo alla customer experience, al cloud, all’internet delle cose, che di per sé sono contenitori dentro cui vivono idea specifiche, che ricadono in categorie in continuo divenire. L’industry 4.0, ad esempio, pur ritrovandosi nel cluster dell’IoT, è il trend che sta guidando molta della trasformazione digitale in azienda, rappresentando un filone che contempla paradigmi dai più semplici, come i chatbot, ai più complessi in ambito manifatturiero e industriale”.
Apre #ReplyXchange18 con Pepper, protagonista della sezione AI & Robots pic.twitter.com/DtxYB9R7y2
— Data Manager Online (@datamanager_it) 4 luglio 2018
Le novità di Reply per il 2018 non riguardano il lancio di un prodotto o un singolo servizio, più che altro l’estensione verso mercati stratificati e peculiari. Il gruppo è oggi presente in 12 paesi, con l’Italia ancora in vetta in quanto a numero di uffici e collaboratori. La forza rinnovatrice di Reply si evince anche da quanto fatto, negli ultimi mesi, in quanto ad acquisizione e apertura di nuove divisioni, concentrate su certi business. Pensiamo a Valorem negli Stati Uniti, focalizzata sulla digital strategy, cloud, analytics e user experience e alla nascita di realtà destinate a occupare un ruolo centrale nella crescita della compagnia. Reply Blockchain, Laife, Brick, Sense nel campo Industry 4.0 e IoT; Reply Connect e Sprint, per oggetti connessi e la robotica; Envision nel business consulting.
E non è un caso se molte di queste startup, chiamiamole così, siano impegnate laddove per Reply c’è maggior sbocco, sia professionale che strategico: industry 4.0, AI, healthcare, IoT, 3D, AR e VR. E proprio in occasione del forum Xchange abbiamo potuto toccare con mano alcune di queste. Le realtà miste, tra tutte, sono uno scenario di sicuro interesse e molto futuristico. Reply è, da anni, partner di Microsoft nello sviluppo di soluzioni per gli Hololens, pronti nella loro versione consumer nel 2019. Nel settore delle mixed reality, ci sono già applicazioni pronte a rivoluzionare le modalità di intrattenimento con il consumatore: gli ologrammi trasmessi su schermi trasparenti, tra gli altri, incontreranno presto il retail e il mobile entertainment.
Ma pure l’intelligenza artificiale a bordo delle varie iterazioni di Pepper, robottini dalle sembianze fanciullesche ma dal quoziente intellettivo decisamente avanzato che, per ora, si limitano a fornire indicazioni in merito a tematiche generali (quasi come fossero comuni tablet) ma che un domani promettono di essere più utili per la quotidianità. In che modo Reply entra in gioco? Nel momento in cui si pone come abilitatore di tecnologia, cioè una sorta di guru che sa consigliare ai clienti la strada da seguire per giungere a un risultato che li differenzi dalla massa e porti vantaggi assoluti in termini competitivi.
Si arriva così a piazzare sugli alimenti dei tag adesivi che monitorano la temperatura dei prodotti, per avvisare in caso di eccessivo sbalzo in aumento o diminuzione, oppure ad applicare algoritmi smart per campagne di data driven marketing in real-time, e ancora, a semplificare la vita ai pazienti che, in remoto, vengono monitorati dagli addetti di ospedali e strutture mediche, soprattutto quando si tratta di individui che risiedono in zone distanti dai centri abitati.
Del resto, la tecnologia dovrebbe servire proprio a questo: diminuire le distanze, appianare le differenze, eliminare i gap fisici e virtuali. Non si tratta di filantropia da quattro soldi ma di progetti volti a una democratizzazione delle opportunità offerte dal digitale, che se disponibili per una ristretta oligarchia hanno poco senso.