La scoperta è di Digital Shadows che afferma come il 36% apparterrebbe a cittadini europei. Nel mezzo informazioni mediche, finanziare e molto altro
Un database 4 mila volte più ampio di quello dei Panama Papers. Questo hanno scovato i ragazzi dell’agenzia di sicurezza Digital Shadows, che sin dall’inizio del 2018 hanno analizzato milioni di file, riconducendoli a diverse operazioni di hacking che hanno portato oltre un miliardo e mezzo di informazioni sensibili a finire in rete, per lo più su domini liberamente accessibili da chiunque. Tra i dati più gettonati ci sono report medici, buste paga, nomi, indirizzi e numeri di carte di credito. Stando agli analisti, circa il 36% del totale interesserebbe cittadini europei. Pure noi? Assolutamente si: l’Italia è la terza più colpita in Europea, dietro a Germania e Francia e prima del Regno Unito.
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Cosa succede
Per la prima volta, l’archivio individuato dai Digital Shadows contiene elementi mai visti sinora in leak del genere, non con tale portata numerica. Qualche esempio? Tra i file ve ne sono molti ottenuti dai Pos collegati, che riportano dettagli sulle transazioni, date, luoghi e numeri univoci associati a ogni mezzo di pagamento. Probabilmente informazioni non direttamente sfruttabili per opere di cybercrime ma comunque indicative di come il panorama dell’Internet delle Cose vanti ancora decine di oggetti del tutto indifesi e pur connessi alla rete.
Come se non bastasse, l’agenzia ha notato un sacco di dispositivi di backup aziendali non correttamente configurati, tali da rendere visibili la maggior parte dei dati contenuti, appartenenti ad aziende, clienti e partner. Se solo fossimo già oltre il 25 maggio sarebbero guai (finanziari) per molti.
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