AI e robotica, più governance e visione per comprendere il cambiamento

L’AI di Google può creare musica da una descrizione testuale

AI e robotica, dalle imprese più innovative che hanno partecipato al WeChangeIT Forum, parte la sfida per il cambiamento. L’Italia in prima linea nella competenza, ma a rischio marginalità in termini di sistema

Un bambino nato da poco si alza in piedi ma cade. Ci riprova. Cade di nuovo. E ancora. Ancora. Ma niente. Passano trenta, quaranta minuti e il bambino cammina. No. Non è un miracolo. È un robot. Questi robot “bambini” guidati da intelligenza artificiale, in questo caso, chiamata Swarm Intelligence, sono decisamente più efficienti rispetto ai bambini “umani”. Quanto ci mette un fanciullo a imparare a camminare? Sei mesi. Un anno. Ecco. Non possiamo più parlare di futuro a prescindere dalla robotica e dall’intelligenza artificiale. Quasi due miliardi di dollari (1,95), il 50% di più dell’anno precedente. Ebbene si. I venture capital lo hanno capito. Perché questi sono i numeri di investimenti sul settore della robotica lo scorso anno. Solo pochi mesi fa Toyota ha annunciato il lancio di Toyota AI Ventures, un venture capital che ha come obiettivo il finanziamento di startup tecnologiche che lavorano sull’intelligenza artificiale. Appena partito, il fondo ha ricevuto 100 milioni di dollari da parte del Toyota Research Institute (TRI), un’iniziativa orientata al mondo delle automobili e robotica in senso lato.

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AI Ventures dirige i suoi investimenti verso il mondo dell’intelligenza artificiale, la robotica e delle automobili in grado di guidarsi da sole. Non solo investimenti ma supporto alle startup attraverso una rete di mentoring presso la sede in Silicon Valley. «Una delle maggiori sfide che devono affrontare gli startupper è sapere se stanno costruendo il prodotto giusto per il mercato giusto. Possiamo aiutarli a superare questa incertezza, e ci impegniamo a farlo in maniera eccellente perché il loro successo è il nostro successo» – ha detto il vicepresidente del TRI Jim Adler in una recente dichiarazione. AI Ventures si dice proattiva nella ricerca di nuove startup sulle quali investire a livello globale. Attualmente, il fondo ha investito in tre startup. Nauto, con sede nella sempre presente Silicon Valley, che realizza sistemi di monitoraggio dei conducenti e degli ambienti stradali al fine di prevenire incidenti e limitare la cattiva guida. SLAMcore, startup inglese, che sviluppa algoritmi per la tecnologia “intelligente” di droni e veicoli a guida autonoma. Intuition Robotics, startup israeliana che studia l’uso dell’intelligenza artificiale su vari settori.

LEGGERE, SCRIVERE E PROGRAMMARE

Negli ultimi anni, infatti, le vendite di robot programmabili dai bambini è in forte ascesa, basti ricordare anche dell’ingresso della Lego nel mercato. In alcune confezioni della Lego si trova un software con delle istruzioni per imparare a programmare dei piccoli robot. Costruirli e poi farli vivere. Un gioco educativo insomma. Si sostituisce letteralmente a un professore invece Nao, il robot umanoide di 58 centimetri prodotto da Aldebaran Robotics, una delle più note aziende di robotica al mondo. Nao al posto degli organi di senso è dotato di videocamere e sensori che gli consentono di interagire con l’ambiente circostante. È considerato il social robot più evoluto mai prodotto. Da diversi anni, tra l’altro, viene utilizzato nelle scuole di oltre settanta paesi per l’insegnamento delle materie STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Matematica), ma si sta rivelando efficace anche in ambito medico come robot per bambini autistici. In Italia, è parte integrante delle attività didattiche della Scuola di Robotica di Genova (www.scuoladirobotica.it). Aldebaran conta di trasformarlo anche in un “robot da compagnia” per le famiglie. Per programmarlo è sufficiente imparare a utilizzare Choregraphe, un ambiente intuitivo, adatto anche ai principianti e ai ragazzi, perché non è necessario scrivere una sola riga di codice.

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ROBOTICA NELLA SANITÀ

Un altro campo che è stato in poco tempo invaso dall’AI è quello medico. Gli interventi in sala operatoria realizzati con l’ausilio di un robot erano poco più che una curiosità circa 17 anni fa. Nel 1999, infatti, Intuitive Surgical ha messo a punto quello che nel giro di qualche anno è diventato il più noto partner dei chirurghi in sala operatoria, Da Vinci, chiamato così per omaggiare il genio di Leonardo. Con 17mila interventi di chirurgia robotica nel 2017 e l’installazione del centesimo robot Da Vinci al policlinico di Catania, l’Italia raggiunge la Francia al primo posto in Europa. Nel mondo, dopo la ginecologia, è la chirurgia urologica a essere la principale area di intervento con i robot. Anche in Italia, è l’urologia a farla da padrona, con il 67% di interventi, seguita da chirurgia generale (16%) e ginecologia (10%). L’incremento registrato è dell’83% a partire dal 2006.

