L’età media della forza lavoro sta crescendo, per due ragioni principali: i dati delle Nazioni Unite mostrano un invecchiamento della popolazione che dovrebbe continuare a lavorare più a lungo rispetto a prima, mentre il numero di giovani che entrano nella forza lavoro si sta riducendo nelle principali economie, inclusi Stati Uniti, Regno Unito e Cina. Le imprese devono prepararsi, e la tecnologia potrebbe costituire parte della loro risposta
Di Francesca Puggioni, Head of Southern Europe Cluster di Orange Business Services
I baby boomers cercano lavoro
La UK Commission for Employment and Skills avverte che tra il 2012 e il 2022 12,5 milioni di persone lasceranno il lavoro, mentre nasceranno altri 2 milioni di posti di lavoro: il problema è che nello stesso lasso di tempo solo 7 milioni di giovani entreranno nel mondo del lavoro. I datori di lavoro devono superare i pregiudizi legati all’età se vogliono reperire staff in fasi di alta occupazione.
Nel frattempo, i miglioramenti nella salute e nelle cure sanitarie comportano la crescita del numero di pensionati e della popolazione di età superiore ai 50 anni. Il numero di lavoratori autonomi “over 65” nel Regno Unito è raddoppiato negli ultimi cinque anni, fino a toccare quasi il mezzo milione. Il Bureau of Labor and Statistics degli Stati Uniti prevede che nel 2024 il 36% degli over 65 continuerà a lavorare, rispetto al 22% del 1994.
In Cina, più di una persona su dieci ha 65 anni o più, e lo scorso anno la popolazione attiva è scesa al livello più basso dell’ultimo decennio.
Alcune grandi aziende – come McDonald’s, JD Wetherspoon e Lloyds Banking Group nel Regno Unito, o National Grid e Urban Health negli Stati Uniti – stanno deliberatamente aumentando il tasso di dipendenti meno giovani, offrendo lavoro flessibile e da remoto, condivisione del lavoro e part-time.
L’invecchiamento della forza lavoro non è, ovviamente, una sfida universale a livello globale: l’India (ad esempio) ha una forza lavoro sempre più giovane, ma ci sono luoghi dove questo fenomeno ha un impatto sulle aziende.
L’esperienza conta
La maggior parte dei dirigenti sanno che i dipendenti più anziani contribuiscono con una vasta esperienza che può aiutare la crescita di un’attività. Chi va in pensione è difficile da sostituire, e questo ha come conseguenza la perdita di abilità, competenze ed esperienza. I giovani lavoratori al primo impiego, dal canto loro, oltre ad avere ancora molto da imparare, hanno esigenze diverse e sono più propensi a spostarsi da un lavoro all’altro.
Per non disperdere il valore dell’esperienza, alcune imprese rispondono trasferendo i dipendenti più anziani in ruoli di mentoring in cui formano il personale più giovane. La Michelin ha persino assunto nuovamente dei pensionati perché facessero da mentori agli altri dipendenti, mentre la grande società di contabilità statunitense PKF O’Connor Davies recluta personale più anziano per formare i giovani.
Ma può funzionare anche al contrario: Cisco Systems, Target e United Health Group offrono schemi di “tutoring inverso” in cui i dipendenti più giovani aiutano i meno giovani ad acquisire nuove competenze.
“I lavoratori meno giovani di oggi godono di migliore salute e sono tecnologicamente più esperti rispetto ai loro coetanei delle generazioni precedenti”, ha dichiarato al New York Times Deborah Banda, della American Association of Retired Persons (AARP). “Hanno molto da offrire, come sta diventando chiaro a molti datori di lavoro che hanno realizzato che assumere e trattenere in azienda lavoratori più anziani è positivo per il business”.
Esigenze diverse
I dipendenti più anziani hanno esigenze diverse. Un recente sondaggio di AARP ha stimato che il 62% dei lavoratori oltre i 50 considera importante la flessibilità degli orari, mentre il 44% sottolinea l’importanza del telelavoro. Questa è una grande opportunità per le imprese di adottare soluzioni collaborative, comunicazioni unificate (UC) come ad esempio Business Together o reti di collaborazione sociale come Sharespace.
Questi strumenti consentono ai dipendenti più anziani di essere produttivi nelle loro fasi di maggiore attività (con l’avanzare dell’età il sonno cambia, rendendo i normali orari di ufficio più difficili da rispettare).
Sembra stia succedendo proprio questo: un recente studio di Global Workplace Analytics ha mostrato che i lavoratori da remoto tendono a essere meno giovani e più istruiti e a guadagnare di più rispetto a chi lavora in ufficio.
Le imprese più smart implementeranno lavoro flessibile e da remoto, oltre a soluzioni di collaborazione e comunicazioni unificate, per sfruttare le competenze e l’esperienza dei dipendenti più anziani, offrendo al tempo stesso la flessibilità di cui hanno bisogno.
Questo è particolarmente vero per la salute: il personale meno giovane ha più probabilità di avere – o di sviluppare – una disabilità e di richiedere interventi sanitari. Le imprese dovrebbero considerare assicurazione medica, tecnologie a risparmio di lavoro e postazioni ergonomiche come parte dei benefici offerti ai dipendenti.
Xerox, per esempio, ha un programma di allenamento ergonomico per ridurre i disturbi muscoloscheletrici. Le tecnologie di assistenza, dall’automazione al controllo vocale, e i progressi futuri dell’automazione e della robotica potrebbero anche consentire ai lavoratori più anziani di mantenere ruoli fisicamente impegnativi. Le grandi imprese diffuse su un largo territorio, poi, possono identificare nuovi approcci innovativi: negli Stati Uniti, CVS consente ai farmacisti più anziani del Nord del paese di trasferirsi in Stati più caldi, come la Florida, durante l’inverno.
Non si finisce mai d’imparare
È diffusa la convinzione errata che i dipendenti più anziani siano meno capaci di apprendere, ma un sondaggio Ipsos per Dropbox del 2016 ha rilevato che i lavoratori più anziani hanno meno probabilità di trovare stressante la tecnologia: lo pensa solo un quarto degli over 55 a fronte del 35% dei dipendenti nella fascia d’età 18-34. Quando si parla di sviluppo delle competenze tecnologiche, i lavoratori più anziani sembrano essere più fiduciosi rispetto ai colleghi più giovani.
Questa disponibilità ad apprendere è importante per le imprese che assumono. I ricercatori della Columbia University hanno scoperto che le persone meno giovani che per anni non hanno lavorato regolarmente (come ad esempio genitori single o semi-pensionati) hanno un costo del 25% più basso per l’azienda a confronto di personale con esperienza simile che sia sempre rimasto nella forza lavoro.
Sconfiggere la discriminazione basata sull’età
Nonostante le necessità imposte dalla demografia, il desiderio degli anziani di rimanere produttivi e le soluzioni tecnologiche che consentono ai datori di lavoro di fornire opportunità ai dipendenti più anziani, superare i pregiudizi rimane una sfida.
Una ricerca della Federal Reserve di San Francisco e dell’associazione benefica del Regno Unito ‘Business in the Community’ ha rivelato che le persone anziane in cerca di lavoro hanno meno probabilità di ottenere un colloquio.
Tuttavia, i datori di lavoro potrebbero scoprire che un uso creativo della tecnologia, affiancato da pratiche di lavoro flessibili e alla disponibilità a superare i pregiudizi verso i meno giovani, consente di assumere personale esperto, di alto livello e altamente qualificato, che altrimenti verrebbe trascurato.