Maggiore trasparenza e sicurezza legislativa per la localizzazione dei dati aziendali come proseguimento della Global Transparency Initiative
Sono passati esattamente cinque anni dallo scoppio del Datagate. Quello che Edward Snowden ha rivelato al mondo intero è solo la punta di un iceberg che ancora oggi non conosciamo nella sua interezza. Ad essere colpiti i navigatori ovviamente ma anche le compagnie che con il loro lavoro cercavano di rendere più sicuro il web. Tra queste anche Kaspersky Lab, che dopo lo scoppio del caso negli USA ha concentrato buona parte dei suoi sforzi per realizzare un network protetto, soprattuto per finalità di business. L’obiettivo? Circondarsi di una piattaforma flessibile, per veicolare il concetto che una tecnologia monitorata a dovere può ancora essere funzionale.
È per questo che sul finire del 2017, Kasperksy Lab ha lanciato la sua Global Transparency Initiative, un progetto con cui rendere più chiare alcune operazioni core della compagnia. In tale ottica, il gruppo ha spostato una serie di attività dalla Russia alla Svizzera, come l’archiviazione e l’elaborazione dei dati dei clienti, l’assemblaggio del software e gli aggiornamenti per il rilevamento delle minacce su scala mondiale. Il motivo? La Svizzera detiene una lunga e rinomata storia di neutralità e, soprattutto, vanta un approccio solido alla legislazione per la protezione dei dati.
Per spiegare meglio l’iniziativa, il gruppo ha organizzato il Cybersecurity Future Summit, in cui ha spiegato il perché del trasferimento in Svizzera. “Dopo il Datagate – spiega Anton Shingarev, Vice President of Public Affairs di Kaspersky Lab – ci siamo interrogati su come rendere più trasparenti le nostre operazioni. La risposta è nella creatura nata nel 2017 e che prende il nome di Global Transparency Initiative. Si tratta di un’attività che riflette l’impegno costante di Kaspersky Lab nel garantire l’integrità e l’affidabilità dei prodotti. Le misure guideranno i prossimi passi della società e mostrano la ferma intenzione di voler lavorare insieme per affrontare le sfide dovute alla frammentazione dell’industria e da un panorama che non gode più della fiducia dei consumatori”.
Il riferimento è, evidentemente, anche al caso Facebook e Cambridge Analytica, sul quale Kaspersky ha la sua idea: “Quando gestisci un portale del genere non puoi esimerti dalle tue responsabilità. Tutto quello che passa e viene prodotto su tale servizio deve essere a conoscenza dell’organizzazione, così come delle modalità che permettono a terzi di accedere ai dati su esso conservati”. Un punto di vista simile a quello di Martijn Grooten, ricercatore di sicurezza, che spiega come: “Internet abbia aperto un mondo di possibilità ma anche notevoli problematiche circa la privacy e la sicurezza degli utenti. Ultimamente si fa un gran parlare di governi spioni ma penso che il focus della questione rimanga come lasciare che le persone usino le piattaforme senza doversi chiedere a ogni click cosa succede ora?”.
L’idea è allora quella condivisa da Eddy Willems, autore di diverse opere sulla cybersecurity, quando l’attenzione vira sulla possibile esistenza, in futuro, di una privacy zone in ogni apparato connesso: “È una possibilità ma ci sarà sempre qualcuno abile ad andare oltre e dunque è determinante il ruolo delle impres, come Kaspersky, che adottano politiche di trasparenza e vicinanza alle esigenze dei clienti”.