Come confermato da Andrea Dupplicato, CIO del Centro Cardiologico Monzino e dell’Istituto Europeo di Oncologia, in urologia i motivi del successo sono molti e semplici. La precisione del robot consente maggiore facilità di accesso alle anatomie più delicate, una precisione demolitiva e ricostruttiva, una minore perdita di sangue, una riduzione della degenza post-operatoria e una diminuzione degli effetti collaterali (disfunzione erettile e incontinenza). A questo si aggiungono caratteristiche come la visione tridimensionale immersiva in grado di moltiplicare fino a dieci volte la normale visione dell’occhio umano. «La chirurgia robotica da Vinci – spiega Walter Artibani, direttore dell’UO di Urologia dell’AOU Integrata di Verona e segretario generale della Società italiana di urologia – è emblema della chirurgia mininvasiva. Il robot consente una precisione non confrontabile con altre tecniche e permette di superare i limiti legati alla difficoltà di trattare, con la laparoscopia, patologie in sedi anatomiche difficili da raggiungere. L’urologia italiana è un’eccellenza nel campo della robotica».

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Dopo questi dati positivi sull’utilizzo della robotica in Italia, ci chiediamo: quanto sono presenti oggi nel nostro Paese soluzioni avanzate di AI in tutti gli altri ambiti? A rispondere a questa domanda è Fabio Rizzotto, associate vice president and head of local research and consulting di IDC Italia: «Stiamo osservando una certa accelerazione dell’adozione di tecnologie emergenti che comportano anche un’accelerazione delle capacità infrastrutturali. In Italia è del 7% la spesa IT nella più ampia fetta dell’Europa Occidentale, con un aumento sostanziale degli investimenti, anche grazie ai programmi nazionali di digitalizzazione. Cosa manca allora? «Sicuramente, una più solida governance, necessaria per creare strategie complete di amministrazione generale e gestione operativa. Abbiamo un grande potenziale – spiega Rizzotto – che arriva anche dal poter imparare dagli errori del passato per costruire un futuro che non sia solo intelligente ma anche funzionale e al servizio di cittadini e consumatori».

IN ITALIA, LA SITUAZIONE STA CAMBIANDO?

Si. Perché si sta osservando una progressiva adozione di tecnologie emergenti, con un aumento sostanziale degli investimenti dedicati all’IT. Di intelligenza artificiale e delle sue possibili applicazioni si è parlato all’edizione 2018 del WeChangeIT Forum, svoltasi a Milano, insieme ad aziende ed esperti del settore. Dal dibattito è emerso che molte tra le maggiori aziende italiane stanno già utilizzando applicazioni di intelligenza artificiale nei loro processi. Prima tra tutte Assicurazioni Generali, che utilizza l’AI per costruire soluzioni assicurative cucite su misura per ogni cliente, e BNL Gruppo BNP Paribas che invece l’ha integrata nel suo servizio clienti grazie a un chatbot che è in grado di rispondere in qualsiasi momento alle esigenze dei navigatori. A seguire questo trend è anche il colosso del settore farmaceutico Bayer, che ha pensato di sfruttare l’intelligenza artificiale per fornire informazioni corrette agli utenti. Un’altra azienda che su questo tema è in prima linea in Italia è Enel, che utilizza sempre più machine learning e algoritmi predittivi per prevenire incidenti e ottimizzare gli interventi di riparazione. Una testimonianza molto interessante arriva da La Marzocco, una realtà più di “nicchia” per quanto il consumo di caffè in Italia sia un affare nazionale con un consumo di una tazzina e mezza (dati Nielsen) a testa. Leader nel settore delle macchine da caffè, famosa per aver progettato e brevettato nel 1939 la prima macchina da caffè a caldaia orizzontale, oggi uno standard nel settore – La Marzocco ha integrato degli speciali sensori all’interno dei suoi prodotti per garantire assistenza efficace e immediata in qualsiasi parte del mondo. Ha investito molto anche nello sviluppo di algoritmi predittivi per migliorare l’efficienza dell’assistenza ai propri clienti. Biotech e robotica saranno il prossimo trend dei VC? In America e in Asia già lo sono. Ma in Italia? Forse se tutti i dati delle cartelle sanitarie dei pazienti negli ultimi trent’anni fossero disponibili per fini di ricerca (e non resi inaccessibili dal GDPR). E forse se i robot potessero imparare dai migliori medici italiani. Allora, i venture capital potrebbero finanziare nuove startup.

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